Giovani in cerca di lavoro: uno su due si fa accompagnare dai genitori

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 novembre 2008 14:00
Giovani in cerca di lavoro: uno su due si fa accompagnare dai genitori

Firenze– Secondo una indagine condotta nell’area fiorentina e pratese, quasi un ragazzo su due si presenta al primo colloquio di lavoro accompagnato dai genitori. È stata la Fondazione Spazio reale di San Donnino, di cui don Giovanni Momigli è presidente, a promuovere la ricerca sui giovani in cerca di lavoro. “Negli incontri per l’orientamento al lavoro – ha spiegato don Momigli –, quasi il 50% dei candidati, ragazzi e ragazze tra i 20 e i 27 anni, è venuto ‘sostenuto’ da un genitore, sia perché sovente è il genitore che si presenta a nome del figlio o della figlia per domandare informazioni e opportunità, sia perché il giovane viene addirittura accompagnato da una genitore al primo colloquio”.

Il dato si è rivelato in linea con i risultati della successiva indagine: alla Cna di Firenze, ad esempio, il 45% dei giovani si presenta per un colloquio di lavoro accompagnato, o preceduto per il primo contatto informativo, da un genitore.
Le informazioni e i dati raccolti sono stati presentati ieri in un seminario che si è tenuto in sala Gonfalone di Palazzo Panciatichi: “Il protagonismo della famiglia nella ricerca del lavoro dei giovani”. Sono state condotte circa 50 interviste a imprenditori fiorentini, distribuiti 50 questionari a responsabili di centri per l’impiego, piccole e medie aziende ed agenzie interinali, sottoposti 150 test a giovani (età media dai 20 ai 25 anni) e 50 a genitori di ragazzi di età compresa tra 20 e 25 anni.

“Siamo di fronte ad un elemento di arretratezza che appesantisce il sistema produttivo – ha spiegato il sociologo Giulio De Rita, amministratore di Léghein, società di ricerche e consulenze etiche −. I genitori, che ormai hanno perso il controllo su quasi tutte le altre fasi della vita dei propri figli, continuano ad esercitare un condizionamento in un campo, quello del lavoro, in cui non hanno più competenze aggiornate”. A Prato, ha aggiunto De Rita, “abbiamo trovato tante mamme che sconsigliano ai figli di andare a lavorare in fabbrica.

Persiste un clima psicologico cupo, l’82% dei giovani si dice convinto che oggi sia più difficile trovare lavoro, pensando in realtà al posto fisso”.
Intorno al concetto di “giovani”, emerge anche una generale confusione. “Tutti, dai 17-18 ai 30 anni ed anche oltre, sono considerati giovani, il sostegno delle famiglie è indipendente dalla fascia di età”. Tra crisi della paternità e tendenza protettiva delle madri, ha detto Claudio Gentili, direttore del nucleo Education di Confindustria, “il 64% dei ragazzi, secondo studi recenti, dice che è stata la famiglia ad orientare le scelte nel campo del lavoro”.

Sul “cupo pessimismo” della nostra società: “L’Italia è, con gli Stati Uniti, tra i paesi occidentali, in cima alla graduatoria della disuguaglianza tra il 10% più ricco e il 10% più povero della popolazione. Gli Stati Uniti, però, sono anche in testa alla classifica della mobilità sociale, l’Italia si trova all’ultimo posto: questo ci porta a non vedere sbocchi, a non guardare al precariato come ad una condizione superabile attraverso l’acquisizione di competenze, a non leggere la realtà contemporanea come qualcosa di difficile ma affrontabile”.
Per aiutare i genitori, secondo Davide Guarneri, presidente nazionale dell’Associazione italiana genitori, “si dovrebbe entrare nella dimensione di un lavoro di comunità, con il recupero della rete di solidarietà sociale, in cui legami sono oggi quasi tutti spezzati.

Rivedere il ruolo orientativo della famiglia, sostenere il difficile compito dei genitori con la formazione”. E i genitori dovrebbero “recuperare tutti gli aspetti del rapporto con i figli, valorizzando la dialettica e il confronto; superare rapporti di compensazione affettiva che trattengono i figli e li inducono a non uscire dal nido”.
C’è bisogno di un lungo cammino culturale, ha ripreso don Momigli: “I giovani debbono osare di più, avere più coraggio e definire un progetto di vita, che preveda anche l’ambito del lavoro.

I genitori, più che svolgere un pesante ruolo di supplenza, debbono sostenere i figli nella formazione della personalità e fornire i supporti necessari al rafforzamento della loro autonomia e imprenditività. Si deve passare dalla mentalità del posto di lavoro a quella dell’attività lavorativa, acquisendo professionalità e mantenendo costante la cura per la formazione. È necessario riscoprire il manifatturiero, sia come possibilità effettiva di occupazione che come ambito di lavoro che può sostenere lo sviluppo complessivo”.
È stato il consigliere Giuseppe Del Carlo, segretario dell’Ufficio di presidenza, a portare il saluto del Consiglio regionale, con la convinzione che “sia il Consiglio che la Giunta regionale sapranno far tesoro di quanto è stato detto in questo seminario”.

Non si può più fare a meno, ha aggiunto Del Carlo, “del valore del lavoro ben fatto”, così come si deve favorire un ruolo delle famiglie capace “di trasmettere l’etica del lavoro e poi di lasciare libertà di scelta ai figli”. Stefania Fuscagni, vicepresidente della commissione Cultura, ha parlato di una doppia emergenza: “La rivoluzione antropologica degli ultimi venticinque anni e la vera e propria emergenza valutativa, che colpisce tutta la società, con studenti promossi nel 97% dei casi, scuole non valutate per i risultati che ottengono, insegnanti che avanzano in carriera grazie all’anzianità di servizio”.

La valutazione, ha aggiunto Stefania Fuscagni, “è un concetto che va recuperato, perché necessario alla salvezza del sistema-Italia. È un impegno civico e un dovere morale che siamo chiamati ad adempiere”.
Hanno partecipato all’incontro i consiglieri regionali Marco Cellai, Diego Ciulli, Gianluca Parrini. (s.bar)

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