Firenze- Una malattia rara, poco conosciuta, ma dagli effetti gravemente invalidanti e potenzialmente letali per chi - bambino o adulto - ne è affetto. Parliamo dell'acidosi tubulare renale distale, che se diagnosticata per tempo può essere curata con successo. Il primo studio italiano che apre nuovi orizzonti nella cura di questa malattia è di Firenze e porta la firma di due team dell'Ospedale Pediatrico Meyer: quello di Genetica diretto dalla professoressa Sabrina Giglio e quello della Nefrologia pediatrica guidato dalla professoressa Ivana Pela.
Grazie alla rete interdisciplinare di collaborazioni tra i maggiori specialisti dell'Ospedale pediatrico fiorentino e l'Associazione A.Ma.R.T.I che ne sostiene la ricerca scientifica, non solo ci sono maggiori elementi di chiarezza su questa malattia, ma si sono aperte nuove frontiere terapeutiche.
"Di fronte a questa malattia - commenta la professoressa Sabrina Giglio -, è importante poter disporre di un test altamente affidabile, come il test genetico sul DNA, per la diagnosi sicura di una patologia che richiederà cure per tutta la vita". Ed su questo obiettivo che si è indirizzato l'impegno del Servizio di Nefrologia Pediatrica e della UO di Genetica del Meyer. Ma il progetto non avrebbe potuto avere sviluppo senza il sostegno dell'Associazione A.Ma.R.T.I, che nel 2007 ha deliberato il finanziamento per 3 anni di una borsa di studio per biologo molecolare per le indagini genetiche sull'acidosi tubulare renale distale con o senza sordità neurosensoriale.
Accanto agli aspetti di diagnosi e cura, estremamente significativi, grandissima attenzione è rivolta all'interesse scientifico volto alla scoperta delle variabili cliniche e delle relazioni genotipo-fenotipo di una malattia che, nonostante sia nota da oltre 50 anni, soltanto da 9 anni è stata caratterizzata dal punto di vista genetico.
L'acidosi tubulare renale distale è una malattia rara, la cui frequenza non è conosciuta. "Si tratta di un difetto della capacità del rene a eliminare gli acidi che si formano dal metabolismo - spiega la professoressa Ivana Pela, per cui questi si accumulano nel sangue.
L'acidità del sangue che in tal modo si sviluppa causa nel bambino piccolo vari disturbi come disappetenza, vomito, scarso accrescimento staturo-ponderale, ritardo di sviluppo psicomotorio. Nei soggetti più grandi frequentemente è presente calcolosi urinaria, infezioni recidivanti, pielonefrite cronica". Una parte degli individui affetti da acidosi tubulare renale distale soffre anche di sordità neurosensoriale e ha bisogno di protesi acustiche e di interventi riabilitativi. Eccetto che per la sordità, il precoce riconoscimento della malattia e la terapia con bicarbonato di sodio e citrato di potassio, può restituire il benessere e una normale aspettativa di vita.
In caso contrario, è possibile l'evoluzione verso l'insufficienza renale cronica per la deposizione di calcio nel rene e le ripetute infezioni delle vie urinarie.
Da qui l'estrema novità e l'importanza per lo studo, il primo in Italia, realizzato dai due team dell'Ospedale Pediatrico fiorentino. I risultati sono significativi: è stato definito l'assetto genetico di oltre 15 bambini affetti da acidosi tubulare distale, italiani, ma anche stranieri e sono state individuate ben cinque mutazioni ma descritte in precedenza.
Questo significa, da parte dei ricercatori, potere effettuare correlazioni tra mutazione genetica e quadro clinico presentato dai soggetti colpiti da questa malattia e pertanto mettere in evidenza la relazione esistente tra acidosi tubulare distale dovuta a mutazioni di particolari geni, la presenza di sordità neurosensoriale e una particolare alterazione strutturale dell'orecchio interno.
Ma c'è di più. La ricerca ha dimostrato l'associazione tra l'acidosi tubulare renale distale e il rene a spugna midollare, un'altra rara patologia renale.
Tali risultati sono stati presentati su importanti riviste e congressi nazionali e internazionali, ricevendo buoni apprezzamenti.
"Le prospettive future dello studio sono di ampliare la casistica per aumentare le conoscenze sulle correlazioni clinico-genetiche - concludono le autrici dello studio -, stabilire la frequenza della malattia in Italia, sviluppare la collaborazione con specialisti audiologi per migliorare le conoscenze sulla causa della sordità e verificare la possibilità della sua prevenzione, almeno nei casi in cui è tardiva".
Infine, ma non da ultimo, il progetto più ambizioso è di definire l'esatto funzionamento delle proteine coinvolte in questa malattia direttamente nell'uomo.
E individuare le terapie più opportune ed efficaci.
(r. rez.)