Firenze, 21 Dicembre 2005- "Il rapporto Irpet di fine anno -scrive Claudio Martini, Presidente della Regione Toscana, nella propria newsletter settimanele- presentato lunedì, ha restituito la fotografia di una economia toscana in difficoltà, che non riesce ancora ad uscire dalla crisi. Nell’ultimo quadriennio abbiamo registrato una crescita pari allo zero. Nel 2005 il prodotto interno lordo è stato in lieve calo, -0,2%, mentre le previsioni per il 2006 parlano di una leggera crescita, +0,7%.
Per tornare ad essere competitivi c’è bisogno di una forte reazione da parte di tutto il sistema: istituzioni, imprenditori, banche, università, centri di ricerca, parti sociali. Negli ultimi anni abbiamo concentrato il lavoro sulla qualità delle produzioni. Ma all’interno di una prospettiva di crescita lenta come quella che stiamo vivendo, la qualità da sola non può bastare ad invertire la tendenza. Dobbiamo fare uno scatto e concentrarci su due obiettivi: qualità delle produzioni e maggiore dinamismo, soprattutto da parte delle istituzioni e del terziario.
È indispensabile contenere i costi e rendere più efficiente, più veloce e meno burocratica la Pubblica Amministrazione. Il che vuol dire migliori servizi a costo invariato per le imprese, o anche a costo inferiore come nel caso dell’energia. Allo stesso tempo serve anche più ricerca, più innovazione, più trasferimento tecnologico alle imprese. Dobbiamo rimboccarci le maniche, tutti insieme. A partire da subito, fino dai primi mesi del nuovo anno".
«Nel Bilancio 2006 è evidente il fallimento del modello toscano.
Negli indici di crescita siamo al di sotto della media nazionale, e ci stiamo avviando verso un declino che porta al sottosviluppo. La “Toscana felix” è roba di altri tempi, se mai lo è stata, perché oggi i cittadini devono fare i conti con l’incapacità di governo e di programmazione di questa Giunta». Questo il commento del Consigliere di Alleanza Nazionale in Regione Toscana Andrea Agresti, membro della Commissione Territorio e Ambiente in merito alla Finanziaria 2006. «La nostra contrarietà – spiega – non è strumentale, bensì allineata non solo alle valutazioni espresse dalla Corte dei Conti toscana e alle preoccupate proteste delle Associazioni di categoria, ma soprattutto ai dati negativi che l’Irpet dà sullo stato di salute della nostra regione».
Agresti punta il dito contro le dichiarazioni contraddittorie della giunta che da una parte sostiene che la manovra complessiva del Bilancio sconta una minore disponibilità (di circa 200 milioni di euro), dall’altra afferma che le risorse stanziate in Bilancio aumentano del 4,28%. «Viene altresì spontaneo domandare se il trend delle risorse regionali giustifichi un aumento di previsione di circa 200 milioni di euro. Chiediamo risposte coerenti con la congiuntura economica che vive non solo il Paese, ma anche il resto d’Europa visto che, se da un lato emergono segnali importanti di ripresa, dall’altro si motiva il ricorso ingiustificato all’incremento di spesa dell’Ente Pubblico».
Ecco dove si concentrano le critiche di An: «Riteniamo che si voglia in qualche misura nascondere che vi siano maggior trasferimenti dal Governo alla Regione, in particolar modo sulla Sanità, e che la riduzione degli sprechi fortemente voluta dalla Finanziaria del Governo abbia nel Bilancio Regionale ampi spazi di manovra, tanto da far reperire risorse importanti nella riduzione della spesa storica. Sarebbero dunque queste le maggiori novità che emergono nel Bilancio di Previsione. Per il resto siamo di fronte a un Bilancio che mortifica i reali bisogni dei toscani, non tiene conto delle carenze infrastrutturali e dei ritardi in investimenti a tutela del territorio, dal profilo idrogeologico all’erosione costiera».
Nel Bilancio 2006 vengono infatti assegnate importanti risorse agli investimenti e al potenziamento del Programma Straordinario degli Investimenti, senza che ad esse corrisponda un’effettiva realizzazione delle opere: «Siamo in ritardo sulle infrastrutture viarie, sulla difesa della costa dall’erosione, sull’edilizia abitativa per gli studenti universitari, sugli investimenti sanitari, sulla tutela delle risorse idriche, sui rifiuti, sulla tutela ambientale, per parlare di alcuni argomenti che riguardano l’attività della Commissione Territorio e Ambiente».
Il Programma Straordinario degli Investimenti si è rivelato un libro dei sogni che difficilmente troveranno tempestiva cantierizzazione.
Anzi, il dilatarsi dei tempi di inizio dei lavori produrrà maggiori oneri sul costo delle opere ed impegnerà la Giunta a reperire ulteriori risorse per coprire i costi degli investimenti. Se infatti andiamo ad analizzare lo stato di attuazione del Programma Straordinario degli Investimenti al 30 Giugno del 2005, ci accorgiamo dei forti ritardi con cui si arriva ad appaltare i lavori (teniamo inoltre presente che il Programma fa riferimento alla legge regionale n. 43/2002, legge Finanziaria regionale per il 2003).
Dopo un triennio, come si può osservare nella Tabella in Allegato, alcuni lavori sono ancora in fase di progettazione. Le somme impegnate per questi investimenti sono non solo della Regione, che investe il 47% delle somme necessarie, poiché il restante 53% è messo a disposizione da altri soggetti, tra i quali gli Enti Locali (9%), Aziende Regionali (11%), lo Stato (10%), e Aziende Speciali (10%), nonché un 14% messo da Privati.
«È evidente che il ritardo sull’attuazione del Programma Straordinario degli Investimenti finisce per danneggiare i bilanci degli altri soggetti, che necessariamente devono impegnare le risorse economiche di loro competenza.
C’è una evidente incapacità programmatica della Giunta, che gioca spregiudicatamente al rilancio, tant’è che di fronte ai ritardi con cui si arriva all’appalto dei lavori impegna ulteriori risorse, non solo sue, ma anche di altri Enti, portando la disponibilità complessiva del Programma a 3500 milioni di euro, rispetto agli iniziali 1497 milioni».
In questa analisi Agresti è in buona compagnia, considerato che, tra i due rilievi principali mossi dalla Corte dei Conti, vi è, oltre a quello sulla società della salute, quello che evidenzia che il Programma Straordinario degli Investimenti rimane sulla carta, visto che è stato applicato solo al 31%.
«La crisi economica della Toscana – conclude - deriva da questi ritardi, da una mancata modernizzazione delle infrastrutture viarie, da insufficienti risposte al degrado ambientale, nonché dagli insufficienti investimenti a sostegno dell’economia, in particolar modo la piccola impresa e l’artigianato, fulcro del sistema produttivo toscano.
Ma in compenso la Giunta Martini spende molti milioni di euro in una propaganda del fare che non trova reali e oggettivi riscontri».
«È vero che la questione dell’economia regionale è da vedere in proiezione. Bisogna un po’ pensare in grande, e io vorrei stimolare un pensiero in grande, fuori dalle polemiche politiche e dal taccheggio giornaliero».
«Non c’è nessun toscano sano di mente che direbbe che la rete di senso civico e il sistema sociale toscano abbiano qualcosa da invidiare a qualcuno.
E’ una cosa storicamente acclarata. Questo però ha provocato una società a grande tenuta che ci ha riparato sempre dalle grandi cadute, che ha garantito un progresso lento ma senza avventure, garantendo anche stabilità di consenso. Fino a che c’è stato un più davanti. La Toscana non ha fatto le fughe del Nord-Est, ma ha garantito un passo costante a questa regione finché tutto andava bene».
«L’Europa è stata per anni territorio privilegiato. Oggi però ci sono mondi che vengono a cercare spazio, e quindi noi non possiamo più vivere sui nostri privilegi.
Di certo un paese dove si sente dire ‘per fortuna c’è il nero’ si vede che ha problemi più di altri».
«Questa situazione vi impone una seria riflessione. Bisogna che vi poniate a rischio, che facciate un atto di coraggio per aprire a nuove energie una rete che in passato vi ha consentito di fare ciò che avete fatto, ma che oggi rischia di soffocare la Toscana. Questo non è il tempo della continuità: è il tempo della fantasia. E lo capisco che per voi rappresenta un pericolo, ma qui o fate questa operazione costruttiva nella destrutturazione del sistema o non se ne esce.
Questo atto di coraggio è un dovere per il governo di questa Regione, per far fare alla Toscana quel salto in avanti di cui ha bisogno».
«Altro che tagli da parte del governo: la spesa sociale e sanitaria toscana è penalizzata da una cattiva gestione delle risorse da parte della giunta». E’ quanto afferma il Consigliere regionale Achille Totaro, membro della Quarta Commissione consiliare (Sanità) intervenendo nel dibattito con cui oggi il Consiglio regionale affronta il bilancio di previsione 2006.
«La giunta continua a lamentare i tagli imposti agli enti locali dalla finanziaria del governo minacciando tagli alla spesa sociale e alla sanità – dichiara Totaro – quando invece per questo settore le risorse erogate dal governo sono aumentate negli anni, anche grazie all’impegno di Alleanza Nazionale, da 60 a 90 miliardi di euro.
Dunque – prosegue l’esponente di An – il problema toscano non è l’indisponibilità delle risorse, ma la loro cattiva gestione con dispersioni e scarsa definizione nella destinazione dei fondi. In questo senso, chi è causa del suo mal pianga se stesso».
Il ragionamento di Totaro si snoda attraverso due canali distinti: spesa sociale e spesa sanitaria. «Quando lo stato trasferisce finanze alla Regione – attacca Totaro – se poi questi fondi non riescono a raggiungere il cittadino la colpa è della giunta, la quale sceglie di farli transitare attraverso associazioni di volontariato, Onlus e altri organismi, secondo un sistema che rende farraginoso e difficoltoso l’accesso alle risorse proprio dei cittadini più deboli a cui queste sarebbero destinate».
Anche l’impiego del denaro per la sanità da parte della Regione lascia Totaro più che perplesso: «Anche in questo caso non è vero che la Regione manchi di risorse.
Semmai è vero che le impiega male, con ripartizioni che vedono centinaia di migliaia di euro assorbiti da costi di gestione e dispersi in Società della Salute, Agenzia di sanità e carrozzoni vari».