La seduzione della pittura del Seicento nell'arte italiana del Novecento

Al Museo Annigoni una mostra evidenzia l'interesse verso l'arte del Seicento di alcuni artisti del Novecento.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 dicembre 2010 14:05
La seduzione della pittura del Seicento nell'arte italiana del Novecento

A Firenze si tenne nel 1922 a Palazzo Pitti la “Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento”, un'esposizione importante che raccoglieva oltre mille opere e che ebbe il merito di far conoscere l'arte dei “secoli dimenticati” e suscitare l'interesse verso questo tipo d'arte da parte di non pochi artisti. Alcuni di essi ne furono dichiaratamente affascinati, altri ne accolsero alcuni influssi, mostrandosi molto sensibili a quel gusto. Di questo interesse o di vera e propria seduzione, ne da conto adesso la mostra “Novecento sedotto.

Il fascino del Seicento tra le due guerre. Da Velázquez a Annigoni”, la mostra che Ente Cassa di Risparmio di Firenze e Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron promuovono e presentano insieme a Regione Toscana, Comune e Provincia di Firenze, Associazione Amici di Pietro Annigoni, con il patrocinio del MiBAC, inserita inoltre nel Progetto “Toscanaincontemporanea 2010” promosso dalla Regione Toscana. La mostra si svolge, sino al maggio del 2011, presso il Museo “Pietro Annigoni” di Villa Bardini, il cui giardino è accessibile gratuitamente per i residenti a Firenze.

L’occasione è quella delle Celebrazioni del Primo Centenario dalla nascita di Pietro Annigoni, con la quale, attraverso una nuova rilettura dell’arte tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento, si vuole rilanciare il museo intitolato al noto artista come centro di studi e promozione della cultura artistica novecentesca e come centro espositivo di eventi temporanei legati ad Annigoni e al suo tempo. Carlo Sisi e le tre curatrici Anna Mazzanti, Lucia Mannini, Valentina Gensini hanno tracciato un significativo percorso artistico che da Velázquez conduce ai tanti artisti italiani vissuti a cavallo tra le due guerre che si appassionarono al Seicento, prima considerato ‘secolo buio’. Dalla mostra di Palazzo Pitti del 1922 scoccò la scintilla che alimentò la nascente ‘mania del Seicento’ e infuocò gli animi di artisti, critici e collezionisti: Longhi, Marangoni, Ojetti, De Chirico e molti altri dettero vita a vivaci querelle sull’attrattiva e sull’attualità della pittura di quel secolo divenuto di moda.

E' anche significativo che furono soprattutto gli artisti, molto prima dei critici e degli storici dell'arte, a confrontarsi con l'arte del Seicento. La mostra al Museo Annigoni ha ora il pregio, per molti versi inedito, di riportarci a quel clima e a quelle suggestioni, proponendo una serie di stimolanti accostamenti tra moderno e antico: ecco i nudi di Primo Conti e Felice Carena “dialogare” con quelli di Artemisia Gentileschi, la Venere di Carlo Socrate accostata a quella di Giovanni Baglione, entrambe “nascoste” da decenni in collezioni private.

Le nature morte di De Chirico, Marussig, Trombadori rimandano invece a una grandiosa opera di Giuseppe Recco, uno degli artisti più amati dai pittori del Novecento, e i lampeggianti paesaggi di Annigoni alle buie tempeste di Antonio Francesco Peruzzini. Quanto ad Antonio Bueno e Gregorio Sciltian tendono la mano al restaurato “Acquaiolo” di Velázquez, e il “Cinciarda” di Annigoni si rivela parente prossimo del “San Bartolomeo” di Ribera. Infine l’apertura ai decenni successivi è sintetizzata nel confronto tra il “Compianto sul Cristo morto” (1615) di Orazio Borgianni e il fotogramma finale del film Mamma Roma (1962), con il quale Pier Paolo Pasolini dichiarò simbolicamente il suo rapporto con la cultura figurativa caravaggesca.

Nell’ambito della mostra sono esposte opere inedite, come le nature morte di Recco e Trombadori, insieme ad altre sottoposte ad importanti restauri, prima fra tutte il già citato Acquaiolo, risultato autografo di Velázquez, con una datazione addirittura precedente a quella della celebre variante della National Gallery di Londra. di Alessandro Lazzeri

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