«La Regione Toscana si era assunta impegni precisi in ordine alla stabilizzazione dei medici del 118, che invece a quanto si apprende dalla bozza di riordino della sanità toscana che circola in Consiglio rimarranno nella loro condizione di precarietà. Così come non si evince una chiara valutazione sull’importanza dei pronto soccorso soprattutto nei territori periferici della regione. Insomma, oggi la Commissione sanità ha manifestato la volontà di confrontarsi su dati più puntuali e di declinare le enunciazioni di principio in ipotesi di applicazione concreta.
Inoltre: è mai possibile che sui media, fra gli addetti ai lavori, ovunque, meno che nel piano di riforma della giunta sin qui presentato si parli sistematicamente della necessità di una riforma della governance? Dobbiamo rassegnarci al fatto che la sanità toscana continuerà a passare da 12 aziende sanitarie, 3 aziende ospedaliere, Meyer, 3 Estav, Ispo, Fondazione Monasterio, Società della Salute?» Così il il Vicepresidente della Commissione sanità Stefano Mugnai (Pdl) su quanto asserito oggi dell’assessore al diritto alla salute Luigi Marroni in Commissione IV. «Da mesi – osserva Mugnai – si leggono sulla stampa proclami di riforma del 118 a cui poi nessuno da più seguito nei fatti.
Invece gli impegni assunti nel tempo da parte dalla Regione, come quello sui medici di guardia e del 118 stesso, vengono disattesi. E, in tutto questo, rimane l’ombra fosca della volontà, palesata nei mesi scorsi da parte della giunta regionale, di chiudere i pronto soccorso degli ospedali più piccoli. Esiste ancora questo sciagurato proposito? O si è proceduto al ripensamento che serviva? Non si sa». Quello che invece si sa è che i toscani avranno un duro impatto con la realtà sanitaria fin dal grembo materno.
La scure della giunta regionale si abbatterà infatti sui punti nascita: «Il piano prospettatoci da Marroni contiene la volontà di concentrare i parti, circa 35mila ogni anno in Toscana, in strutture dove si effettuano almeno 500 parti l’anno, asticella che salirà a 1000/anno dal 2014. Si parla di eccezioni sulla base della collocazione geografica, in particolare per i territori insulari. Si intuisce che si stia parlando dell’ospedale di Portoferraio sull’isola d’Elba, ma per il resto nessuno indica quali siano le eccezioni previste o quali territori, invece, dovranno prepararsi a perdere il loro punto nascita». La giunta regionale ha portato in Commissione un piano che taglia i servizi ma non le poltrone?.
Sarebbe tutto il contrario di ciò che il Pdl storicamente auspica: «Per conciliare risparmio e mantenimento degli standard qualitativi – spiega Mugnai – la chiave di volta sta nella riduzione degli apparati, nel drastico ridimensionamento del ruolo della politica all’interno della sanità e nella ricollocazione del paziente al centro del sistema attraverso i nove punti che già nel giugno scorso abbiamo sottoposto prima al Consiglio regionale e poi, su precisa richiesta della maggioranza, alla Commissione Sanità: revisione del numero delle Aziende sanitarie, con conseguente recupero di risorse che così, sottratte all’apparato, potrebbero essere destinate al potenziamento dei servizi; superamento della fallimentare esperienza delle Società della Salute; accorpamento degli Estav da tre a uno come il Consiglio regionale, all’unanimità, aveva già disposto approvando oltre un anno fa una nostra mozione mai attuata; definizione puntuale della rete ospedaliera, ma anche di ruoli e funzioni tra Aziende ospedaliere e territoriali, così da evitare inutili sovrapposizioni e sprechi; ripensamento del modello per intensità creando un necessario equilibro con i servizi da erogare sul territorio; garanzia del diritto all’assistenza dei non autosufficienti; maggiore integrazione e pari dignità tra pubblico e privato accreditato con garanzia della libertà di scelta per i cittadini; valorizzazione del rapporto con il volontariato».