Da Confindustria Grosseto un appello alle Banche: "basta con gli aumenti dei costi a carico delle imprese" Una nuova ondata di aumenti sulle commissioni di massimo affidamento accordato sta colpendo le aziende maremmane, si legge nella nota della Confindustria. “Si tratta di un meccanismo dannoso – osserva Antonio Capone, direttore di Confindustria Grosseto – che rischia di aggravare la situazione già difficile che l’economia sta vivendo. E’ necessario che si cerchino soluzioni diverse, in cui i costi affrontati dalle Banche non vengano trasferiti alle imprese”. “La situazione di crisi che ci troviamo ad affrontare e che ancora non vede la sua risoluzione definitiva – osserva Antonio Capone, direttore di Confindustria Grosseto – richiede che tutte le parti in gioco adottino le soluzioni migliori per il sostegno dello sviluppo e della crescita, senza i quali non ci sono possibilità di superare l’attuale situazione.
Rileviamo da un sempre maggior numero di Aziende informative circa un’ondata di aumenti unilaterali applicati da alcuni Istituti di credito alle condizioni delle Commissioni di massimo affidamento accordato (Comac). Aumenti che le aziende hanno potuto constatare soltanto adesso, ricevendo gli estratti trimestrali. Comprendiamo bene che anche le Banche, in quanto imprese, si trovano ad affrontare anch’esse problematiche legate alla congiuntura economica mondiale, ma riteniamo che non sia ammissibile che i costi, ancora una volta, vengano fatti gravare sull’utente finale. E’ necessario che siano rivisti i meccanismi generali, ma intanto serve che si agisca con lungimiranza, cercando di tenere presenti gli effetti a catena che gli aumenti possono provocare. Sappiamo che l’accesso al credito è uno dei nodi cruciali da risolvere, perché investimenti portano crescita e sviluppo, e soltanto dalla crescita può arrivare la ripresa, come ormai sempre più chiaramente si sta riconoscendo, a livello nazionale, europeo e mondiale.
Intanto, mentre ci auguriamo che i Governi trovino una strategia capace di attuare riforme strutturali, le conseguenze, a livello umano, sono visibili a tutti. Questi aumenti stanno colpendo tutte le imprese, anche le più virtuose, e su tutte possono avere effetti gravi, a maggior ragione su quelle in difficoltà. Aumenti che paiono concentrarsi proprio su quegli Istituti cui l’Eba (European Banking Authority) ha chiesto, entro il 30 giugno prossimo, di rispettare il rapporto tra il patrimonio netto e il totale impieghi, affinché sia maggiore o uguale al 9 per cento, banche che invece di chiedere ai propri azionisti di sottoscrivere un aumento di capitale hanno scelto la strada di ricorrere al ‘solito bancomat’, cioè agli affidamenti bancari già concessi alle imprese.
Una scelta inaccettabile. Per questo, stiamo valutando, come Confindustria, la possibilità di un’azione collettiva nei confronti degli Istituti di credito, per far sì che si prenda atto della situazione di fatto e si cerchino soluzioni diverse e non, come sempre più spesso sta avvenendo, penalizzanti soprattutto per le imprese. Da una valutazione del nostro ufficio studi, la Comac è, mediamente, quattro volte più alta di quanto non fosse la commissione di massimo scoperto. L’imprenditore – conclude Capone – è un cittadino come gli altri, sul quale non si può e non si deve caricare la soluzione dei tanti problemi che affliggono il nostro Paese.
Ricordiamo che la Comac nasce da una decisione del legislatore in ottemperanza alle indicazioni europee circa l’illegittimità della vecchia commissione sul massimo scoperto, alla quale il legislatore ha risposto di fatto dando la possibilità agli Istituti bancari di applicare un nuovo balzello (appunto, la Comac) che nelle percentuali cui è applicata oggi alle imprese rappresenta un peggioramento significativo delle condizioni cui le stesse sono sottoposte. Da un lato il legislatore e dall’altro il comportamento delle banche rischiano di diventare una morsa letale per le imprese.
Piccole e medie imprese che, lo ricordiamo, sono la locomotiva dell’economia. Senza impresa, non può esserci ripresa”.