Dopo aver letto l'editoriale "Strage di Firenze: l'estrema destra non fa autocritica" il responsabile di CasaPound Italia di Firenze, Saverio Di Giulio, replica alle parole apparse sul nostro quotidiano. "Direttore, Lei evidenzia che CasaPound non avrebbe avviato “un reale percorso di revisione politica, un moto autocritico-emotivo che metta in discussione le basi culturali condivise con l’autore dell’eccidio”.
Ebbene, a parte il fatto che un’eventuale riflessione dovrebbe rimanere all’interno dell’organizzazione altrimenti sarebbe solo un’operazione di facciata per dare una mano di vernice all’immagine pubblica, mi chiedo il perché dovremmo avviare tale percorso. CasaPound non ha mai fatto propaganda razzista e xenofoba, anzi, si è sempre impegnata nel sociale collaborando con organizzazioni che portano aiuti in Kenya, in Kosovo e al popolo Karen. E non lo fa a distanza, ma spedendo propri militanti a dare una mano in quei territori, rischiando pure la vita sotto le bombe sganciate sui civili Karen dagli eserciti birmani e thailandesi.
Il programma di CasaPound è sotto gli occhi di tutti: non siamo razzisti e non siamo xenofobi quindi non abbiamo mai condiviso e mai condivideremo le basi culturali che hanno portato Casseri ad un gesto così tragico ed efferato. Il sito del quale lei è Direttore ha pubblicato una ventina di notizie sulla nostra attività a Firenze. Ci siamo mai messi in evidenza per bieche battaglie xenofobe? Traffico, tutela degli animali, difesa dei monumenti, sperperi pubblici, emergenza abitativa, queste sono le nostre battaglie.
Le battaglie, più o meno velate, contro il “diverso” le lasciamo a partiti ed organizzazioni dai quali CPI ha preso le distanze fin dalla sua fondazione. Peraltro CasaPound mai ha negato che Casseri fosse un suo simpatizzante anzi, a poche ore dalla tragedia siamo stati noi per primi ad evidenziare come l’assassino fosse un saltuario frequentatore della sede a Pistoia, ma proprio in quel frangente ed ora con ancor più forza lo ribadiamo adesso: il killer di piazza Dalmazia non era un militante di CasaPound.
Ha frequentato la sede pistoiese in alcune occasioni, ha partecipato a due, e ripeto due, manifestazioni di CPI così come altre decine di simpatizzanti e sostenitori e poi basta. E lasci perdere l’”orgoglio cameratesco”, qui non c’è da essere orgogliosi o protettivi nei confronti di qualcuno e certe pseudo-frecciate rischiano solo di qualificare in modo pessimo l’estensore dell’articolo e niente più. Su cosa dovremmo riflettere? Sul fatto che una persona taciturna, che nelle poche volte che lo abbiamo visto faceva fatica a scambiare anche frasi di circostanza, fosse in realtà una persona psichicamente fragile che covava un odio feroce ed insensato verso persone che lui riteneva diverse? Lei crede che il Casseri entrasse in sede di CP Pistoia predicando carneficine di senegalesi e brandendo il suo revolver ingrassato e lucidato? Mi auguro, caro Direttore, che non lo pensi davvero perché insulterebbe pesantemente la sua intelligenza.
Quale sarebbe, allora, la nostra responsabilità? Quella di non esserci accorti, nelle sporadiche occasioni in cui l’abbiamo visto, che in una persona taciturna e schiva si nascondesse un serial killer xenofobo? Quindi ragionando per estensione logica si dovrebbero incolpare anche i vertici del Partito Democratico romano di non essersi accorti della doppia personalità di Luca Bianchini, ragioniere e Segretario di un circolo cittadino del PD di giorno e stupratore seriale di notte? Cerchiamo, caro Direttore, di guardare le cose con obiettività.
Buona parte dei commenti che hanno riguardato CasaPound nell’ultima settimana sono stati un condensato di ignoranza nel senso etimologico del termine, di pre-giudizi e di mera strumentalizzazione politica: in pratica proprio quegli elementi che da molte parti di sostiene essere alla base di qualsiasi discriminazione. Discriminazione razziale, etnica, religiosa e politica. Abbiamo chiesto un incontro con il sindaco Renzi e, soprattutto, con la comunità senegalese. Un incontro per portare le nostre condoglianze alla comunità e per farci conoscere per quello che siamo realmente, ma non certo per scusarci di qualcosa che non solo non abbiamo commesso ma per il quale non ci sentiamo neppure responsabili moralmente visto che in CasaPound, e ci tengo a ribadirlo, non albergano sentimenti di odio razzista o xenofobo.
Per adesso siamo ancora in attesa di una risposta a tale richiesta di incontro. Se poi le persone vorranno continuare a giudicare CasaPound sulla base di sentito dire, luoghi comuni e stereotipi facciano pure, ma allora ha ragione lei al termine del suo articolo: sarà bene che prima o poi tutti riflettano profondamente, ma su se stessi ben prima che sugli altri".