“Le Regioni possono diventare le migliori alleate dell’Europa e del suo parlamento”. Così il presidente Enrico Rossi si è espresso nel corso dell’ intervento introduttivo al seminario “Europa-Regioni: una politica di coesione contro la crisi”, organizzato oggi a Palazzo Strozzi Sacrati con la presenza di Martin Schulz, presidente del gruppo Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici al Parlamento europeo e candidato alla sua presidenza.
“Abbiamo davanti a noi – ha affermato Enrico Rossi – i danni prodotti dall’ideologia liberista che ha dominato negli ultimi vent’anni: deindustrializzazione, prevalenza delle atipicità finanziarie, aumento delle diseguaglianze, precarietà del lavoro, aumento della disoccupazione, crisi della stessa democrazia. La domanda che ci poniamo è questa: riuscirà l’Europa a mantenere il suo stile di vita, la coesione sociale, i diritti e a costruire una economia reale per dare risposte al futuro delle nuove generazioni? Sopravviverà alla globalizzazione e agli attacchi della speculazione finanziaria?“ “A guardare i risultati dell’ultimo consiglio europeo la domanda resta: si fa qualche passo avanti ma in ritardo, con eccessiva timidezza e con tempi inadeguati.
Tutto finora ruota intorno al pur necessario controllo di bilancio, mentre è in corso uno straordinario spostamento della ricchezza dal lavoro, dallo stato sociale, dall’impresa alla speculazione finanziaria internazionale. L’Europa, che è ancora la più importante potenzia economica e commerciale, è umiliata e in affanno a causa della sua inadeguatezza politica, ma anche a causa dell’egemonia di una cultura liberista dalla quale non riesce ad uscire”. “Fermare la speculazione finanziaria e controllare i debiti pubblici evitando che i sacrifici vadano a finire nella fornace di nuovi attacchi speculativi è un obiettivo politico indispensabile.
Ma non basta. Per mantenere il modello sociale europeo, per non regredire come è già anche troppo accaduto in questi anni occorre la crescita. L’Europa 2020 prova a dare una risposta a questo interrogativo di fondo Essa indica l’obiettivo di una crescita intelligente, basata su innovazione e conoscenza, una crescita sostenibile, al tempo stesso più verde e più competitiva, una crescita inclusiva e quindi equa che produca più coesione sociale e più occupazione”. “Altrettanto condivisibili sono i cinque obiettivi: il 3% privato e pubblico del Pil per investimenti sulla ricerca; la riduzione delle emissioni inquinanti del 20% e l’aumento del risparmio e delle energie rinnovabili per il 20%; la riduzione del 10% dell’abbandono scolastico e almeno il 40% di titoli di studi universitari per i giovani; l’emancipazione di 20 milioni di persone dalla condizione di povertà.
Questa è l’Europa che ci piace”. “Ma riusciremo a costruirla da qui al 2020 o tutto resterà un libro dei sogni, come in parte è accaduto per la strategia di Lisbona 2000-2010? Intanto bisogna purtroppo rilevare una contraddizione: mentre i vincoli di bilancio sono leggi, sono condizioni per restare in Europa e per ottenere i fondi strutturali, gli obiettivi di Europa 2020 sono soltanto eccellenti consigli per gli stati, che si possono adottare, realizzare in tutto, in parte, o se ne può fare tranquillamente a meno.
E’ una contraddizione micidiale, che finirà per ridurre il ruolo dell’Europa nel mondo, distruggendone l’identità e la coesione sociale, o peggio ancora presenterà ai popoli europei non una Europa della speranza, ma una Europa come incubo, come tagli, come vincoli per ridurre lo stato sociale. Non crescerà tra i popoli europei l’ideale dell’Europa unita se la politica non risolverà questa contraddizione”. “Occorrono istituzioni europee più forti, perchè solo nella dimensione europea si possono dare le giuste risposte.
E occorre il coraggio di attuare politiche di investimento maggiori rispetto a quelle già previste, per realizzare gli obiettivi di Europa 2020. Finora si è parlato di eurobond soprattutto per finanziare i bilanci degli stati, ma gli eurobond potrebbero essere anche lo strumento per una politica che abbia al centro il lavoro, ristabilendo l’obiettivo dimenticato della piena occupazione. L’Europa a bisogno di grandi investimenti in infrastrutture, di medio e lungo periodo, ma anche di investimenti con effetti più ravvicinati in termini di occupazione e crescita nei settori della formazione, ricerca, ambiente, tecnologie avanzate, cultura, assistenza sociale.
Settori questi ad alto contenuto occupazionale e per i quali esiste una domanda di qualità già sviluppata e forte nella struttura economica e sociale europea. Le risposte a questa domanda di crescita interna sono a mio parere una condizione per lo sviluppo dell’Europa. Un’Europa più forte e più coesa al suo interno può essere anche più competitiva nel mondo globale”. “In ogni caso, da uomini delle istituzioni che hanno il dovere di prospettare scenari futuri ma anche quello di amministrare con coerenza e ricavare il massimo delle opportunità offerte, voglio subito dire che già ora, per quanto con risorse limitate, le politiche strutturali europee sono state e sono per la mia regione le uniche vere politiche si investimento e di sviluppo di qualità.
Dalla tramvia di Firenze al laser contro i tumori, dalla bonifica di siti inquinati alla cassa integrazione in deroga, dai tirocini per i giovani agli asili nido, dall’imprenditoria femminile al sostegno ai giovani agricoltori, dallo sviluppo dei centri di ricerca ai rapporti con le multinazionali e ai finanziamenti per il credito alla piccola impresa e agli artigiani. Questo e altra ancora hanno significato per la toscana i fondi strutturali di coesione”. “Dal 2007 al 2013 i fondi hanno messo in campo 3 miliardi e 300 milioni per avviare una azione combinata su competitività del sistema produttivo e dell’agricoltura, capitale umano e coesione sociale, ambiente e cooperazione internazionale.
Con l1% del Pil dell’Europa posso tranquillamente affermare che si sono realizzate la gran parte delle politiche attive di questa regione, come delle altre”. “Ecco perchè la prima cosa che chiediamo è la valorizzazione delle Regioni nella formazione dei nuovi regolamenti e degli strumenti attuativi del programma 2014-2020. Le Regioni possono diventare le migliori alleate dell’Europa e del Parlamento Europeo, anche con lo scopo di avvicinare l’Europa ai territori e ai cittadini, di diffondere lo spirito di solidarietà e ad attenuare gli egoismi degli stati nazionali.
Per questo abbiamo l’obiettivo di accelerare per la Regione Toscana l’utilizzo dei nuovi fondi. E’ nostra intenzione selezionare un numero di obiettivi strategici, coerente con la strategia Europa 2020, su cui concentrare le risorse disponibili. E a questo proposito noi riteniamo necessaria la coerenza negli obiettivi tra i fondi strutturali e quelli gestiti dalla Commissione”. “Abbiamo l’ambizione, sulla base delle nostre esperienze e dei successi ottenuti e riconosciuti dalle autorità europee, di traguardare l’obiettivo di adottare al più tardi nel gennaio 2014 le strategie e i bandi per l’utilizzo dei nuovi fondi, e in questo modo rappresentare una esperienza positiva nel quadro italiano ed europeo.
Come vedrà, signor presidente, anche dagli interventi che seguiranno l’impegno della Toscana è massimo. Ma mi permetto di ribadire che questo non basta se non si cambia il quadro politico entro il quale l’Europa si gioca il suo futuro, se non si risolvono le contraddizioni a cui facevo riferimento all’inizio”. “Noi conosciamo quello che lei pensa, le sue idee e la sua sensibilità. E confidiamo nella sua determinazione e professionalità politica per far compiere passi in avanti al progetto di una Europa unita, più sociale e più competitiva.
Come governo regionale della Toscana ci impegniamo in tutte le sedi su questi obiettivi e fin d’ora le diciamo che potrà contare su di noi. Vorrei presentare con la voce dei soggetti interessati, comuni, imprenditori, istituzioni sociali, una breve rassegna di quanto in questa regione si è potuto fare con i fondi europei. Colpisce come siano stati tradotti in investimenti ad elevatissimo rendimento e non si può fare a meno di pensare cosa potrebbe di nuovo accadere se l’Europa scegliesse con più decisione non solo la strada del rigore dei bilanci ma anche quella dell’investimento sul proprio futuro”.