Europei sfiduciati e pessimisti: il 40% teme di non riuscire a vivere in condizioni dignitose, neanche uno su tre ha fiducia nei governi nazionali. E in Italia il 53% percepisce l’appartenenza all’Unione europea addirittura come uno svantaggio, piuttosto che un’opportunità. (dati 2013 - indagine Ipsos-Publicis “Gli europei e la fine della crisi”). Basterebbero questi pochi numeri per riconoscere che c’è un’Europa ormai troppo distante dai cittadini, immersa nella crisi economica e sociale e a forte rischio di disgregazione.
Un allarme, questo, lanciato anche dai partner di Terra Futura, la mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, inaugurata oggi e in programma fino a domenica 19 maggio alla Fortezza da Basso di Firenze (www.terrafutura.it). Ma cedere al pessimismo può diventare pericoloso. A un “pensiero e a una politica di salvezza” per l’Europa ci invita il filosofo e sociologo francese EDGAR MORIN, padre dell’epistemologia della complessità e fondatore dell’Associazione internazionale per il pensiero complesso Autore con MAURO CERUTI del saggio “La nostra Europa” (presentazione oggi alle ore 17.30, sala Terra Futura) - vero e proprio manifesto per “una rinascita della cultura e della politica europee nel tempo della globalizzazione” -, Morin afferma la necessità di un nuovo Umanesimo europeo: «Dobbiamo abbandonare il volto dell’umanesimo dominatore, impegnato a far diventare l'uomo solo padrone e possessore della natura, per riconnetterci, invece, al volto dell’umanesimo europeo che ha esaltato il valore e la dignità di ogni essere umano, chiunque egli sia, da ovunque egli giunga.
Il nostro compito – aggiunge – è quello di perseguire una mondializzazione di questo umanesimo: quello dei diritti umani, dei diritti delle donne, della libertà-eguaglianza-fraternità, della democrazia, della solidarietà». L’Europa resta dunque necessaria ma, arrivati a questo punto, si trova obbligata a due conversioni: da un lato il superamento della dimensione nazionale, dall’altro, però, il riconoscimento della propria condizione di “provincia del mondo”. Dice Mauro Ceruti: «Solo questa duplice metamorfosi può portare l’Europa a svolgere un ruolo consapevole e creativo nel governo dei processi di globalizzazione, proprio per la specificità della sua storia e della sua identità plurale: la forzata rinuncia a essere centro del mondo potrebbe aprire una via per la nostra salvezza». «Oltre ad essere una macchina di liberalizzazione economica, l'Ue finora è servita da dispositivo di controllo e di regolamentazione delle deviazioni dagli standard dei diritti umani e della democrazia liberale - sostiene CLAUS OFFE, sociologo politico tedesco tra i massimi studiosi del capitalismo contemporaneo (atteso per domenica 19 maggio).
L'Ue - continua - è anche l'unico luogo istituzionale in cui non solo possono essere stabilite e attuate le norme vincolanti che regolano l'interazione economica e fiscale tra gli Stati membri, ma anche dove si difendono la pace e la civiltà democratica del continente». Tenendo conto proprio di questa preziosa capacità dell'Unione, sull’eventualità di una sua frantumazione Offe è netto: «Non porterebbe alcun beneficio, ci troveremmo in un gigantesco gioco a somma zero nel quale ognuno finirebbe per perdere». Di diritti e di democrazia parla anche la politologa NADIA URBINATI, teorica del pensiero democratico e liberale contemporaneo, che sostiene: «La nostra democrazia sta subendo un processo di mutazione molecolare di cui non riusciamo ancora a cogliere la direzione.
Nel suo aspetto più visibile la mutazione è politica ed economica: riguarda la composizione sociale della cittadinanza, il rapporto tra le classi e il governo dell'economia pubblica e si manifesta come una mutazione in senso antiegualitario. Nel suo aspetto meno visibile, invece, la mutazione è divenuta appropriazione identitaria della libertà e dell'eguaglianza dei diritti civili». Nel suo recente libro-intervista su questo tema, “La mutazione antiegualitaria” (presentazione oggi alle ore 18, Spazio media eventi), la Urbinati mette in luce come molti ambiti della nostra vita, individuale e sociale, pubblica e privata, siano sempre più esclusi da processi decisionali di tipo democratico.
Tutto ciò non può che tradursi in una profonda crisi sociale in cui crescono quelli che definisce movimenti e soggetti politici in difesa di valori “che escludono”. E proprio mentre si tiene a Firenze la decima edizione di Terra Futura, la Regione Toscana si accinge ad approvare la revisione della legge sulla democrazia partecipativa: è l'unica regione d'Europa a essersi dotata di una legge che favorisce la partecipazione dei cittadini alle decisioni che interessano la vita delle comunità locali. Terra Futura è un evento promosso da Fondazione culturale Responsabilità etica per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’economia sociale, insieme ai partner Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete e Legambiente.
Ingresso libero.