La Fiorentina ritrova i tre punti ma non il gioco

Battuto di misura il modestissimo Lecce con brivido nel finale. Beltran fallisce un rigore, Gudmundsson manca il 2-0

Paolo
Paolo Pellegrini
28 febbraio 2025 23:23
La Fiorentina ritrova i tre punti ma non il gioco
Foto Fabio Vanzi

Fortuna che il Lecce è decisamente una delle squadre più modeste viste in questa fetta di stagione al Franchi. Fortuna che a quattro minuti dal 90’, mentre la traversa di Falcone dondola ancora per il piattone di Beltran sul solito schema da calcio piazzato, i salentini se ne vanno in ripartenza rapida ma il buon Danilo Veiga non sa fare altro che sparare in curva un palloncino comodo da addomesticare di fronte a De Gea. Certo imitato una manciata di minuti dopo, nell’interminabile recupero allungato dall’irritantissimo Marinelli spesso a corto di occhiali e mina vagante sui cartellini gialli, dal buon redivivo Gudmundsson che ottiene da Beltran la comoda palla del raddoppio ma la sparacchia tra le sempre più desolanti macerie della ex Fiesole (ne aveva già ciccata maluccio un’altra a tu per tu col portiere ma tutto vano per la bandierina alzata).

Era una delle cose buone del Vikingo durante un match che l’ha visto beccare un giallo dopo appena venti minuti, dannarsi l’anima in maniera totalmente inconcludente – ben assecondato dal compagno di reparto Zaniolo: giallo anche per lui, era in diffida, Ciao Napoli come pure Mandragora – per altri cinquanta, e infine sbattere contro il paletto un rigore ben piazzato ma evidentemente non ben misurato.

Fortuna sì. Perché in mezzo, vuoto pneumatico. Cosmico. Scusate, ma questo non è calcio. E a voler essere cattivi, questa è un’offesa al calcio. Non si possono vedere i due centrali, presunte fonti del gioco, guardarsi in faccia a un metro di distanza, e delle due l’una, o dar via palla come se bruciasse ma senza costrutto, oppure cercare il classico appoggino dietro, il che significa poi più che spesso anche quasi sempre rifugiarsi da De Gea – bel miracolo in finale di prima frazione su uno svarione-flipper tra Ranieri e un macchinoso Pablo Marì con botta da vicino di Karlsson, ma anche lui quanti rinvii-lancione a casaccio – e arretrare la non-azione di venticinque-cinquanta metri.

Il terzo della linea, Ndour, in realtà leggermente più avanzato, fa quel che può e prova a incidere, svaria, attacca l’uomo, ma è lento e macchinoso, forse non era partita per lui. Ci voleva velocità, anche se Giampaolo non arrocca con i tir e i pullman davanti a Falcone: ma questa Fiorentina in debito di gioco e di idee crea troppo poco, cosicché i migliori ancora una volta si dimostrano il solito guizzante Dodo, che entra in tutte le (poche) migliori azioni, e pennella un cross perfetto per lo stacco vincente di Gosens, collega sull’altra fascia, appunto l’altro dei “migliori”.

Il resto mah, soprattutto i più attesi, di Mandragora si sa che questo è quanto e una responsabilità una difficilmente se la prende, Cataldi non ha il ritmo delle giornate migliori, Fagioli entra per uno scampolo di una ventina di minuti e che vuoi pretendere, nel marasma di palloni sputacchiati qua e là.

Foto Fabio Vanzi

Perché il primo tempo della Fiorentina, parliamoci chiaro, finisce al 9’ con lo stacco imperioso di Gosens e palla nel sacco. Poi più nulla. Ma nulla di nulla, ristagni di palloni persi a destra e manca, alla fine sarà il Lecce ad avere più possesso, 53% contro 47%, e perfino migliore precisione nei passaggi anche se di poco, 76-73%, percentuali bassissime per entrambe, questo dà il segno dello spettacolo. Io sarò noioso, ma non si è visto mai un giocatore viola in anticipo su una seconda palla, non si è vista una profondità, non si son visti movimenti rapidi e giro palla veloce.

C’è un episodio emblematico, intorno all’ora di gioco: Gosens conquista palla sulla sua tre quarti, la dà al centrocampista, ma son tutti fermi, palla indietro e poi l’azione sfuma. A chi solo ventiquattr’ore prima aveva visto Bologna-Milan prudono le mani: niente di trascendentale, mica Real Madrid o Liverpool, ma palla che gira, schemini anche semplici però schemi, gente che corre secondo un’idea, mai sparacchiate a casaccio. No, non è calcio.

Forse Palladino dovrebbe rifletterci, prima di affermare “le partite si vincono anche soffrendo, mi piace vincere le partite anche così. Oggi ci siamo messi lì, non hanno mai tirato, solo in transizione. Non abbiamo preso pericoli. Dovevamo vincere e l’abbiamo fatto. Dobbiamo poi migliorare la gestione dei secondi tempi, non abbassarci tanto. Ma ci sto lavorando”. Tre o quattro frasi da contestare, ma ha parlato il campo. Ora sotto perché giovedì c’è Atene, quel campo che rilascia un ricordo così doloroso, e l’andata degli ottavi di Conference è il primo step di un vero tour de force.

Consoliamoci pensando che la Viola quest’anno ha reso meglio sempre con le big, dai.

Fiorentina (3-5-2): De Gea; Pongracic (80' Comuzzo), Pablo Mari, Ranieri; Dodo (87' Moreno), Ndour, Cataldi (69' Fagioli), Mandragora, Gosens; Zaniolo (87' Gudmundsson), Beltran. All. Palladino.

Lecce (4-3-3): Falcone; Guilbert (86' Veiga), Baschirotto, Jean, Gallo (64' Sala); Coulibaly, Pierret, Berisha (64' Helagson); Tete Morente, Krstovic (64' Rebic), Karlsson. All. Giampaolo

Arbitro: Marinelli di Tivoli (Giallatini-Colarossi; quarto ufficiale Santoro; Var Di Paolo-Aureliano)

Marcatore: 9’ Gosens

Note: ammoniti: Beltran, Gallo, Zaniolo, Berisha, Mandragora. Angoli 5-2 Fiorentina. Spettatori 17.383

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