Firenze- I giovani e la lingua: un rapporto complesso, su cui intervengono molti fattori, fra cui l’imperversare della tecnologia e l’abitudine crescente ad utilizzare termini stranieri. Analizzare questa relazione così delicata e in continua trasformazione è stato lo scopo di un’intera giornata di studi, organizzata nell’ambito della Festa della Toscana 2007. Questa mattina presso l’Accademia della Crusca, nella villa di Castello a Firenze, si è svolto il seminario “I giovani e la lingua”, durante il quale esperti italiani e stranieri hanno affrontato il rapporto con la lingua dei giovani in generale e dei giovani toscani in particolare.
“I giovani e la lingua sono due elementi sui quali le suggestioni possono essere infinite” ha spiegato il consigliere regionale Severino Saccardi, chiamato a rappresentare il Consiglio regionale al convegno. “In un’epoca di grandi trasformazioni e di affermazione di nuove tecnologie dobbiamo domandarci ad esempio quale sarà il destino della lingua scritta. Gli stessi quotidiani sembrano essere presi da ansia di prestazione – ha detto ancora Saccardi – e sembra che la lingua scritta interessi sempre meno.
Così come sono complessi i rapporti tra lingua parlata e dialetto, nel nostro caso vernacolo, nonostante i toscani siano convinti di parlare un linguaggio forbito”. In realtà dal seminario, che è stato presieduto dalla vicepresidente dell’Accademia della Crusca e che ha registrato gli interventi di Edgar Radtke dell’università di Heidelberg (Germania), dei fiorentini Neri Binazzi e Raffaella Setti che hanno studiato la competenza lessicale dei giovani toscani, del milanese Emanuele Banfi, del napoletano Nicola De Blasi e del genovese Lorenzo Coveri, è emerso un quadro pieno di luci e ombre.
Se da un lato si assiste a un recupero di parole dialettali da parte del gergo giovanile (seppure più con l’obiettivo di usare parole “forti” e “divertenti” che di valorizzare l’identità locale), dall’altro la conoscenza linguistica dei giovani presenta lacune preoccupanti. Prendiamo il caso della Toscana: da un’indagine condotta dalla Crusca e dall’Irpet nel 2006 sugli studenti universitari e delle superiori, risulta che i ragazzi se la cavano abbastanza bene con i toscanismi, anche con quelli desueti.
Però solo il 33,2% degli universitari ha saputo attribuire il giusto significato alla parola “reazionario”, e ancora meno sono coloro che sanno il significato di “congiuntura” (28,3%), “recessione” (26,6%) e preterintenzionale (23,4%). Gli studenti delle secondarie superiori conoscono molto bene toscanismi come “acquaio” (91,2% di risposte giuste), “tocco” (85,7%), granata (82,4%), mentre parole come “desinare” sono note ormai a una minoranza (38,6%). I maschi sono un po’ più bravi a riconoscere le parole del vernacolo rispetto alle femmine, e i più bravi di tutti, geograficamente parlando, sono i pratesi.
D’altro canto, le difficoltà con i nuovi termini della lingua, e anche con i forestierismi, sono evidenti: solo il 52,1% sa che cosa vuol dire “default”. Nel pomeriggio, ancora un confronto alla Crusca su “I giovani: esperienze di ricerca, esperienze di lingua” con una tavola rotonda che ha riunito esperti in materia, ma anche personaggi, come giornalisti e attori, che con la lingua lavorano quotidianamente. A coordinare il presidente dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini; previsti, tra gli altri, interventi di Marco Biffi, Silvia Calamai, Lorenzo Casini, Pierpaolo Di Carlo, Vera Gheno, Maria Cristina Torchia, Valentina Belgrado, Lorenzo Ciompi, Marzio Fatucchi.
Alle 20 è in programma un recital di Francesco Gesualdi. (cem)