21/10/2006- Mentre nei giorni scorsi la giunta della Comunità Montana Amiata - Val d'Orcia ha approvato la creazione di un ufficio associato per supportare e coordinare l'attività urbanistica delle amministrazione comunali di Abbadia San Salvatore, Castiglione d'Orcia, Montalcino, Piancastagnaio, Pienza, Radicofani e San Quirico d'Orcia, il 28 ottobre a Monticchiello, a partire dalle ore 10 (anche nel pomeriggio) si svolgerà un incontro promosso da Asor Rosa sulla nota questione edilizia di stravolgimento del paesaggio.
Giorgio Pizziolo, docente di Urbanistica dell'Università di Firenze, ha elaborato una approfondita lettura del caso specifico e del tema generale, offrendola a Repubblica e al Manifesto, che qui pubblichiamo.
del Prof.
Giorgio Pizziolo - Università di Firenze
Anche osservando semplicemente le immagini degli edifici contestati riprodotte sui quotidiani, sullo sfondo delle gabbie in cemento armato, chiunque può notare una landa desolata, quale è oggi la Valdorcia, che nulla ha più a che vedere con i paesaggi originari, composti di siepi e fossati alberati, di crete e di biancane, di boschetti e di forteto, a modellare ampi spazi agrari di seminativo o di pascolo. Oggi, dopo che per più di dieci anni nella valle hanno operato non tanto gli aratri quanto i bulldozer per spianare e rimodellare il territorio, quasi nulla è rimasto del magico paesaggio originario.
Questo fatto porta con sé tre gravissime conseguenze:
un dissesto idrogeologico imponente, tanto che sempre più spesso le piene ormai sono di fango e non di acqua (il che comporta tra l'altro la necessità di un abbondante uso di prodotti chimici per recuperare la fertilità naturale perduta), con l'effetto complessivo disastroso di spingere queste terre verso la desertificazione.
E quanto ciò sia irresponsabile in questa fase di grandi cambiamenti climatici, proprio nei confronti di un'area mediterranea semiarida, quale è il basso senese, ci sembra del tutto evidente.
La seconda perdita è quella del patrimonio archeologico, sia quello di superficie (survey), sia quello profondo. Vi è omertà sui ritrovamenti occasionali distrutti e fatti sparire di corsa, e ciò tende ancor più a mettere in difficoltà la grande opera di avanguardia svolta nei confronti della rilevazione del Patrimonio che l'Università di Siena sta portando avanti da anni sul territorio provinciale.
Se si tiene conto che ci troviamo in piena area etrusca e preetrusca, in un comprensorio che sta tra Cetona e Amiata, tra Chiusi/Chianciano e Montalcino, ci si può facilmente rendere conto del potenziale archeologico andato perduto.
La terza perdita è quella del paesaggio. Ma qui la situazione è paradossale. Sulla base di un equivoco ben orchestrato dobbiamo registrare la straordinaria fortuna del paesaggio della Valdorcia, ma non già quello originario bensì quello industriale modificato (V.
l'immaginario collettivo di tanti calendari sulla Toscana, e di tanti spot pubblicitari). E' come se l'effetto "mulino bianco" si fosse moltiplicato per mille! Ciò peraltro ha contribuito a fare passare il paesaggio da un valore culturale ad un valore mercantile, molto ben vendibile, ma con conseguenze pesantissime, come vedremo tra poco.
Tutto questo avviene nella media e nell'alta Valdorcia. Ma anche la bassa valle ha i suoi problemi. In particolare alla confluenza dell'Orcia con l'Ombrone.
Qui le grandi multinazionali estere del vino hanno creato un paesaggio agro/industriale paradossale, imitando il modello Californiano. Solo che quel modello intendeva imitare, in modo direi hollywoodiano, la Toscana, che oggi, a sua volta, paradossalmente imita maldestramente la California. E' un tragico gioco degli specchi, di fronte al quale non si sa più se piangere o ridere, tanto il ridicolo ed il mostruoso sono tra loro intrecciati in quel disgraziato contesto.
Dobbiamo peraltro fare notare che tutti questi pericoli erano stati puntualmente fatti notare durante gli studi per il Parco della Valdorcia, insieme anche alla costruzione di un'alternativa, quella appunto di una "Parco a fini multipli".
E qui potremmo anche rispondere al giovane lettore che ha scritto qualche giorno fa a La Repubblica, dicendo che i giovani della valle non possono contentarsi di ammirare il paesaggio e devono emigrare.
Forse questo giovane non si è reso conto delle grandi potenzialità che il "valore aggiunto" paesaggio ha determinato in Valdorcia. Solo che ne hanno approfittato fino ad ora operatori più scaltri ma anche più preparati.
Ma il Parco a fini multipli prevedeva anche un programma economico/sociale, diretto proprio alla giovane imprenditoria locale.
Allora questo giovane si deve chiedere, perché quel progetto è stato insabbiato? Chi è il responsabile del suo fallimento, impedendo così a lui e a tanti suoi coetanei di operare positivamente sul loro territorio di origine? Non vorrei che i responsabili fossero proprio tra coloro che lo hanno sollecitato a scrivere la lettera…..
Bagnaia
Quando circa 15 anni fa, si presentò per la prima volta in Provincia di Siena la questione dell'inserimento del Golf nel paesaggio senese, facemmo presente in ogni modo la totale estraneità del golf per quel tipo di paesaggi.
Le severe, rigorose e asciutte configurazioni del paesaggio del "buon governo", non hanno nulla da spartire con le molli artificiosità di falsi paesaggi "all'inglese" (tra l'altro appunto falsi e manierati). Non solo ma per garantire quegli effetti è necessario un consumo di acqua ed una richiesta di prodotti chimici altissimo e comunque insostenibile. Facemmo infine presente che questi complessi rischiavano di divenire dei veri e propri "Cancri del Territorio", non solo in termini paesistici ma anche in quelli dei rapporti sociali, economici e amministrativi, Arrivammo quasi a 'supplicare' di non inserirli nella pianificazione provinciale.
Considerati come ecologisti fondamentalisti rompiscatole non fummo ascoltati.
Oggi le nostre peggiori previsioni si stanno avverando….
Ma ciò non ci dà alcuna soddisfazione.
L'iceberg
Penso sia chiaro con questi due esempi il fatto che i fenomeni di speculazione edilizia non siano un fatto isolato e senza retroterra ma che anzi siano il frutto di politiche sbagliate, di cui essi sono l'inevitabile conseguenza.
Ed è chiaro anche che, peraltro, contemporaneamente, siano proprio invece il territorio, il paesaggio e le società locali a subire la peggiore devastazione di queste politiche errate
Inoltre è chiaro che in Toscana questi non sono fatti isolati, ma anche dalle stesse cronache di questi giorni (Rigutino, Abetone, Vetta Amiata, e perché no Firenze!) e chiaro quanto questo fenomeno sia ulteriormente esteso e diffuso, anche oltre i casi già emersi.-
Le modificazioni della domanda internazionale ed interna
Forse non molte persone hanno percepito che molti frequentatori stranieri della nostra regione, forse proprio quelli più avvertiti e più originariamente ‘innamorati’, stanno abbandonando la Toscana e se ne vanno in Provenza o in Spagna.
Questa disaffezione della parte più sensibile della domanda internazionale è molto più grave di quello che potrebbe apparire a prima vista.
tanto più che viene sostituita dall'ingresso di capitali speculativi di basso livello culturale, attirati dal sicuro successo del target Toscana, ormai irresistibile.
Rischiamo così un assalto speculativo di grandi proporzioni, molto aggressivo, magari con denaro riciclato, e di una volgarità senza precedenti sul nostro territorio. Dallo pseudo restauro al paesaggio tutto è in pericolo, mentre le severe case coloniche sono trasformate in casali o in Country/ranch e le auto, nella pubblicità, sfrecciano silenziose nelle assolate strade della Valdorcia, con un piccolo cipresso sullo sfondo….
Le politiche urbanistiche
La domanda da porsi è la seguente: Ci si rende conto in Regione dell'immane disastro incombente, capace di vanificare in pochi anni tutto quello che è stato costruito fino ad ora?
Certo le leggi urbanistiche recenti con la loro malintesa interpretazione della cosiddetta "sussidiarietà" in realtà da un lato non pongono alcun limite effettivo ai Comuni e dall'altro li lasciano alla mercé del ricatto finanziario/speculativo dei privati.
Non solo ma non viene tenuto più alcun conto dei sistemi territoriali, ecologici e paesistici, che ovviamente vanno ben oltre il confine amministrativo del singolo comune.
Ancora più grave è a mio avviso la rinuncia della Regione di considerarsi Ente Locale di livello, appunto, Regionale, con una propria dimensione territoriale, paesistica, identitaria.
Una vera sussidiarietà dovrebbe prevedere un organico sviluppo non gerarchico tra i tre livelli, non però nel senso delle autonomie separate, o peggio, come in recenti casi promossi dalla città di Firenze (sempre all'avanguardia in queste circostanze!), là dove si promuove addirittura il ribaltamento delle dinamiche di formazione delle "invarianti strutturali" dove una località chiamata (non per niente ) Pantano, destinata dal piano di Bacino a zona di esondazione diviene, non si sa come e perché, edificabile!
Il quadro si completa con la considerazione che i comuni, che si sentono dei piccoli potestà investiti ogni quattro anni da un potere assoluto, non tengono generalmente in alcun conto anzi spesso deridono le comunità locali, i gruppi di cittadini che vogliono capire cosa gli sta succedendo, aumentando così il distacco tra governati e governatori (talvolta portandolo al limite della sopportazione, come a Firenze, facendo finta di occuparsi della partecipazione)
Che fare in questa situazione?
Si potrebbe forse aprire una fase di emergenza e di sperimentazione.
L'emergenza dovrebbe prevedere la sospensione e il controllo su tutte le iniziative edilizie speculative e al limite della legalità, a cominciare da Monticchiello e da Bagnaia (ma non solo).
Si potrebbe pensare poi ad un radicale cambiamento delle politiche urbanistiche della Regione, e del suo stesso ruolo nei confronti degli altri Enti Locali, modificando l'interpretazione sulla sussidiarietà.
Infine si potrebbero aprire fasi sperimentali di gestione dal basso, a livello di comunità locali e della popolazione, di gestione diretta del rapporto società locale /territorio per riaprire una dimensione consapevole, ecologica e partecipata di questa relazione fondamentale per l'economia stessa della Toscana e per il suo Stile di Vita, oltre che per il suo territorio e per il suo paesaggio.
Del resto, in proposito, questa è anche la dimensione europea della Convenzione Europea del Paesaggio, qualora se ne volesse accogliere finalmente quella dimensione sociale del Paesaggio stesso, che appunto la Convenzione indica come un salto, etico, scientifico, creativo, che ci porterebbe nella contemporaneità, oltre la postmodernità.
Forse, se gli abitanti della Valdorcia lo volessero, il loro potrebbe divenire, ferme le condizioni di cui sopra, un interessante Campo di Sperimentazione partecipativa, ecologica, economica.