Se ne è parlato stamane al Teatrino Lorenese della Fortezza da Basso di Firenze, in occasione della 69a Mostra Internazionale dell'Artigianato.
L'offerta agroalimentare della Toscana, specialmente quella artigiana, ha un'immagine forte sui mercati nazionali ed esteri, tuttavia la sua composizione settoriale (dove predomina la categoria dei panettieri e dei pasticceri e quella dei produttori di paste alimentari) e la struttura aziendale (1-2 addetti per lo più titolari) possono costituire elementi di debolezza nella competizione globale.
A rilevarlo, è lo studio "Caratteri e dinamiche del settore alimentare artigianale in Toscana" dell'Osservatorio Regionale dell'Artigianato realizzato da Unioncamere Toscana e Regione Toscana, con la collaborazione delle Federazioni regionali di Cna, Confartigianato, Cgil, Cisl, Uil e curato da Artex.
Una ricerca indirizzata ad una migliore conoscenza del sistema del settore, basata su una raccolta di dati statistici e qualitativi.
Con 1.245 milioni di euro di esportazioni (83% di prodotti alimentari e 17% di prodotti agricoli), legate all'area del Nord America ed ai mercati Giapponese e dei NICs , la Toscana si trova di fatti ad occupare il 6° posto a livello nazionale per il valore delle esportazioni; ad avere una media di 597 euro di esportazioni per unita_ locale, superando l'Emilia-Romagna ma rimanendo sotto al Piemonte, Veneto e Lombardia; a sopportare un saldo import/export non troppo negativo ed a soffrire di un deficit per abitante piu_ basso che altrove (3° posto tra le regioni italiane per minor deficit).
La Toscana eccelle invece per la qualità dei prodotti offerti che la vede al 1° posto per i Prodotti Tradizionali del D.Lgs 173/99 (per lo più agricoli anche se non mancano quelli gastronomici); al 2° posto per il numero di denominazioni di origine dei vini (alle spalle del solo Piemonte); ed al 4° posto per i prodotti DOP e IGP (dopo Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).
L'intero aggregato della "qualita_ certificata" pone, inoltre, la nostra regione al 1° posto con ben 457 referenze (circa un decimo del totale nazionale) seguita a ruota da Piemonte e Veneto.
"Il dato toscano - spiega il Presidente di Unioncamere Pierfrancesco Pacini - è indicatore di una ricchezza di prodotti alimentari e gastronomici che indubbiamente rappresentano un retaggio culturale cui le imprese alimentari, e specialmente quelle artigiane, possono far ricorso anche per valorizzare altri prodotti e reinventare la propria offerta".
"Tuttavia - continua Pacini - la sostanziale stabilità del settore alimentare, in termini di unità locali, di produzione e di addetti, e la mancata crescita della dimensione media non permettono alla struttura dell'offerta alimentare artigianale di assumere i connotati di sistema".
Secondo i dati della ricerca, la mancata crescita dimensionale delle imprese alimentari artigiane interessa anche quella delle non-artigiane. Inoltre, si evidenzia come l'insieme delle piccole imprese stenti a farsi "sistema d'offerta alimentare regionale" collegato con la base produttiva agricola territoriale.
Esistono inoltre problemi di ricambio generazionale causati da una scarsa propensione dei giovani a sacrifici "di vita" non indifferenti.
Considerando i rispettivi mercati di riferimento, la ricerca evidenzia l'esistenza di mercati di nicchia per prodotti artigianali di alta qualità, atti a soddisfare una domanda radicata nella tradizione o che cerca la tradizione o è espressione di elite culturali globali; ovvero di altri mercati di prodotti artigianali generici, legati alla grande distribuzione che però soffrono della crisi dei consumi e della pressione dovuta all'offerta di prodotti industriali standardizzati.
Oltre a questi mercati, assieme ad una miriade di casi intermedi, può essere aggiunto trasversalmente alle diverse categorie un mercato di servizio estremamente diffuso sul territorio. Sempre con un occhio rivolto ai mercati la forte presenza di micro-imprese, grazie anche al tessuto sociale di cui fanno parte, sembra essere però un utile mezzo per il mantenimento di tradizioni specifiche all'interno di un modello culturale locale che va a costituire una sorta di parziale barriera all'entrata di prodotti industriali standardizzati.
Di contro, sussiste il pericolo della scomparsa di molte piccole aziende sotto la pressione di un'offerta standardizzata ma di buona qualità (ovvero percepita tale dai consumatori o almeno da questi valutata favorevolmente) per un più confacente rapporto prezzo/qualità.
Quindi, secondo gli estensori della ricerca, di fronte ad una concorrenza industriale basata su qualità medio-alta - spesso sostenuta anche da immagini e richiami alla tradizionalità regionale e locale - e costi di produzione assai competitivi, l'impresa artigiana tradizionale si trova e si troverà sempre di più a comprimere i propri risultati reddituali fino a scomparire o, viceversa, a reagire potenziando la propria politica di qualità verso livelli di effettiva eccellenza grazie anche al supporto di una politica di vendita rivolta a nicchie di mercato allargate ai mercati internazionali.
"Ma la competitività tra le imprese non si gioca solo sul piano individuale delle singole entità, - ha concluso Pacini - magari supportate da una politica saggiamente calibrata sulle esigenze complessive, bensì anche sulla capacità di instaurare accordi di collaborazione, promuovere scambi di prodotti o di servizi, passare a promozioni comuni, e in generale sviluppare forme associative e consortili a diverso grado di coinvolgimento".