In aumento le iscrizioni di nuove imprese ai registri delle Camere di Commercio della Toscana: nell’ultimo trimestre del 2013 sono nate 6.373 imprese (+ 5,6% rispetto a ottobre-dicembre 2012) ed iscritte 2.622 nuove unità locali (+8,6%). Se, a fine 2013, la natalità imprenditoriale appare in ripresa ed il fenomeno delle chiusure – sebbene su livelli storicamente elevati – sembra in attenuazione (le 6.250 imprese chiuse negli ultimi tre mesi dell’anno sono in diminuzione del 3,7% rispetto all’analogo periodo del 2012), un campanello d’allarme continua a provenire dal numero d’imprese in difficoltà: sono 2.231 le aziende toscane entrate in scioglimento e liquidazione in soli tre mesi (da ottobre a dicembre), in aumento del 9,6% su base annua.
Altro dato preoccupante: sono 280 i fallimenti avvenuti nel quarto trimestre 2013 e 66 le aziende che hanno aperto concordati fallimentari o preventivi oppure accordi di ristrutturazione debiti, in aumento del 30% rispetto a ottobre-dicembre 2012. Secondo Vasco Galgani, Presidente di Unioncamere Toscana, “le imprese continuano a nascere e questo non può essere che un messaggio positivo, soprattutto laddove il fare impresa è espressione dei saperi legati al territorio.
Tuttavia i numeri ancora non indicano tempi certi per l’uscita dalla crisi. Per questo servono interventi urgenti tesi alla crescita e all’occupazione. Il sistema camerale intanto può lavorare per indirizzare al meglio le scelte di chi apre un’impresa, puntando sui settori che offrono le maggiori opportunità di successo, e rafforzare quelle reti che costruiscono la fiducia, migliorando qualità ed efficienza dei servizi offerti. Altrettanto importante è poi continuare a promuovere le peculiarità regionali e la ricerca di nuovi mercati.” Le imprese artigiane, che in Toscana rappresentano il 27% del sistema e che in massima parte sono ditte individuali, risultano dunque in forte diminuzione (-2.432 imprese); diversamente, le imprese non artigiane si espandono (+3.768 unità), grazie ad un tasso di mortalità dimezzato rispetto alle artigiane (il 5% contro il 10%).
In termini di natura giuridica, nel 2013 si sono sviluppate le forme più “complesse” d’impresa: le società di capitali (2.352 unità in più rispetto al 2012) – ormai un quarto delle imprese toscane – e le altre forme giuridiche (+1.377), fra cui rientrano le società cooperative e quelle consortili. Sono invece diminuite le forme giuridiche più “semplici”: le società di persone (-426 unità) e le imprese individuali (-1.967). Queste ultime, nonostante la forte contrazione registrata negli ultimi due anni, rappresentano ancora la metà delle aziende toscane e hanno determinato il 65% delle iscrizioni ed il 74% delle cessazioni avvenute nel 2013. A livello settoriale, edilizia e agricoltura perdono imprese a tutta velocità.
Per l’agricoltura il ridursi delle aziende (-1.051 nel 2013) è divenuto ormai strutturale, mentre l’emorragia di imprese nell’edilizia (-1.689) è legata alle profonde difficoltà attraversate dal settore ed alla grave crisi del mondo artigiano operante nella filiera (in Toscana il 70% delle imprese dell’edilizia è artigiana, per lo più attive nella installazione di impianti e nei lavori edili di completamento). Fra le attività industriali, gli unici bilanci positivi riguardano il comparto alimentare (+93 aziende), il chimico-farmaceutico (+13) e, nel sistema moda, la filiera abbigliamento-pelli-calzature (+108 imprese). Il tessile (-79 unità) ha invece continuato il processo di involuzione che negli ultimi 4 anni è costato la perdita di oltre 400 imprese, e fra gli altri comparti manifatturieri sia le attività della meccanica-elettronica che quelle del legno mobili (-145 unità) hanno registrato un saldo negativo, in quest’ultimo caso collegato alla perdurante crisi del sistema-casa. Sotto il profilo settoriale, il positivo bilancio annuale è quindi riconducibile alla dinamicità dei servizi, attività commerciali e turistiche in primis.
Il settore turistico (alberghi e ristoranti), che a fine 2013 conta 32.487 imprese in Toscana, è in forte espansione (+960 imprese), così come il commercio (+1.199) che, con 101.490 aziende, rappresenta un quarto del sistema imprenditoriale regionale. Il settore del terziario più dinamico, in termini relativi, è tuttavia quello dei servizi alle imprese (+5,3% per 524 unità aggiuntive), e contributi positivi al bilancio demografico provengono anche dalle attività immobiliari (+432 unità), da quelle finanziarie-assicurative (+260) e dai servizi pubblici, sociali e alla persona (+369). Lavoratori, pensionati, disoccupati: il potere d'acquisto dei toscani cala, mentre l'imposizione fiscale non consente respiro.
E' quanto rivela una ricerca di Caaf Cgil Toscana e Ires Toscana sui dati, estratti in maniera anonima, su 500mila pratiche fiscali (Isee e 730) attivate agli sportelli del sindacato. Lo studio, presentato stamani all'Auditorium del Monte dei Paschi in via Pecori a Firenze da Gianni Aristelli di Ires Toscana (sono intervenuti Alessandra Coli dell'Università di Pisa e Mauro Soldini, presidente Consorzio nazionale Caaf Cgil) analizza i redditi e i patrimoni in tutta la Toscana, e rivela ad esempio come tra i dipendenti pubblici i redditi netti siano aumentati dello 0,04%, mentre le imposte sono cresciute anche del 2,44%.
Nel settore privato, il reddito lordo sale dell'1,92% (donne +1,97%); ma quello netto è sotto il livello di inflazione, e la variazione delle imposte sul +4,6%. Capitolo pensionati: adeguamento lordo delle pensioni all`1,5%, quello netto allo 0,81%, ma l'impatto delle imposte è cresciuto del 4,9%. “Non è un sondaggio, né un campione: questa ricerca ha riguardato 500mila persone ed è una fotografia nitida di cosa è avvenuto in Toscana, cioè un'erosione del potere d'acquisto, coi redditi dei lavoratori che crescono meno dell'andamento inflattivo”, ha detto Alessio Gramolati, segretario generale di Cgil Toscana, che ha chiuso i lavori di stamani all'Auditorium.
“La crisi non è neutra, ha prodotto danni soprattutto sui ceti popolari e medi. C'è solo un modo per invertire la tendenza: aumentare la contrattazione. Dove non si contratta, i redditi vanno indietro”, ha aggiunto Gramolati. La mattinata di lavori è stata introdotta da Paolo Graziani, presidente Caaf Toscana, ed Emanuele Berretti, presidente di Ires Toscana, che hanno spiegato: “La ricerca sarà presentata nei territori affinché in ogni realtà si ragioni su cosa è successo nel corso degli anni e quali iniziative siano necessarie per ampliare e consolidare le tutele sociali.
Ci auguriamo che il notevole patrimonio di dati che emerge dall’attività del Caaf Cgil rappresenti una straordinaria opportunità di analisi e riflessione per tutto il mondo della ricerca pubblica, un utile strumento di comprensione della situazione sociale della Toscana in una fase così difficile e complessa. Contemporaneamente, l'auspicio è che questa ricerca possa costituire un elemento di conoscenza aggiuntivo per le parti sociali e le istituzioni impegnate nel confronto sui temi dello stato sociale e dello sviluppo della nostra regione, confronto decisivo per migliorare le condizioni sociali dei lavoratori e dei pensionati”. Dai rifiuti all’imposta sugli immobili, gli imprenditori potranno capire se pagano il “prezzo giusto”.
La raccolta dei dati servirà a mostrare la reale incidenza dei tributi locali sul bilancio aziendale. Franco Marinoni: “Dati alla mano solleciteremo le Pubbliche Amministrazioni ad individuare forme di agevolazione che aiutino le imprese a non chiudere. L’aumento medio nel 2014 supera il 300% solo per la nettezza urbana, a fronte di incassi in discesa per la contrazione dei consumi. E se per pagare le imposte bisogna ricorrere ai prestiti c’è qualcosa da rivedere nel sistema” E’ già stato varato nelle province di Lucca, Arezzo, Pisa e Pistoia l’Osservatorio sui tributi Confcommercio e nelle prossime settimane sarà funzionante nel resto delle province.
L’obiettivo è aiutare gli imprenditori, estremamente preoccupati dal vertiginoso aumento di tasse e imposte locali, a verificare la correttezza di quanto richiesto dai Comuni, ma soprattutto analizzare – dati alla mano – l’incidenza della tassazione locale sui bilanci aziendali per sollecitare il diversi livelli dell’amministrazione locale e regionale “calmierare” l’esazione rivedendo i parametri applicativi. “Si tratta di aiutare le imprese a non chiudere”, sottolinea il direttore generale Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “solo per i rifiuti, l’aumento medio dell’imposta è di oltre il 300% rispetto all’anno passato, a fronte di incassi in discesa a causa della contrazione dei consumi.
Di questo passo, le imprese saranno costrette a chiedere un prestito in banca per pagare i tributi. E se dovesse accadere, sarà chiaro che c’è qualcosa da rivedere nel sistema”. “Se a livello nazionale in questo frangente si può fare poco, visto che il Governo accampa la scusa della crisi per aumentare l’imposizione fiscale continuando invece a non fare tagli alle spese, contiamo di avere più ascolto presso le sedi locali e regionali perché a nessuna Amministrazione piace che le imprese del proprio territorio scompaiano.
Sarebbe una perdita di occupazione e ricchezza subito tangibile nella sua drammaticità, che mette a rischio sviluppo e perfino coesione sociale”, chiarisce Marinoni. “Ecco perché con i dati raccolti attraverso l’Osservatorio Tributi andremo ad incontrare gli amministratori territoriali e regionali, per presentare la realtà dei fatti, i rischi connessi e le possibilità di cambiare le cose rivedendo i criteri applicativi delle varie imposte o creando agevolazioni”. Il servizio già attivo a Arezzo, Pistoia, Pisa e Lucca sarà funzionante dal 1 marzo presso tutte le associazioni Confcommercio sul territorio toscano, e sarà coordinato da Confcommercio Toscana.
Gli operatori potranno prendere appuntamento per verificare la propria posizione portando con sé bollette e cartelle (anche degli anni precedenti per verificare gli aumenti), planimetrie degli immobili dove svolgono l’attività, ultimo bilancio aziendale e ogni altro dato possa fornire l’immagine dettagliata e completa della situazione. “I dati raccolti, comune per comune, ci serviranno a redigere un dossier per evidenziare le diseguaglianze e concordare con le Amministrazioni alcune soluzioni.
Vorremmo che chi applica i tributi si rendesse conto di quanto e come influiscono sulle imprese”. Secondo l’ufficio studi nazionale di Confcommercio, con l’introduzione della Iuc, l’Imposta Unica Comunale introdotta dalla legge di stabilità, che ingloba IMU (tassa sugli immobili), TASI (imposta sui servizi indivisibili dei Comuni) e TARI (tassa sui rifiuti), nel 2014 si registrerà un vero e proprio salasso per le imprese dei servizi e del terziario. Sul fronte della Tari (la ‘vecchia’ tassa sui rifiuti Tares, che nel 2013 ha sostituito i regimi Tarsu, Tia 1 e Tia 2), dall'analisi delle maggiorazioni tariffarie effettuata su un campione di sei grandi regioni (Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia) emerge un incremento medio dei costi pari al 302%.
Gli aumenti più salati per i negozi di ortofrutta, pescherie, fiori e piante (+627%), discoteche (+568%), ristoranti e pizzerie (+548%). Incrementi ingiustificati, derivanti essenzialmente dall'adozione di criteri presuntivi e potenziali e non dalla reale quantità di rifiuti prodotta. C’è poi la questione dell’imposta sugli immobili, che ha portato a livelli esorbitanti l’Imu per alberghi e capannoni commerciali. “Una penalizzazione troppo pesante per il sistema delle imprese, già messo duramente alla prova dalla congiuntura” conclude Marinoni, “la struttura dell'attuale sistema di prelievo va rivista al più presto, per i rifiuti come per altre voci, ridefinendo con maggiore puntualità coefficienti e voci di costo e distinguendo tra le diverse tipologie di utenza”.