Firenze, 26 agosto 2010- "Teneva una vita da uomo piuttosto bestiale che umano. Non voleva che le stanze si spazzassino, voleva mangiare all'ora che la fame veniva, e non voleva che si zappasse o potasse i frutti dell'orto, anzi lasciava crescere le viti et andare i tralci per terra, et i fichi non si potavano mai.". Disordinato, lunatico, capriccioso: così il Vasari, nelle sue celebri Vite, descrive Piero di Cosimo (ca. 1462-1521), il pittore fiorentino maestro di Jacopo Pontormo. Solitario e misantropo al punto di non tollerare la compagnia altrui - anche il suo discepolo Andrea del Sarto dovette abbandonarlo - ma anche estremamente abile, intelligente ed estroso, dotato di una fantasia fuori dal comune.
A lui è dedicato il saggio della storica e critica d'arte Maurizia Tazartes Piero di Cosimo. «Ingegno astratto e difforme» (Mauro Pagliai Editore, pp. 160, euro 22), che ripercorre la vita dell'artista e ne illustra le opere grazie anche alle numerose immagini a colori. Il volume fa parte della collana "Gli artisti raccontati nel loro tempo", unisce l'accuratezza di una ricerca storico-artistica durata anni con l'accessibilità del linguaggio e, come nel precedente lavoro della Tazartes sul Pontormo, restituisce un'immagine a tutto tondo del pittore, fornendone un inedito ritratto psicologico ed esaminandone l'opera in relazione agli aspetti storici e culturali dell'epoca in cui visse. Fino a poco tempo fa, gli scarsi documenti a disposizione non permettevano di penetrare oltre la biografia del Vasari, tanto che l'immagine di uomo selvatico e inavvicinabile aveva finito per offuscare il talento di un maestro capace di realizzare capolavori come il Ritratto di Simonetta Vespucci («Cleopatra») e le diverse Madonna con bambino, o ancora il celebre trittico formato da Scena di caccia, Ritorno dalla caccia e L'incendio nella foresta che gli valse numerosi sospetti di simpatie pagane a causa delle numerose figure mitologiche.
A ciò si sommano i problemi nella ricostruzione cronologica e nell'attribuzione delle opere, che il pittore fiorentino non firmava mai. Gli studi più recenti, però, hanno permesso di ricostruire la figura di un artista sensibile e rispettato, stimato da importanti famiglie come i Vespucci, i Capponi, gli Strozzi e circondato da allievi di talento. A partire dalla giovinezza e dai primi lavori sotto la guida del maestro Cosimo Rosselli, Maurizia Tazartes, tra i più noti esperti italiani di arte rinascimentale, analizza la produzione di Piero a Firenze a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento, tra pale d'altare, tavole a destinazione privata, decorazioni di spalliere e pannelli dalle sofisticate iconografie.
"Opere intelligenti e di grande bellezza", afferma la storica dell'arte nell'introduzione al volume, "dipinte da un eccezionale colorista, attento alla luce, un convinto naturalista". Sfogliando le pagine del libro, è in effetti inevitabile soffermarsi sugli sfondi paesaggistici, colti nelle diverse ore del giorno o sui personaggi - Madonne, Bambini, angeli, santi, uomini primitivi o mitici - che influenzarono artisti altrettanto eccentrici nel primo Cinquecento. Immergersi, insomma, nell'immaginario "astratto e difforme" di uno dei maggiori artisti del periodo d'oro del Rinascimento fiorentino. Gherardo Del Lungo