Moscheta, un classico del teatro italiano, scritto presumibilmente alla fine degli anni Venti del Cinquecento da Ruzante, torna in scena con due protagonisti della comicità contemporanea: Tullio Solenghi (Ruzante) e Maurizio Lastrico (Menato), con Barbara Moselli (Betìa) ed Enzo Paci (Tonin). Per Solenghi è un felice ritorno al teatro Stabile di Genova, dove debuttò nella stagione 1970-71 con Madre Courage di B.Brecht a fianco di Lina Volonghi: “Sono ritornato a lavorare con lo Stabile di Genova che mi ha lanciato, dopo oltre trenta anni.
Credo che il teatro a gestione pubblica abbia il diritto e il dovere di riscoprire la grande drammaturgia italiana”. Moscheta affronta temi di grande attualità (sullo sfondo c’è la guerra tra spagnoli e francesi per il controllo del territorio) e situazioni sessualmente esplicite (il triangolo di maschi che ruota intorno a Betìa), con una libertà e una forza inventiva paragonabili solo a quelle della quasi contemporanea Mandragola di Machiavelli. “Il più grande autore di teatro che l'Europa abbia avuto nel Rinascimento prima ancora dell'avvento di Shakespeare – così nel 1997 Dario Fo ringraziò Ruzante dedicandogli il suo premio Nobel per la Letteratura - il mio più grande maestro insieme a Molière: entrambi attori-autori, entrambi sbeffeggiati dai sommi letterati del loro tempo.
Disprezzati soprattutto perché portavano in scena il quotidiano, la gioia, la disperazione della gente comune, l'ipocrisia e la spocchia dei potenti, la costante ingiustizia. E soprattutto avevano un difetto tremendo: raccontavano queste cose facendo ridere. Il riso non piace al potere. Ruzante poi, vero padre dei comici dell'Arte, si costruì una lingua, un lessico del tutto teatrale, composto di idiomi diversi; dialetti della Padania, espressioni latine, spagnole, perfino tedesche, miste a suoni onomatopeici completamente inventati.
Da lui, dal Beolco Ruzante ho imparato a liberarmi della scrittura letteraria convenzionale e ad esprimermi con parole da masticare, con suoni inconsueti, ritmiche e respiri diversi, fino agli sproloqui folli del grammelot.” Moscheta racconta con originalissima comicità un mondo contadino rozzo e sensuale (dove si parla il dialetto padano), comunque migliore di quello affettato e ingannatore della città, nella quale trionfa la lingua “moscheta” che appartiene ai furbi e agli imbroglioni.
Il linguaggio ora dialettale e ora "moscheto", dello scrittore e attore padovano, in questa nuova messa in scena firmata da Marco Sciaccaluga risulta perfettamente fruibile anche per gli spettatori di oggi, attraverso il discreto e amorevole "adattamento" di Gianfranco De Bosio, cui si deve sin dagli anni Cinquanta la riscoperta di Ruzante sui palcoscenici italiani. La commedia affronta temi e situazioni sessualmente scabrose, disegnando però all’interno di queste, con meravigliosa evidenza comica, comportamenti e psicologie di personaggi indimenticabili: in virtù delle invenzioni drammaturgiche di Angelo Beolco e della vitalità teatrale della sua personalissima scrittura dialettale, che trascende nella creazione artistica sia i modelli tradizionali derivanti da Plauto, sia il semplice gioco farsesco della nascente Commedia dell’Arte. Un travolgente gioco di bravate e di vendette coinvolge i tre uomini nel tentativo di conquistare, ciascuno a modo suo (anche con lo scorrere di denaro), la bella Betìa, la quale comunque non si fa scrupolo di trascorrere in allegria dalle braccia del ruvido Tonin al letto del furbo Menato, riuscendo infine a tenersi a casa anche il marito Ruzante. Ruzante è come i personaggi di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno: è il contadino stupido, ma anche un ladro astuto, è ignorante ma furbo, è ritardato ma scaltro.
È un personaggio fantastico, perché quando sembra furbo è stupido e viceversa. “È veramente sorprendente quanto i personaggi di Moscheta assomiglino agli italiani, di ieri e di oggi – dice il regista Marco Sciaccaluga - Ruzante mette in commedia l’italianità del suo tempo, e anticipa così Age e Scarpelli, Dino Risi e Mario Monicelli, saldando una cesura di quasi quattro secoli che, passata attraverso la grande esperienza goldoniana, ritroverà infine tutta la sua freschezza e genuinità, oltre che la sua salutare cattiveria.” Da martedì’ 4 a domenica 9 dicembre 2012 Teatro Stabile di Genova Tullio Solenghi, Maurizio Lastrico, Barbara Moselli, Enzo Paci MOSCHETA di Ruzante adattamento a cura di Gianfranco De Bosio scena e costumi Guido Fiorato musica Andrea Nicolini luci di Sandro Sussi regia Marco Sciaccaluga Orario spettacoli: dal martedì al sabato: ore 20.45, domenica: ore 15.45. Prezzi biglietti interi: Platea: € 27 + € 3 (diritto di prevendita) € 30, Posto Palco: € 20+ € 2 (diritto di prevendita) € 22, Galleria: € 13,00 + € 2 (diritto di prevendita) € 15