Il collezionismo di gemme è uno degli aspetti più affascinanti del processo di riscoperta dell’antico che caratterizzò il Rinascimento. A partire dalla prima metà del XV secolo cammei e intagli furono ricercati con fervore da pontefici, principi e cardinali, scatenando in alcuni casi aspri conflitti tra estimatori, pronti a spendere cifre molto elevate pur di aggiudicarsi il pezzo desiderato. Le ragioni di questo successo furono molteplici. Innanzitutto l’arte di incidere le gemme richiedeva l’impiego di materiali rari e molto costosi, nonché l’apporto di maestri dotati di straordinarie capacità tecniche, dato che anche il più piccolo errore, di fatto irreversibile, poteva vanificare mesi, se non addirittura anni, di duro lavoro.
In secondo luogo ai cammei e agli intagli si attribuivano particolari virtù magiche e misteriose, dipendenti dal tipo di materia utilizzata e dal soggetto della raffigurazione. Inoltre le loro ridotte dimensioni e la facilità di trasporto, ne facevano un regalo ideale per illustri personaggi e un’ottima forma di investimento, un capitale al quale attingere nei momenti di maggiore difficoltà. Tutti questi fattori ben spiegano la speciale predilezione che i Medici svilupparono, fin dal Quattrocento, per le incisioni su pietre dure e preziose, da loro alacremente raccolte in una delle più rilevanti collezioni della storia, fonte di grande prestigio per tutta la famiglia, che, nel corso dei secoli, continuò a incrementarla con nuove acquisizioni. Attraverso un selezionato numero di pezzi di eccezionale qualità provenienti dai più importanti musei italiani e stranieri, la mostra illustra la complessa storia di questo tesoro, a partire dalla sua costituzione ad opera di Cosimo e, soprattutto, Piero de’ Medici, che ai cammei e agli intagli riservò un posto di rilievo all’interno del suo rinomato studiolo nel palazzo di via Larga, vera e propria camera delle meraviglie esibita con orgoglio a pochi, insigni visitatori e dove le gemme furono custodite accanto a monete, medaglie, sculture, gioielli, vasi in pietre dure e codici miniati.
La passione per simili oggetti fu trasmessa da Piero al figlio Lorenzo il Magnifico, con il quale il tesoro mediceo si elevò al rango di raccolta principesca, guadagnando un’enorme popolarità grazie all’acquisto di esemplari celebri e contesi dai più eminenti collezionisti dell’epoca, come la splendida corniola con Apollo, Marsia e Olimpo oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nota agli artisti e letterati del XV secolo anche con il nome di Sigillo di Nerone. Lorenzo Ghiberti, Donatello e Sandro Botticelli sono solo alcuni degli artisti che nelle diafane raffigurazioni delle gemme medicee trovarono importanti spunti creativi.
Tale aspetto è documentato in mostra da un’ampia varietà di opere, codici miniati, medaglie, disegni, dipinti e sculture atte a dimostrare la grande fortuna degli esemplari posseduti dai Medici. In molti casi si tratta di fedeli traduzioni dei modelli iconografici prescelti, ma non mancano esempi più originali, in cui gli elementi desunti dalle pietre incise si arricchiscono di aspetti del tutto nuovi, come si può riscontrare in alcuni disegni di Sandro Botticelli e di Leonardo da Vinci, artisti che nelle gemme non trovarono solo un eterogeneo repertorio di forme e figure, bensì un efficace strumento per il recupero del senso di equilibrio e di misura delle proporzioni caratteristico dell’arte classica. Fulcro di questa sezione è il Ritratto ideale di fanciulla di Sandro Botticelli, che grazie alla collaborazione con lo Städel Museum di Francoforte viene esposto in Italia per la prima volta, un omaggio al pittore in occasione del V centenario della sua morte.
Il dipinto, tra i più importanti esempi di ritratti eseguiti dal grande pittore, rappresenta il busto di una giovane donna con le chiome acconciate in modo elaborato, sul cui petto spicca un pendente in oro ornato da un cammeo riproducente la corniola con Apollo, Marsia e Olimpo di proprietà di Lorenzo il Magnifico. La presenza di questo particolare attesta l’appartenenza del committente dell’opera alla cerchia laurenziana e ha generato diverse ipotesi sull’identità̀ dell’effigiata, identificata da alcuni con Lucrezia Tornabuoni, madre del Magnifico, e da altri con Simonetta Cattaneo, moglie di Marco Vespucci e amata ideale di Giuliano de’ Medici, elevata da letterati e artisti a modello di bellezza dopo la prematura scomparsa per tisi nel 1476. Il percorso espositivo prosegue poi illustrando le successive fasi di crescita e dispersione della collezione medicea.
Nonostante la profonda crisi che colpì duramente l’egemonia medicea su Firenze a partire dal 1496, i discendenti di Lorenzo, ben consci dell’enorme prestigio culturale derivante dal possesso della raccolta di gemme, riuscirono a preservarne quasi intatta l’unità fino al 1537, quando l’assassinio del duca Alessandro ne segnò il passaggio alla giovane vedova Margherita d’Austria, la quale nel 1538 la portò in dote al nuovo consorte Ottavio Farnese. In seguito a tali avvenimenti, il successore di Alessandro, Cosimo I, si impegnò nella costituzione di un nuovo nucleo di cammei e intagli che, grazie anche all’apporto dei figli Francesco e Ferdinando, riuscì ben presto ad eguagliare quello laurenziano. In virtù dell’incessante politica di acquisti portata avanti dai successivi Granduchi di Toscana e dai loro familiari, nella seconda metà del XVII secolo la rifondata raccolta medicea consolidò la propria fama a livello europeo, tanto da essere considerata dai molti viaggiatori del Grand Tour di inizio Settecento una delle principali meraviglie di Firenze.
La mostra, che rimarrà aperta sino al 25 giugno, inaugura "Firenze 2010 Un anno ad arte", l’ambizioso e articolato progetto espositivo dei Musei Statali Fiorentini promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, il Museo degli Argenti, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. AL