“Ci aspettavamo un numero di abbattimenti sicuramente superiore, in grado di rendere la legge obiettivo realmente capace di diminuire i danni alle nostre coltivazioni, ma purtroppo, così non è stato”- questo è quanto dichiarato dalle tre associazioni agricole della Provincia di Arezzo, Confagricoltura, CIA e Coldiretti.
La situazione per gli agricoltori diventa sempre più insostenibile: oltre a dover combattere con crisi economica e calamità naturali, si ritrovano con interi raccolti andati distrutti a causa di cinghiali, caprioli e daini, registrando ulteriori danni economici.
“Le nostre aziende sono al tracollo - continuano le tre associazioni agricole - a questo punto vogliamo avere un quadro dettagliato, area per area, degli abbattimenti; stiamo registrando danni sensibilmente superiori al passato. Addirittura, ci risulta che, in alcune zone della nostra Provincia, le squadre dei cacciatori di cinghiali si stiano rifiutando di intervenire ad abbattere gli ungulati (nonostante le richieste di intervento da parte degli Organi preposti) perché minacciati da altri cacciatori, che portano avanti un vero e proprio boicottaggio.
“Non ne capiamo le motivazioni - rincalzano Confagricoltura, CIA e Coldiretti - ma sarebbe questo un fatto gravissimo, da perseguire subito anche penalmente; ricordiamo ad alcuni cacciatori di cinghiale e a chi li rappresenta che, visto che si propongono come l’unica strada per risolvere la questione ungulati che se non vengono rispettati i piani di prelievo e quindi non vengono effettuati gli abbattimenti richiesti, come previsto dal nuovo Regolamento regionale, saranno i cacciatori stessi, oltre all’ATC, a rimborsare in prima persona i danni subiti dagli agricoltori.
Quindi, sarebbe opportuno che i cacciatori comincino con l’ammettere che negli anni sono stati la causa principale dell’acuirsi del problema e soprattutto che da subito facciano di tutto per applicare al meglio la legge obbiettivo della Regione Toscana invece di ostacolarne la normale applicazione, spesso con sistemi inaccettabili e rivendicare invece assieme l’ulteriore snellimento delle procedure di applicazione degli interventi”.
"È giusto sottolineare, inoltre, che se si parla principalmente dei devastanti danni provocati alle colture dai cinghiali, vite compresa, occorre non scordarci il flagello caprioli che in particolare per la viticoltura rappresentano un grandissimo problema e qui si entra un altro campo, quello della caccia di selezione e della farraginosità dell’esercizio di questa particolare forma di caccia che non aiuta ad intervenire in modo tempestivo in caso di danni alle colture, troviamo una soluzione per far convivere l’attività agricola con una presenza sostenibile degli ungulati nel nostro territorio, in altre parole facciamo convivere che lavora e cerca di trarre il giusto guadagno dalla propria opera e chi svolge un’attività ludico-sportiva in casa d’altri senza chiedere permesso! Infine è opportuno ricordare che i danni ingenti provocati dagli ungulati in Italia, non devono essere rimborsati in regime di “de minimis” (non più di 15 mila euro in tre anni) in quanto la selvaggina non è di proprietà dell’agricoltore (come in tutta Europa) ma di proprietà di terzi che ne devono rispondere in toto, si tratta infatti di un rimborso danni non di un finanziamento di progetti per lo sviluppo delle attività agricole o di formazione; gli agricoltori hanno quindi il sacrosanto diritto di essere rimborsati per il reale danno subito e non deve essere una regalia di chissà chi per chissà cosa!"