Anche gli autotrasportatori della Toscana aderiscono al fermo nazionale dei servizi fissato dalla mezzanotte del prossimo 10 dicembre alla mezzanotte del 14 dicembre. La conferma arriva da Cna Fita e Confartigianato Trasporti regionali.
“Non potrebbe essere altrimenti – spiegano i presidenti Regionali CNA Fita e Confartigianato Trasporti, Giuseppe Brasini e Alessandro Nuti - la crisi dell’autotrasporto è tale che abbiamo deciso, pur consapevoli di causare gravi disagi, la più forte manifestazione di protesta.
Sono tre le richieste al governo: sgravi e incentivi per compensare il caro-costi, revisione urgente della riforma dell’autotrasporto, misure per rilanciare il comparto nella competizione europea”.
Le aziende di trasporto stanno affrontando una vera e propria emergenza costi, una crisi che per gravità e ampiezza non ha precedenti storici. Una crisi che, solo in Toscana, ha costretto oltre 1.200 imprenditori ad uscire dal mercato per la lievitazione continua delle spese e per l’assenza di provvedimenti in grado di riequilibrare i rapporti con la committenza.
Nella nostra regione negli ultimi 6 anni il settore del trasporto merci ha registrato una diminuzione di oltre 1.200 aziende, dato in continuo aumento: dalle 10.728 dell’anno 2000 le imprese di trasporto toscane alla fine del settembre scorso sono 9.471. Fra queste le imprese artigiane iscritte all’albo in Toscana dalle 8.453 del 2000 alla fine del terzo trimestre 2007 sono 7.274, cioè meno 1.179 aziende. Fallite, liquidate, accorpate, comunque uscite di scena, spesso in modo traumatico, per la maggior parte poste nell'impossibilità pratica di operare economicamente il loro servizio.
“Nel febbraio scorso al Governo – spiega Nuti - avevamo richiesto non nuove risorse, ma un quadro legislativo che permettesse alle imprese di recuperare un margine di redditività direttamente dal mercato.
Così non è stato e l’autotrasporto conto terzi, ormai destrutturato e indebitato, rischia di soccombere a questa totale deregolamentazione”. Per ciò la clamorosa protesta si è resa inevitabile. “Il fermo, ancor più in periodo pre-natalizio, è una scelta difficile e pesante - ammette Brasini – ma ad otto mesi dalla firma dell’accordo con il Governo ancora aspettiamo quei provvedimenti che avrebbero dovuto aiutarci a sostenere i costi sempre più alti del servizio. I prezzi che i clienti pagano per il trasporto sono bloccati da 4 anni, i pagamenti sono sempre più dilazionati, non esistono adeguamenti tariffari per i continui aumenti (il gasolio è aumentato del 42% in 4 anni, dal 1° gennaio ad oggi del 14%).
È a rischio la sopravvivenza del settore con la perdita di imprese e di posti di lavoro a tutto vantaggio dei vettori esteri e dell’illegalità”. Per fronteggiare almeno parzialmente questa grave situazione le associazioni unitariamente hanno chiesto al Governo di confermare lo stanziamento di 575 milioni già previsto nell’accordo del 28/10/2006 per abbattere i costi di esercizio e per favorire l’ammodernamento e l’aggregazione del settore, ma nella legge finanziaria approvata dal Senato sono previste per l’autotrasporto meno di un terzo delle provvidenze richieste, 195 ml di euro.
“Con la riforma del settore e l’abolizione delle tariffe a forcella siamo rimasti totalmente senza garanzie – rincara la dose Nuti -: le tariffe sono in mano ai committenti e ci tocca anche combattere con la concorrenza selvaggia degli autotrasportatori stranieri, che hanno un costo del lavoro inferiore anche del 35%, costo del gasolio inferiore anche del 15%, nessun tipo di controllo fiscale nel nostro paese, ecc.”.
“Il ministro tenga fede agli impegni più volte annunciati –conclude Brasini- aveva promesso di sterilizzare l’Iva al fine di liberare risorse per ridurre il peso dell’accise sui carburanti e che le tariffe dei trasporto contengano un meccanismo di adeguamento all’andamento del prezzo del gasolio. Ma, soprattutto, una strategia mirata sui controlli di tutti gli operatori coinvolti nella filiera del trasporto merci”.