Allestita per la prima volta in Toscana, Genti di Dio è un viaggio alla ricerca delle frontiere interne dell'Europa, dei confini immateriali, delle fedi. Ed è anche il nome del progetto più importante dell'antropologa e scrittrice di origine polacca Monika Bulaj, grazie al quale ha vinto il Grant in Visual Arts da parte della European Association for Jewish Culture. Monika Bulaj ha iniziato il suo viaggio nell'inverno del 1985 partendo dal confine orientale della Polonia che ha attraversato a piedi da Nord a Sud, per campi e boschi.
Ha vissuto con i contadini, pentecostali e carismatici, capaci di rompere, nell'estasi, ogni barriera di lingua e cultura.
© Monika Bulaj fotografia
"In una foresta selvaggia, terra del grande movimento millenario e apocalittico negli anni Trenta, ho conosciuto un poeta che sapeva a memoria il Capitale di Marx, costruiva aspirapolveri per le mucche e aspettava l'arrivo di Messia alla fine dei tempi. Da allora non ho smesso di cercare e il viaggio alle periferie dell'Europa è diventato un viaggio nelle genti di Dio".
Il tema dei popoli nomadi, disseminati e onnipresenti nel mondo tra Baltico e Mar Nero, diventa con naturalezza il filo rosso di questo viaggio. S'intreccia con storie di deportazione e persecuzione, di reciproca penetrazione o convivenza sofferta. Storie, talvolta, segnate dal passionale appropriarsi di fedi altrui. In un senso o nell'altro, mai storie di indifferenza.
E' seguendo questo filo rosso che si incontrano altri mondi ancora, i campi infiniti fra Tibisco e Danubio dove Emir Kusturica ha ambientato i suoi film saturi di metafore e follia, il grande Delta del fiume d'Europa, labirinto di uccelli e popoli in fuga.
I solitari monasteri della Bucovina, nella Romania occidentale, affollati di dipinti anche all'esterno. E appena oltre, in Ucraina (le terre dove scrisse e dipinse Bruno Schultz e Martin Buber ebbe la sua infanzia), un'architettura cattolica, quasi bavarese, si sposa con l'ortodossia più antica e passionale nel monastero di Pocajev. "L'Europa orientale è un mondo vicinissimo e sconosciuto e la chiesa cristiana d'oriente è un'inesausta fonte di spiritualità che emana, a livello popolare, una forza magica di grande attrazione.
Povero eppure grandioso nella sua bellezza". Genti di Dio è il viaggio in un labirinto di meraviglie, è un viaggio nel tempo: chi racconta, oggi, dei discendenti dei guerrieri tartari, musulmani e allo stesso tempo grandi patrioti polacchi? Chi narra delle tombe dei grandi zaddiq, dove ancor oggi vengono gli ebrei «chassidim» da tutto il mondo per lasciarvi una supplica, ma di fretta, con addosso la paura di quella terra ridotta a cimitero dai totalitarismi? Fedi passionali, che i chierici dell'Islam, del Cristianesimo o dell'Ebraismo bollano spesso come superstizione.
Fedi popolari, radicate al territorio, all'anima delle acque, dei boschi, alla tomba di un profeta o di un santo. Ma capaci, anche, di travolgere le frontiere implacabili delle confessioni. Una risorsa formidabile, miracolosa e spesso ignorata.
Sono immagini che raccontano dei Lemki (o Ruteni), una minoranza ucraina di religione ortodossa e greco-cattolica. Nel XX secolo furono gettati nei campi di sterminio e lavoro forzato, ingoiati nelle guerre altrui, deportati coi carri bestiame nelle terre stremate dalle guerre, pogrom o fame, con l'unica colpa di avere genealogie incerte e di vivere in una terra che Stalin voleva semplificare etnicamente.
Oggi un lago artificiale ha sepolto le loro cupole di legno cancellando la memoria di una grande coabitazione.
Monika Bulaj ha viaggiato per anni, a piedi, in bicicletta, su slitte e trattori, dormendo in letti di legno, fienili e stalle, per scavare nei confini delle fedi, per risalire, anche attraverso segnali impercettibili, all'esistenza di mondi perduti per sempre. Ha parlato con i vecchi prima che spariscano col loro carico di memorie. Un viaggio nei monasteri ed eremitaggi carpatici, sulle montagne annerite dalle candele degli Armeni, dagli Hutzuli, i geniali musicisti e guaritori dei Carpazi orientali.
E poi va oltre, nel mondo carpatico, e anche l'orizzonte fisico si amplia, in una nebulosa di luoghi ignorati, fino ai confini del Mar Caspio e oltre. Tra le montagne delle pietre ardenti, il Caucaso, e poi ancora i monti Rodopi in Bulgaria " dove puoi sentire centinaia di zampogne suonare sotto le stelle". E poi viaggi ancora verso la Seconda Roma, "dove il Bosforo ti attira come un imbuto, nella Istanbul più segreta dove ebraismo, islam e cristianesimo d'oriente hanno generato forme di devozione meticcie e irripetibili, una fede aperta molto più antica delle riforme di Ataturk, figlia di una grande anima nomade.
Quella nata nelle steppe fra Asia Centrale e Altopiano Anatomico".
All'inizio è stata una ricerca delle frontiere fisiche tra popoli e confessioni. Oggi, con questa mostra, si cerca nelle frontiere metafisiche, anzi magiche, dove quei popoli e quelle confessioni riescono a toccarsi nonostante le orrende memorie che li dividono.
Monika Bulaj nata a Varsavia nel 1966, fotografa e scrittrice, pubblica reportage sui confini estremi delle fedi; scrive le sceneggiature per i documentari.
Per il film "Romani Rat" 2002 di M. Orlandi, sull'olocausto dei Rom, realizzato con il contributo di Shoah Visual History Foundation. Collabora a: "D - La Repubblica", ""Io Donna – Corriere della Sera", "National Geographic", "East", "Courrier International", "Gazeta Wyborcza", "Internazionale", "GEO". Ha pubblicato i libri: "Libya felix", Bruno Mondadori; "Donne, storie... ", Alinari; "Gerusalemme perduta" con Paolo Rumiz, Frassinelli, "Figli di Noe", Frassinelli 2006, "Rebecca e la piogggia", Frassinelli 2007.
Regista, fotografa e sceneggiatrice del film documentario "Figli di Noè" (produttore: Lab80 FILM). L'edizione 2007 del Festival Internazionale I Grandi Appuntamenti della Musica, dedicato a Edvard Grieg, il grande compositore norvegese del quale quest'anno ricorre il primo centenario della morte, inizia il 5 novembre e, con un programma molto ricco e variegato, proseguirà fino al 15 dicembre '07. Non solo una nutrita rassegna di concerti con prestigiosi nomi della scena concertistica attuale (Quartetto Vertavo, Domenico Nordio, Mikhail Lidsky, Quartetto Klimt, Mala Punica, Pedro Memelsdorff, Sonatori de la Gioiosa Marca, Dorothee Oberlinger, Capella Ducale Venetia con il celebre Coro dei Monaci di Sant'Antimo, Quartetto Bernini, Chiara Muti, complessi orchestrali e corali della Scuola di Musica di Fiesole diretti da Nicola Paszkowsky), ma anche incontri con artisti e autori (Paola Gassman, Ferdinando Abbri, Lorenzo Arruga, Alberto Melloni, Patrizia Valduga), seminari e corsi di perfezionamento che animeranno la città e faranno del festival un autentico evento culturale.
Il Festival di Arezzo, ideato da Giulia Ambrosio e prodotto dall'Ente Filarmonico Italiano , si svolge con il patrocinio e i contributi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Toscana , della Provincia di Arezzo e di varie aziende toscane. Il Festival, come tutte le altre attività musicali svolte dall'Ente Filarmonico Italiano in Arezzo, viene realizzato in collaborazione e con il determinante sostegno dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Arezzo.