“Da cinque anni il prezzo del caffè è fermo mentre ci costano più cari il biglietto del trasporto pubblico locale e il quotidiano, dal 30% di Firenze all’80% di altre città italiane”. Ci tiene a ribadirlo Aldo Cursano, presidente regionale e vicario nazionale Fipe, dopo che in Liguria ha fatto discutere la decisione di alcuni pubblici esercizi che hanno alzato il prezzo del caffè. “Autobus e giornali sono i beni con cui tradizionalmente è sempre stata confrontata la nostra tazzina, con una differenza: i baristi non sono sostenuti da sovvenzioni statali o locali”. “Sottolineo - continua Cursano - che non ci sono autorità né istituzioni che fissano il prezzo del caffè.
“Le variazioni dei prezzi sono legati alle decisioni del singolo esercizio e cambiano a seconda del luogo, del servizio e in piccolissima parte anche della miscela offerta”. Il costo della materia prima incide infatti sulla tazzina di caffè meno dei costi della manodopera, dei contributi, dell’affitto, del suolo pubblico, della tassa sui rifiuti, dei tributi locali, delle utenze, dell’iva. “Una lunga lista di spese che lievitano continuamente, e se i bar dovessero vivere solo di caffè ad oggi ci rimetterebbero. Il caffè infatti, secondo l’analisi del nostro Centro Studi Fipe, viene venduto sotto costo, atto di responsabilità dei nostri imprenditori in un momento difficile.
Non stupisce però che negli ultimi cinque anni abbiano chiuso 34.000 pubblici esercizi in Italia e 3000 in Toscana. Quando i costi superano i ricavi tutto un modello economico è a rischio, e con lui uno stile di vita e una tradizione del caffè che il mondo ci invidia”.