Il documento dei Comitati dei cittadini di Firenze alla III Rassegna regionale dell'Urbanistica dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, Sezione Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 settembre 2005 19:39
Il documento dei Comitati dei cittadini di Firenze alla III Rassegna regionale dell'Urbanistica dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, Sezione Toscana

Firenze, 30/9/2005- L’attuale condizione urbana a Firenze appare oggi particolarmente problematica.

La città è soffocata da alti livelli di inquinamento atmosferico, la mobilità è caotica e paralizzata. Assistiamo alla sistematica privatizzazione dei luoghi pubblici, dei luoghi in comune, una volta vera ricchezza collettiva. Anche il patrimonio dei beni culturali non si sottrae a questa aggressione e alla conseguente manomissione: si pensi alla vergognosa vicenda del parcheggio ”interrato”, ossia solo ricoperto di terra, addossato alla Fortezza da Basso e alla manomissione del parco delle Cascine con i lavori della Tranvia Firenze-Scandicci.

Cosa sta accadendo? Una squallida melassa di mattoni e cemento sta nuovamente diffondendosi all’interno della città, dove invade il centro storico, manomette le originali testimonianze del passato sostituendole con anacronistici esercizi di stile (per esempio i torrini del nuo vo sottopasso di Viale Belfiore, il nuovo edificio di via del Proconsolo, i nuovi prospetti dell’ex Cinema Capitol trasformato in centro commerciale), rinuncia a qualsiasi seria prospettiva di “contemporaneità”, occupa gli ultimi spazi verdi miracolosamente ancora presenti, si insinua nel sottosuolo minando la stabilità di grandi porzioni di territorio.

Non risparmia neanche il territorio rurale, dove la superficie urbanizzata è in continuo aumento e gli assetti ambientali storicamente determinati sono pericolosamente saccheggiati.

Riteniamo, volendo far salva la buona fede, che una folle idea si sia impossessata dei nostri amministratori e cioè quella che il declino delle attività industriali si possa arginare avviando un nuovo ciclo di valorizzazione immobiliare del territorio, trasformando questo in vera e propria “fabbrica della rendita immobiliare”, i cui cascami dovrebbero servire per finanziare la città pubblica.



A livello locale notiamo che per i nostri amministratori è determinante l’esaltazione delle potenzialità edificatorie delle aree al fine di mobilitare e massimizzare l’estrazione della rendita fondiaria. A giustificazione del loro operato essi sostengono che dal soddisfacimento di quote ragionevoli di rendita risulterebbero, come beneficio collettivo, infrastrutture, strade, metropolitane, parchi, edifici pubblici e così via.

Si tratta di un grave errore sia politico che tecnico.

Errore politico perché i bisogni realmente insoddisfatti degli abitanti non sono considerati centrali negli atti di governo del territorio, questo privilegia quindi gli interessi della speculazione immobiliare, le esigenze materiali di parti della città che hanno denaro, che possono investire, che hanno la forza di aprire con il potere pubblico tavoli di trattativa e di scambio. Le altre domande, gli altri bisogni ricevono un trattamento residuale. Errore tecnico perché non viene sufficientemente considerato l’effetto paralizzante che la mobilitazione della rendita ha sui territori investiti da questa frenesia edificatoria, i cui costi ambientali e di organizzazione dei servizi sono a carico della collettività,

Le condizioni in cui versano i nostri quartieri, sui quali si sta abbattendo questo nuova ondata di cementificazione e densificazione urbana, sono di collasso e di stato comatoso.

Firenze ormai è una città infelice, che ansima e soffoca sotto il peso delle funzioni e del traffico, che si paralizza a fronte di alterazioni anche banali: il territorio non può essere caricato oltre le sue capacità di resistenza!

Gli strumenti di programmazione e di pianificazione che il Comune si è dato non solo non sono stati in grado di arginare i fenomeni di deterioramento territoriale e sociale, ma, in alcuni casi, ne sono stati gli artefici. Dal Piano Regolatore approvato nel ’98, al Piano Strategico dell’area metropolitana fiorentina del 2003, al Piano Strutturale recentemente adottato, non possiamo non denunciare un continuo e inesorabile arretramento e svuotamento della presenza pubblica nella gestione delle trasformazioni territoriali.

Le istituzioni hanno assecondato le tendenze neo liberiste in atto, più che governarle.

La procedura garantista della pianificazione urbanistica viene abbandonata a favore degli accordi con i privati caso per caso, dei progetti isolati dal contesto, delle promesse subito tradotte in superfici, volumi e “diritti edificatori”.

Le centinaia di varianti al Piano Vittorini, i progetti e i piani esecutivi rigorosamente concordati con la proprietà immobiliare, la più famelica di cubature e aree edificabili o trasformabili, le innumerevoli e ridondanti previsioni del Piano Strategico e la colpevole inconsistenza del recente Piano Strutturale di Firenze, hanno oramai reso inefficaci le procedure di governo del territorio a favore di una incontrollabile deregulation degli atti pianificatori.

La politica del territorio attuata nell’area fiorentina sembra sempre più orientata verso la sistematica usura del patrimonio esistente, la rottura dei già difficili equilibri ambientali, la mancanza di un’idea coerente di sviluppo sostenibile e che abbia come finalità una nuova vivibilità urbana, e non semplicemente la rendita immobiliare.

Dimenticando le regole più elementari della grammatica urbanistica si è proceduto a rilanciare con forza l’occupazione tentacolare dello spazio rurale e la densificazione della città e del territorio già edificato.

Si attuano scelte che segneranno in modo non reversibile il nostro territorio nei prossimi decenni, secondo un processo che, come Comitati dei Cittadini, abbiamo chiamato “la tracimazione a nord-ovest”: il raddoppio del Polo espositivo congressuale nell'area della Fortezza da Basso, la nuova stazione dell’Alta velocità nell’area Belfiore - ex Macelli ( a poche centinaia di metri dalla Stazione di Santa Maria Novella che, nonostante sia un monumento dell'architettura moderna, verrà relegata al ruolo di grande centro commerciale), gli insediamenti nell’area ex-Fiat di Novoli e la grande espansione nell’area di Castello.



Non solo, i vuoti urbani che vengono così a crearsi in seguito alla dismissione delle aree industriali e dei grandi contenitori pubblici sono prontamente riutilizzati, apparentemente per “modernizzare la città”, ma in realtà a sostegno di ipotesi speculative.

Si moltiplicano i “grandi cantieri” e le “grandi opere”: parcheggi più o meno interrati, centri commerciali, residenze private, sottopassi, sovrappassi, alberghi che aumentano il grado di congestione delle città ed esasperano le già precarie e non confortevoli condizioni di vita degli abitanti.

L’imperizia di amministratori, costruttori e lobby affaristiche è sotto gli occhi di tutti: la realizzazione di queste “grandi opere” a Firenze fa acqua da tutte le parti. Non si tratta di un linguaggio metaforico, ma è proprio la triste realtà: parcheggi interrati allagati, sottopassi allagati, polo universitario di Novoli allagato, corsie stradali che scompaiono e curve paraboliche nei sottopassi.

Accordi di programma, perequazione contrattata degli indici fondiari, piani integrati di intervento, finanza di progetto, trasmigrazione degli indici edificatori, trasformazione della capacità edificatoria in “diritti edificatori”, interventi diretti, sono gli strumenti di quel revisionismo legislativo e pratico che sta danneggiando gravemente Firenze, la sua area e i suoi abitanti.

Uno degli strumenti più utilizzati a Firenze è quello della finanza di progetto (project financing), che avrebbe dovuto consentire la “realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione”, mentre di fatto è una potente leva per la promozione degli interessi imprenditoriali privati.

Le ricadute a favore della cittadinanza, quando ci sono, sono minime e quasi sempre onerose.

Come dice Zygmunt Bauman, “oggi è la sfera pubblica a dover essere difesa dall’invasione del privato, e ciò, paradossalmente, al fine di accrescere, non ridurre, la libertà individuale”.

La legge mette assieme amministratori pubblici, imprenditori e finanziatori che, a volte, in assenza di efficaci controlli, peraltro carenti nei dispositivi di legge, possono sperare di operare in regime di oligopolio "collusivo".

Essi possono inscenare una sorta di gioco delle parti in cui:
gli amministratori, nello svolgimento delle loro funzioni, finiscono per curare soprattutto le proprie carriere politico amministrative;
gli imprenditori, riducendo al minimo il rischio di impresa realizzano ingenti profitti, garantiti dalla presenza dell’ente pubblico;
i finanziatori, impiegando denaro altrui, controllano il flusso delle risorse ed esercitano una potente azione di lobby sulla complessiva gestione del territorio e dell’economia dell’area.

E’ necessario, quindi, un ripensamento radicale dell’urbanistica incentrato non su vuote pratiche di più o meno fittizia partecipazione, come nel caso dell’inconsistente e demagogico percorso partecipativo del Piano Strutturale di Firenze, o su obsoleti meccanismi di delega e rappresentanza politica.

Pensiamo piuttosto che sia necessario dare spazio e giusto riconoscimento a quella moltitudine di soggetti, comportamenti, associazioni, produttori di “nuova territorialità” che progettano scenari di nuove fruizioni e attivano saperi diffusi, comitati di cittadini che negli ultimi anni, sperimentando direttamente il deterioramento delle proprie condizioni di vita, hanno cercato di arginare le derive neoliberiste del sistema di potere locale configurando un vero e proprio processo di democrazia attiva.



In questo senso Firenze, superate le incrostazioni paralizzanti dell’attuale sistema di potere locale, può diventare un significativo laboratorio in cui si sperimentano nuovi e reali modelli di partecipazione attiva dei cittadini alla gestione e promozione della cosa pubblica, in cui si diffondono laboratori autorganizzati di nuovi scenari urbani, in cui si moltiplicano le esperienze di nuove soggettività urbane, in cui si sperimentano nuove forme di socialità, in cui coloro che abitano i luoghi possano finalmente riappropriarsi del proprio quartiere, della propria città, del proprio territorio.

Riteniamo che l’attuale intreccio di interessi e la confusione di ruoli siano profondamente dannosi alla città ed ai suoi abitanti: gli amministratori pubblici tornino a difendere gli interessi collettivi e il peculiare carattere pubblico della propria funzione, mentre la cultura urbanistica, recuperando il ruolo che l’ha caratterizzata dagli anni della Carta di Venezia e della Commissione Franceschini, torni a svolgere un ruolo attivo e di indirizzo che sembra aver recentemente smarrito.

COMITATI DEI CITTADINI – FIRENZE
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