“Dal 1997 ad oggi la Regione Toscana non è stata capace non solo di trovare soluzioni adeguate allo smaltimento dell’amianto, ma nemmeno di fare una mappatura puntuale degli edifici a rischio”. La denuncia arriva dai consiglieri regionali Dario Locci e Marina Staccioli (Gruppo Misto), autori di un’interrogazione in materia. “L’ultimo piano regionale relativo all’amianto – attaccano i consiglieri – risale agli anni ’90. Possibile che 15 anni dopo ci si senta dire che per eseguire una mappatura precisa ci sarebbe stato bisogno di più soldi da parte dello Stato? Basta giocare a scaricare la responsabilità.
La verità è che ad oggi molti degli obiettivi prefissi dal famoso piano datato 1997 non sono stati raggiunti”. Qualche esempio? “C’è ancora da lavorare – si legge nella risposta scritta all’interrogazione – sul censimento delle attività che utilizzavano amianto, sull’armonizzazione dei piani di smaltimento, sul censimento degli edifici con amianto friabile”. “In sostanza - continuano Locci e Staccioli – niente di fatto. Addirittura abbiamo dovuto aspettare aprile 2012 per aprire un tavolo con lo scopo di ‘valutare l’opportunità’ di aggiornare il piano del 1997”.
Un altro tasto dolente è quello dei costi della bonifica. “Lo stesso tavolo sta programmando l’impiego di fondi FAS per promuovere la rimozione dell’amianto dai tetti (due bandi da 5 e 9 milioni di euro l’uno). Ma nel frattempo – proseguono i consiglieri - è tutto affidato al buon senso delle amministrazioni locali o dei privati cittadini”. “Non solo, in 15 anni – dicono Locci e Staccioli - la Regione non è riuscita neanche a dotarsi di uno specifico sistema di smaltimento: eternit e amianto finiscono per la quasi totalità fuori regione o addirittura oltre i confini italiani.
Alimentando costi e rischi dell’intera operazione”. “A trovare una soluzione sul territorio, secondo gli assessori regionali, avrebbero dovuto pensarci le province. Ma a chi spettava controllare? A venti anni esatti dalla messa al bando dell’amianto – concludono - in Toscana siamo ancora all’anno zero”. Non tutti però stanno a guardare. c'è chi anche si è messo in moto per rimuovere il pericoloso materiale. Infatti, presso il sito produttivo RCR di Colle di Val d’Elsa ha inizio quella che risulta essere, secondo la banca dati di Legambiente, la più grande e complessa operazione di bonifica da eternit dell’Italia centrale.Come la dirigenza dell’azienda valdelsana ha annunciato già da tempo, la complicata e costosa opera di smaltimento è un’operazione che sarà realizzata nell’ambito del programma nazionale denominato “Eternit Free”. Per i problemi connessi con l’operatività a ciclo continuo di RCR, e per la dimensione dell’opera, questa sarà divisa in diversi lotti che, al massimo entro tre anni, porteranno ad una progressiva bonifica del sito.
Del progetto beneficerà l’ambiente interno ed esterno alla fabbrica, con indubbi vantaggi per gli addetti e per la salvaguardia dell’ambiente circostante. Per ciascun lotto, comprendente un’estensione di tetti pari a circa un ettaro, è prevista ove possibile la sostituzione delle vecchie coperture con pannelli fotovoltaici. Un programma assolutamente ecosostenibile, anche se l’energia generata dai pannelli solari non potrà essere utilizzata da RCR per alimentare i suoi forni, in quanto fonte discontinua non adatta per la produzione a ciclo continuo. L’operazione si inserisce all’interno di un percorso di rinnovamento che RCR è determinata a compiere, con l’obiettivo di vincere la sfida dell’attuale congiuntura economica, consolidando in modo sempre più importante il legame e la sintonia con il territorio. RCR Cristalleria Italiana ringrazia gli enti e tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto, in particolare la banca Monte dei Paschi di Siena.