Firenze – Ieri la giunta toscana ha dato il via libera ad un protocollo di intesa che sarà firmato nelle prossime settimane con le associazioni degli enti locali, Unioncamere Toscana e sistema bancario per assicurare liquidità alle imprese creditrici della pubblica amministrazione. L’assessore al bilancio Riccardo Nencini ha portato la buona notizia all’assemblea dei comuni toscani dell’Anci, riuniti oggi a Palazzo Vecchio a Firenze. Il problema è noto. Comuni ed enti locali hanno in cassa le risorse per fare investimenti ed aprire cantieri, ma sono costretti a rinviare gli interventi di mesi, a volte, per rispettare il patto di stabilità imposto dal governo, di anno in anno più aspro.
Ma ci sono anche situazioni più paradossali: di imprese che hanno ultimato opere pubbliche e non possono essere pagate da Comuni e enti locali, che i soldi in cassa sempre ce li hanno ma hanno già esaurito a giugno o settembre il plafond a disposizione e si trovano nella situazione di dover rinviare tutti i pagamenti all’inizio dell’anno prossimo. “Un corto circuito – annota l’assessore – che, oltre a ritardi nei lavori, crea evidenti danni all’economia e alle aziende, in difficoltà nel pagare fornitori e lavoratori.
Da qui l’accordo con le banche che abbiamo portato in giunta ieri per aiutare le aziende creditrici a farsi anticipare quanto dovuto: più velocemente e con procedure più snelle, ma soprattutto con costi e tassi di interesse decisamente più favorevoli”. Le imprese già oggi potevano cedere ad istituti bancari i crediti che vantano verso la pubblica amministrazione, ma rischiano di spuntare tassi di interesse abbastanza alti. Qualche Comune si è mosso singolarmente per raggiungere un accordo con qualche banca: facile per i grandi Comuni, di meno per i più piccoli La Regione ha così deciso di firmare un’intesa con l’intero sistema bancario e codificare le reciproche relazioni.
Il vantaggio è duplice: procedure più snelle ma anche tassi di interesse più bassi. L’anticipo costerà infatti alle imprese, per tre mesi, tra lo 0,6 e l’1,2 per cento di interessi, ovvero, a seconda degli istituti, uno spread tra l’1 e il 3 per cento annui oltre il tasso Euribor di riferimento.