FIRENZE- Due protocolli d'intesa, interlocutori diversi ma un unico comune obiettivo: dare gambe a quel modello di formazione basato sull'alternanza tra scuola e lavoro, ispirato dalla realtà tedesca ma declinato in un contesto come quello italiano e toscano assai diverso, e basato anche sullo strumento, più ampio e rinnovato, dell'apprendistato. Due protocolli per avvicinare la scuola al lavoro e il mondo del lavoro alla scuola, provando in questo modo a contrastare disoccupazione giovanile – in Toscana il 34 per cento alla fine del 2016 - e la dispersione scolastica, fornire ai ragazzi competenze ancorate in modo migliore alle esigenze produttive e in linea con lo sviluppo economico.
Certo, facendo i conti anche con la struttura produttiva toscana, che in gran parte fa perno su micro e piccole imprese. I due protocolli sono stati firmati dalla Regione Toscana venerdì: il primo con la Cida, ovvero il principale organismo di rappresentanza della dirigenza toscana, che riunisce le dodici federazioni del management privato industriale, del terziario e del pubblico; il secondo con l'ufficio scolastico regionale per la Toscana e il consiglio provinciale di Firenze dell'Ordine dei consulenti del lavoro.
Sbloccare l'accesso dei giovani alle Pmi"Vogliamo dare gambe al cosiddetto sistema duale, quello dove scuola e mondo del lavoro collaborano ancora più a stretto gomito: certo senza creare un percorso di studio solo per rispondere alle esigenze delle imprese – sottolineano il presidente Enrico Rossi e l'assessore all'istruzione, alla formazione e al lavoro della Toscana, Cristina Grieco – E in particolare puntiamo a 'sbloccare' l'accesso dei giovani alle piccole e medie imprese, che per dimensione e organizzazione spesso trovano difficoltà a reperire personale formato e competente".
Il ruolo di Cida sarà proprio quello di superare questo ostacolo, mettendo a disposizione i propri manager per accompagnare gli studenti durante l'intero fase del percorso formativo. Il protocollo prevede anche che Cida Toscana realizzi sinergie con il sistema dell'istruzione e formazione regionale e contribuisca con le proprie competenze, esperienze e conoscenze al miglioramento della preparazione degli studenti. "L'intesa, ripetibile in altri territori, ci consentirà di svolgere un 'tutoraggio' nei confronti degli studenti.
Sentiamo il dovere civico di contribuire al miglioramento del percorso di avvicinamento tra il mondo dell'impresa e quello della scuola" sottolinea il segretario toscano di Cida, Walter Bucelli. "Questo ruolo di 'facilitatori' – aggiunge – aiuterà i giovani a comprendere prima e meglio le logiche del mondo del lavoro ed aiuterà pure le imprese, che potranno contare su un serbatoio di giovani preparati dagli studi e formati dall'esperienza dei manager".
L'apprendistato formativo per non smettere di studiareNel nuovo sistema duale l'alternanza durante gli studi tra scuola e lavoro e l'impresa formativa simulata costituiscono la prima fase, a loro modo propedeutica. L'apprendistato, canale di accesso privilegiato dei giovani all'occupazione, è quella successiva. "I due dispositivi devono andare avanti insieme" sottolinea l'assessore Grieco. Ne convengono Domenico Petruzzo, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale (ovvero il vecchio provveditorato) e Moreno Panchetti in rappresentanza dell'Ordine provinciale dei consulenti del lavoro.
L'apprendistato è per l'appunto al centro dell'intesa, triennale, firmata da loro con la Regione. " Non si potrà più dire "smetto di studiare e vado a lavorare". Con una battuta è un po' questa la rivoluzione lanciata l'anno scorso con il nuovo apprendistato formativo, che esiste da tempo ma era diventato un po' un panda in via di estinzione. Tutti più o meno conoscono il classico apprendistato professionalizzante, porta di ingresso nel mondo del lavoro. Quello formativo o di alta ricerca è qualcosa di diverso e nuovo: sburocratizzato e semplificato, riproposto con l'ambizione di riempire il vuoto che esiste e che lamentano i giovani ma anche le imprese.
"Con l'apprendistato formativo si può studiare lavorando e lavorare imparando - spiega l'assessore Grieco - , si tratta di fatto di un cambio culturale: non più una sequenzialità tra formazione e lavoro ma una vera alternanza". E lo s i può fare con un contratto ad hoc e un percorso formativo calato quasi su misura. Lo si può fare alle superiori, ma anche all'università, durante un dottorando o un master; lo studente riceve uno stipendio e "per le imprese - ricorda il presidente Rossi - ci sono sgravi contributivi e fiscali".
Tutoraggi e corsi su vantaggi e incentivi Ufficio scolastico regionale e consulenti del lavoro, per il tramite della propria fondazione di studi fiorentina, assisteranno gratuitamente le imprese nella stipula di protocolli con le istituzioni formative e si impegneranno sostenere percorsi ad hoc, anche all'interno delle imprese e quanto più connessi alle mutevoli esigenze del mondo del lavoro e della ricerca. Saranno organizzati inoltre corsi e incontri seminariali per la divulgazione dei vantaggi e degli incentivi nazionali e regionali connessi al contratto di apprendistato di primo e secondo livello. Un monitoraggio, almeno semestrale, sulle azioni messe in campo accompagna l'accordo.
Un anno di alternanza da buttare: Ministro Fedeli quando inizi a lavorare?
E' il testo degli striscioni affissi in tutta Italia dal Blocco Studentesco per evidenziare i pessimi risultati dell’esperimento didattico-lavorativo condotto a partire dalla “Buona Scuola” renziana. “Secondo quanto riportato dagli studenti italiani - si legge in una nota diffusa dal movimento - la linea seguita dall’attuale Ministro dell’Istruzione si è rivelata l’ennesimo buco nell’acqua: studenti sfruttati o che svolgono mansioni non inerenti al percorso di studi scelto, oltre ad una profonda differenza organizzativa tra le varie regioni, con il centro e il sud Italia che arrancano soprattutto nei licei”. “Stando a quanto dichiarato dallo stesso ministro in carica, l’alternanza viene spesso confusa con l’apprendistato – continua la nota – con l’inevitabile conseguenza che gli obiettivi didattici non corrispondono più a quelli lavorativi.
Ad oggi l’innovazione tanto sbandierata non trova un riscontro nella realtà, con studenti e imprese ancora troppo distanti”. “È necessario stabilire delle linee guida per l’alternanza che siano chiare e funzionali al raggiungimento dello scopo perseguito dal progetto – conclude la nota – ponendo fine allo sfruttamento dei ragazzi. Chiediamo quindi una maggiore concretezza alla Fedeli, pronti a muovere battaglia per difendere il futuro degli studenti italiani”.