Entro il 2020 l’Italia diverrà il quarto produttore in Europa di gas serra legati ai biocarburanti con una produzione di emissioni che potrà variare dai 2,6 ai 5,2 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. E’ questo lo scenario che si profila nel nostro Paese se non si garantiranno norme per biocarburanti sostenibili e a basse emissioni. A lanciare l’allarme nel corso di Terra Futura a Firenze sono stati Legambiente e Chimica Verde che durante il convegno “Lo sviluppo dei biocarburanti e il consumo di suolo agricolo” hanno chiesto al Governo italiano di attivare una politica sostenibile sui biocarburanti e all’Unione europea di tener conto nella sua legislazione del cambio indiretto d’uso del suolo L’evento è stato anche l’occasione per presentare un video esplicativo sui biocarburanti e sul cambio indiretto d’uso di suolo realizzato da una coalizione europea per la sostenibilità dei biocarburanti formata da Transport & Environment, Birdlife International, European Environmental Bureau, Client Earth e Friends of the Earth Europe insieme a Legambiente e disponibile su www.youtube.com. Entro il 2020, i biocarburanti in Europa dovranno rappresentare il 9.5% dei combustibili usati nei trasporti e se non si adottano altre strategie secondo uno studio dello IEEP (Institute for European Environmental Policy) il 92% deriverà da terreni prima destinati alla produzione di cibo, generando quello che viene chiamato un cambio indiretto d’uso del suolo (ILUC).
Questo si verifica quando si producono colture per biocarburanti laddove prima si coltivavano prodotti agricoli destinati all’alimentazione, provocando danni ingenti all’ambiente e agli ecosistemi, poiché il cibo precedentemente generato da quelle terre dovrà essere prodotto altrove. Tale fenomeno in Europa potrebbe portare, quindi, a una riconversione di terreni pari a 69,000 chilometri quadrati, ovvero circa due volte la superficie del Belgio e il 20% dell’Italia. Ma per trovare una quantità così vasta di terre, si dovrebbe per forza procedere alla deforestazione di ampie aree in altre parti del mondo.
Se non si terrà conto del cambio indiretto d’uso del suolo, dunque, i biocarburanti emetteranno ogni anno dai 27 ai 56 milioni di tonnellate di CO2 in più rispetto agli attuali combustibili fossili. Le direttive comunitarie ad oggi stabiliscono che, per essere considerati sostenibili, i biocarburanti nel loro ciclo di vita devono dimostrare una riduzione delle emissioni di gas serra del 35% rispetto ai combustibili fossili. Nel 2017, la riduzione di emissioni dovrà corrispondere al 50%, ma se il cambio indiretto d’uso del suolo non verrà tenuto in considerazione, non solo non si otterrà questa riduzione, ma i biocarburanti saranno dall’81 al 167% più inquinanti dei combustibili fossili di cui prenderanno il posto.
Per questa ragione, secondo Legambiente e Chimica Verde è fondamentale una legislazione europea che assegni a ogni coltura per biocarburante un valore specifico di emissioni di gas serra tenendo conto del Cambio indiretto d’uso del suolo. E’ importante infatti promuovere la produzione di biocarburanti sostenibili che non stravolgano la produzione di cibo, favorendo invece quei biocarburanti prodotti da terre non utilizzate in precedenza o da materiali di scarto o ancora dalla rotazione delle colture.
“Se il governo italiano e l’Unione Europea non affronteranno correttamente il problema dell’uso del suolo per produrre cibo e produrre energia rischiano di vanificare la lotta all’effetto serra e di creare ulteriori danni agli ecosistemi – ha spiegato Beppe Croce, responsabile non-food per Legambiente -. La produzione di biocarburanti sostenibili è possibile e doverosa per uscire dalla dipendenza dalle fonti fossili, ma solo se il cambio d’uso indiretto del suolo verrà tenuto in conto nelle direttive UE”.
Questo vuol dire che in termini di cambio indiretto d’uso del suolo potrebbe essere responsabile per una superficie variabile dai 395 ai 651 mila ettari di terra, una quantità pari quasi all’estensione di Valle d’Aosta e Molise messe insieme. “Per i biocarburanti – ha aggiunto Luca Lazzeri, presidente di Chimica Verde – dobbiamo puntare su filiere corte, prodotti di scarto e su tutte le colture che non richiedano la conversione di terre, utilizzando per esempio i terreni marginali che comunque non sono coltivati.
Dobbiamo inoltre sfruttare la rotazione fra colture di cibo e colture per biocarburanti, perché alternando le une alle altre si arricchisce il terreno e non si ha una perdita di produzione alimentare”.