Un'ora di girato che condensa una mole ben più consistente di materiale clandestinamente raccolto all'interno di una realtà che altrimenti avrebbe previsto canoni operativi di burocratica e severa maniera. "Chiedere un permesso, aspettare 40 giorni, essere accompagnati da un agente governativo"? La risposta dei tre giovani registi Rai è stata "telecamera al collo e via". Auditorium Stensen di Firenze gremito per assistere al docu-film sul dietro le quinte di Cuba realizzato da Jacopo Cecconi e Giammarco Sicuro, giornalisti Rai della sede Toscana, e Paolo Cellammare, fotografo del centro produzione Rai milanese. "L'ingresso è libero" appare quasi come un sottotitolo, al quale si potrebbe aggiungere per fare satira d'autore "la bevuta però è a pagamento".
Effettivamente i 56 Dollari chiesti da un giovane cubano ai tre registi che rifiutano, in una notte, l'incontro organizzato con altrettante ragazze del posto, rende abbastanza l'idea di quanto un Cuba Libre, sul listino gonfiato ad hoc, possa esser specchio di una società dagli impercettibili ed al tempo stesso evidentissimi contrasti. Diversi punti di vista all'interno dello stesso tessuto urbano e sociale; dove l'anziano figlio della Rivoluzione mostra le gloriose medaglie e le giovani camminano tre passi dietro ai turisti per non esser viste come prostitute.
"Connettersi ad internet è proibitivo" - racconta la proprietaria di un service. I ragazzi preferiscono vestire Dolce e Gabbana di importazione dominicana. Non manca l'amara e pungente ironia quando all'interno di un negozio di libri che presenta una ristretta selezione di testi vertenti unicamente sulla storia della rivoluzione, la copertina della rivista più letta presenta come personaggio del mese Fidel Castro. Le immagini scorrono sullo schermo e se qualcuno pensa (lo scopriremo alla fine della proiezione, durante il dibattito) che i tre stiano facendo un documentario appassionato ed obbiettivo, non manca chi ravvisa nello stile un tono da 'spot' che vuol "venderci qualcosa a tutti i costi".
Chissà, magari proprio quel Cuba Libre andato di traverso. C'è anche chi russa sonoramente, la cronaca impone la citazione, il che potrebbe equivalere ad un astensionismo inconscio, frutto comunque di una scelta personale. "Wishes on a falling star" si presenta al pubblico con una colonna sonora azzeccata, dove si sarebbe potuto azzardare, senza nulla togliere alla serietà ed anzi sottolineando l'aspetto critico del girato, anche una scena alla Caro Diario che ci riporta ad un afoso pomeriggio estivo nella periferia romana con quell'improbabile e riuscitissimo 'Buscando visa para en sueno'. Yoani Sanchez, la giovane blogger stimata nel mondo e pluripremiata, ma che non ha mai ritirato un premio perché offerti al di fuori dei confini, autrice del best-seller "Generacion Y", incontra i tre nel loro peggior momento del viaggio.
"Quel giorno eravamo ubriachi - confessano i tre registi - pensavamo di dover trascorrere una giornata tranquilla ed invece era la pù importante, l'ossaura del nostro lavoro". La forza che trasuda Yoani però eclissa tutto il resto. Sul palco per il dibattito anche Gordiano Lupi che si dichiara "giornalista non gradito alle autorità cubane" e con una moglie, conosciuta sul posto, che da cinque anni non può rientrare in patria per aver detto in pubblico "che la rivoluzione non è stata un cambiamento".
L'applauso finale sembra mettere tutti d'accordo, le foto che chiudono il lungometraggio sono primi piani di grande impatto, magari dai colori e contorni già visti, ma che guardano negli occhi dell'animo umano e trasmettono un contatto diretto anche a distanza. Al termine dell'applauso si scatena un acceso dibattito dove nessuno sembra voler mettere in discussione l'obbiettività degli autori, fatta eccezione per alcune esperienze personali che stridono con le immagini mostrate. "Non è vero che in piazza picchiano la gente, il controllo non è così serrato - è la testimonianza di una ricercatrice universitaria che ha condotto per un anno uno studio sulla popolazione locale ed invita ad essere maggiormente professionali e distaccati - ci si può riunire senza problemi, ho visto un dibattito pubblico e nessuno disperdeva i presenti" Il lavoro piace, e parecchio a chi cubano lo è stato, e tale rimane, nonostante ciò che ha vissuto.
In sala c'è una rappresentanza di testimoni diretti, cittadini post-rivoluzionari 'traditi' dagli ideali che non si riconoscono nel modello che gli è stato imposto. "Il Che ha lottato per una rivoluzione sociale, di carattere ben diverso da quello che abbiamo visto negli ultimi 50 anni - sostengono - avremmo voluto una civiltà veramente libera, libera di sprimersi, di confrontarsi, di guardare oltre i margini del tempo e di decidere autonomamente" Antonio Lenoci