Firmato oggi il protocollo di intesa per la tutela e la valorizzazione delle strutture di epoca etrusca e romana rinvenute a Ponterotto, nel Comune di San Casciano, attraverso un progetto di ricollocazione, restauro dei reperti e allestimento dell’area archeologica. “Mi sembra che ora ci siano tutte le condizioni per andare avanti. Conciliare la tutela dei beni culturali e paesaggistici con la necessità dello sviluppo è sempre più difficile, ma è la nostra scommessa. Sono convinto che, se venissero a mancare il mantenimento e lo sviluppo del nostro apparato produttivo, si aprirebbe il campo ad una minaccia assai maggiore nei confronti del paesaggio, dei beni culturali e delle caratteristiche distintive della nostra Regione.
Una minaccia fatta di spinte speculative finalizzate alla rendita e di ipersfruttamento delle bellezze che abbiamo e che invece dobbiamo preservare per il futuro”. Così si è espresso il presidente Enrico Rossi commentando la firma del protocollo Laika. “La Regione – ha proseguito – non si occupa di tutela ma di valorizzazione dei beni culturali. In più ci siamo impegnati per dare certezza a una impresa e a tanti lavoratori. Ci sono state discussioni e alla fine una assunzione di responsabilità.
Abbiamo gli occhi addosso – ha concluso il presidente Rossi – ma così la Toscana si sta facendo un buon nome a livello nazionale e internazionale”. Lo stesso amministratore delegato della Laika Jan Gerrit De Haas ha ricordato l’impegno dell’azienda per il progetto dell’area archeologica (400 mila euro) e per lo stabilimento, che dà lavoro a 249 persone, più l’indotto (800 lavoratori). Laika (che opera in Toscana da 47 anni) ha previsto un investimento complessivo di 30 milioni, per trasformare lo stabilimento nella più moderna azienda del settore.
6,8 milioni sono stati già impegnati, 3,5 di questi per l’acquisto del terreno a prezzo industriale. Questa destinazione sarà mantenuta per 40 anni. Tutti gli altri firmatari, Maddalena Ragni del Ministero per i beni culturali, Maria Rosa Barbera della Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana e il sindaco di San Casciano Massimiliano Pescini, si sono detti soddisfatti della bontà del progetto e della soluzione “di equilibrio” trovata grazie al confronto tra gli enti, ispirato alla ricerca dell’interesse pubblico.
Una soluzione, si è detto, che può salvare il passato ma anche il futuro. "Nel caso Laika, a partire dal 2002, un terreno a destinazione agricola è stato trasformato in industriale a favore della multinazionale di caravans Hymer mediante una discutibile variante urbanistica. Durante i lavori sono venuti alla luce importanti resti di insediamenti etruschi e romani e di fronte alla richiesta delle associazioni ambientaliste di fermare i lavori tutelando l’area archeologica, un coro di sindaci, di amministratori (con qualche lodevole eccezione) e i sindacati dei lavoratori hanno opposto le ragioni del lavoro e dell’emergenza occupazionale" così ricordano i Cittadini dell'Area fiorentina. "Il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, in nome del lavoro e degli investimenti, si è schierato col coro permettendo che l’Assessore all’urbanistica e al territorio Anna Marson venisse insolentita.
Il caso Laika è senza dubbio un esempio di spreco territoriale - continuano - portato avanti da industriali poco scrupolosi e dai benpensanti dello “sviluppismo” ma è anche la dimostrazione della modestia culturale di certa imprenditoria e della commistione pubblico-privato che caratterizza la condotta di molti amministratori toscani. Nel corso della polemica si è cercato cinicamente di opporre sviluppo contro difesa dell’ambiente, occupazione contro bene comune, ma in realtà si tratta d’altro.
Come hanno ricordato congiuntamente Italia Nostra, Legambiente, WWF e Rete dei comitati per la difesa del territorio in una lettera inviata al Presidente Rossi e ai lavoratori della Laika, la Hymer, che avrebbe potuto ampliare i propri stabilimenti in zone industriali vicine, ha preferito occupare nuovo suolo per una superficie più che doppia di quella attualmente in produzione. L’ azienda non ha mai mostrato fretta di investire, preferendo la strada di trattative lunghe e poco trasparenti. Non ha dato garanzie di voler seguire la via del rilancio produttivo, e c’è il sospetto che voglia puntare sull’investimento immobiliare.
Inoltre il Comune dovrà pure sobbarcarsi parte della spesa per lo smantellamento e la ricollocazione su una collinetta vicina del sito archeologico (un ridicolo rimedio al danno prodotto, subito soprannominato archeopatacca)". "Il depotenziamento sistematico delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi fanno il resto nella demolizione di ogni tutela a favore dello sviluppo. Bene fa allora l’assessore Marson - concludono i Comitati - ad insistere, come ha fatto nel recente Convegno su - La qualità del paesaggio come fattore di attrattività per il territorio -, sulla necessità di ridefinire norme e regole più chiare e meno “stiracchiabili” in materia di pianificazione territoriale a scala regionale.
Veramente inqualificabili ci sembrano invece gli attacchi che ha dovuto subire e pertanto desideriamo esprimerle tutto il nostro appoggio e la nostra stima per la sua azione in difesa del paesaggio e del territorio della Toscana". La vicenda Nel 2004 il Comune di S.Casciano ha approvato una variante del Piano regolatore che consentiva a Laika l’utilizzo di un terreno di sua proprietà ai fini della realizzazione del suo nuovo stabilimento. La nuova struttura nasce su terreni acquistati a prezzo industriale e vincolati a questo uso per 40 anni.
Dopo la conclusione dell’iter autorizzativo, nel corso dei lavori, in diversi periodi del 2010, sono state rinvenute testimonianze archeologiche riferite ad epoche distinte, in particolare etrusca e romana. Fra gli altri, si sono identificati due siti di significativo interesse, ubicati lungo la pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: i resti di un edificio residenziale di età etrusco-ellenistica e della pars rustica di una villa romana di prima e media età imperiale (IV-III sec.
a.C.). Il mantenimento in situ di tali testimonianze è risultato da subito incompatibile con le opere da realizzare e per questo motivo è stata richiesta subito l’autorizzazione alla rimozione. La Soprintendenza ha espresso parere favorevole in quanto è stato ritenuto che l’intervento di rimozione e di ricollocazione garantisse la conservazione dei beni rinvenuti permettendone la loro fruizione e valorizzazione. L’autorizzazione definitiva alla rimozione è arrivata dalla Direzione generale del ministero nel 2011.