di Nicola Novelli FIRENZE- Non è facile significare quanto sia stato importante il Social Forum Europeo a Firenze nel novembre 2002. Per capirlo bisogna reimmergersi nel clima politico di quegli anni, dopo i fatti di Genova del 2001, l'11 settembre e la tensione internazionale che ne era scaturita. Già a distanza di mesi dall'evento fiorentino si capiva che era in gioco addirittura il diritto di manifestare liberamente in piazza. La polemica che divampò per settimane sulla stampa locale e nazionale è tutta documentata on line.
Come sono indimenticate le paure agitate da Oriana Fallaci e la campagna per la serrata dei commercianti fiorentini. Ma i giorni della Fortezza da Basso arrivarono e tutto si svolse in maniera pacifica, sotto i riflettori dell'informazione mondiale. Con il capolavoro della enorme manifestazione di sabato 9 novembre che è rimasta in maniera indelebile nei cuori dei fiorentini. E non si creda che il successo pacifico dell'evento sia frutto di un miracolo, o di coincidenza. Il merito è dei tanti che si prodigarono per pianificare il programma e garantire il clima sereno in cui si svolse tutto.
Possiamo ricordare per primi l'allora presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, che offrì un forte patrocinio politico agli organizzatori, come l'esemplare gestione della sicurezza garantita dal Prefetto Achille Serra, a cui la città rimarrà sempre grata. Negli anni sono rimbalzate come leggenda le voci di attivisti no global più scalmanati fermati preventivamente e trattenuti in segreto dalla Polizia alla periferia di Firenze. Come si racconta delle Tute Bianche, raccoltesi nel pomeriggio del 9 novembre in via Mannelli per marciare verso i viali di Circonvallazione e scontrarsi con la Celere, dissuase da due operaie-sindacaliste della Menarini.
Ma c'è chi giura che il merito di aver convinto Luca Casarini a non spaccare in due il corteo sia da attribuire a uno degli organizzatori, un giornalista fiorentino munito di motocicletta e lasciapassare, che avrebbe raggiunto con fortunato tempismo i Disobbedienti, evitando il peggio. Anche io seguii la manifestazione del sabato per poi raccontarla su Nove da Firenze (all'epoca i social network e i palmari non esistevano ancora). Ricordo di essere partito da piazza Indipendenza, luogo di raccolta della CGIL, e di aver proseguito in direzione della Fortezza, zigzagando lungo il tracciato del corteo per rendermi conto di quanta gente ci fosse e osservare nelle strade laterali le forze dell'ordine.
Mi muovevo con il pass-stampa che mi consentiva una certa libertà, in una atmosfera piuttosto irreale. Ma con il passare dei minuti, constatando che niente di male succedeva, una sensazione di sollievo, quasi di liberazione, pervadeva me, come ogni partecipante. Con il corteo ormai indirizzato dai viali verso il lungarno fu chiaro che era quasi fatta. Fu allora un susseguirsi di esultanza ogni volta che incrociavo una faccia conosciuta, saluti, grandi sorrisi e abbracci. Ricordo, un uomo arrampicato sul tetto di una edicola, mi pare all'altezza del lungarno del Tempio.
Sventolava una enorme bandiera anarchica e ogni manifestante che transitava sotto di lui lo salutava con un urlo, o un battito di mani. Quando il corteo svoltò da lungarno Colombo, per poi raggiungere Campo di Marte, mi pare in via de Santis, la strada più stretta dell'intero tracciato, gli abitanti dei palazzi erano tutti alle finestre e ai balconi. Salutavano i manifestanti, battevano pentole come tamburi, i più giovani facevano la ola come allo stadio e ci gridavano: “Siete tantissimi, ce l'abbiamo fatta!”.
Con le lacrime agli occhi, tirai un sospiro di sollievo: stavo vivendo una giornata straordinaria per Firenze, una pagina politica da non dimenticare per l'intero paese.