Ci sono i patchwork realizzati dai detenuti della sartoria del carcere di Volterra, la pelletteria e gli specchi dei ragazzi del Minorile ‘Meucci’ di Firenze, le magliette ed i gadget del progetto ‘Gattabuia’ della Casa circondariale di Livorno. Lo stand con i prodotti artigianali usciti da alcuni istituti di pena toscani è per il quarto anno consecutivo alla Mostra dell’Artigianato, alla Fortezza da Basso di Firenze. L’iniziativa, promossa e organizzata dal Gruppo Consiliare “Federazione della Sinistra – Verdi” col patrocinio dell’assessorato regionale al welfare e la collaborazione dell’Associazione Diritti e Società Onlus, è stata presentata stamattina nello stand allestito alla Mostra.
Sono intervenuti l’assessore al welfare Salvatore Allocca ed il capogruppo regionale di “Federazione della Sinistra – Verdi” Monica Sgherri. Gli istituti di pena coinvolti sono l’istituto di pena di Volterra, l’Istituto Penale Minorile di Firenze e la Casa circondariale di Livorno insieme ad Arci Solidarietà Livorno e Artex. “Il progetto – ha commentato l’assessore Allocca – viene sviluppato positivamente ormai da diverso tempo ed è la testimonianza di quanto sia importante l’apertura del carcere al mondo esterno.
Ovviamente vale anche il discorso inverso, cioè la capacità del mondo esterno di sentirsi coinvolto nel percorso di rieducazione e reinserimento dei detenuti attraverso l’attivazione di iniziative come questa. Vorrei sottolineare l’importanza delle attività che vengono svolte all’interno del carcere, specialmente quelle artigianali. Stimolano la coesione tra detenuti, permettono di imparare un mestiere, alleggeriscono il senso di precarietà ed incertezza. I prodotti ottenuti sono il significato di tutto questo, il frutto della volontà di sentirsi ancora utili e vivi, in un ambiente che invece finisc e per svilire e svuotare le persone”.
Anche un modo per ottenere una piccola fonte di reddito. “La crisi – ha aggiunto Allocca – attraversa anche quelle mura spesse che separano queste persone dalla società civile e sono sempre minori gli aiuti che provengono dalle rispettive famiglie. Questo può permettere anche di avere un piccolo contributo per condurre una vita migliore all’interno del carcere. Però quello che più conta è il risultato che si ottiene sotto il profilo del reinserimento. Il lavoro e la creatività sono espressioni della vita che continua malgrado tutto.
Tutto ciò che viene fatto all’interno di queste strutture è un’esperienza davvero significativa”. Monica Sgherri, oltre a sottolineare che “si tratta di un’esperienza di buona pratica, buona politica e solidarietà vera per connettere il ‘dentro’ e il ‘fuori&r squo; il carcere, e capace di contribuire a superare quella consuetudine diffusa che fa rimuovere questi luoghi dalla percezione collettiva” e che “nella difficilissima situazione in cui si trovano gli istituti di pena nel nostro paese sviluppare questa esperienza lavorativa e dargli continuità è una strada da perseguire con determinazione per concretizzare questo importante diritto al lavoro e la funzione educativa che vi è legata”, ha spiegato che lo sviluppo futuro del progetto è legato alla realizzazione di uno spazio web dove far conoscere le produzioni e avviarne la commercializzazione online.