Firenze- Arrivano chiari segnali di ripresa per il comparto agroalimentare toscano. Cresce il valore aggiunto (+1,7%), aumenta la produzione lorda vendibile dell’agricoltura, balza in avanti l’export (+11,8), salgono gli occupati (+2,7). Il nono rapporto sull’economia rurale presentato ieri a Firenze da Regione, Arsia e Irpet, propone un quadro statistico favorevole, soprattutto grazie al consolidamento dei settori di punta del nostro settore primario, dal vino all’olio, dal florovivaismo all’agriturismo.
“L’agricoltura toscana sta uscendo dalle secche della crisi” evidenzia l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni. “Ora – aggiunge - dobbiamo completare l’opera intensificando l’azione di rafforzamento e modernizzazione del comparto”. “I dati che emergono dal rapporto – continua - dimostrano che la spinta all’investimento e alla ricerca della qualità, perseguita con costanza anche in anni difficili dal punto di vista congiunturale e dominati da molte incognite (come l’entrata in vigore della nuova Pac, la politica agricola comune), sta producendo i frutti sperati.
I settori di punta della nostra agricoltura, quelli caratterizzati maggiormente da questa spinta, ottengono i risultati migliori, ma complessivamente tutto il comparto mostra dinamismo, tanto che i dati regionali sono più positivi di quelli nazionali. Restano aree d’ombra, nella floricoltura, per esempio, o in alcuni settori della zootecnia: sono i punti su cui dovremo compiere una accelerazione sapendo che, a partire dal prossimo autunno, l’agricoltura toscana potrà beneficiare delle azioni previste dal nuovo piano di sviluppo rurale che metterà a disposizione 840 milioni di euro di qui al 2013”.
Accanto all’analisi sulle dinamiche economiche l’assessore evidenzia anche come dal rapporto emerga anche il percorso di trasformazione graduale delle aziende: “E’ in atto un processo di ristrutturazione aziendale volto a rendere più competitiva la nostra agricoltura: infatti, anche se la dimensione delle imprese resta piccola (circa 9 ettari di media), diminuiscono però le imprese non professionali, a vantaggio di aziende più strutturate e capaci di affrontare il mercato. In questa direzione va anche letta la propensione ad investire: secondo i dati del rapporto il 39% delle imprese agricole ha investito negli ultimi tre anni in macchinari e il 15% nell’acquisto o ammodernamento di fabbricati produttivi”.
“Complessivamente – conclude l’assessore – trovo che il rapporto dimostri una buona sintonia tra le azioni portate avanti nel corso del 2006 da tutto il comparto e le linee strategiche di fondo che sono emerse alla conferenza regionale di dicembre e che riassumerei in tre punti: politiche di qualità, spinta alla modernizzazione e alla diversificazione, valorizzazione dei percorsi di filiera”. “Il Rapporto sull’economia agricola e rurale della Toscana – è il commento di Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia - si conferma come strumento fondamentale per l’analisi complessiva dell’andamento del settore e di tutti i suoi comparti tradizionali, ma anche per gli approfondimenti che quest’anno propone su segmenti particolari e innovativi quali agricoltura e energia, gestione dell’acqua, filiera corta e credito all’agricoltura.
I dati sull’andamento del settore, tra l’altro, confermano – oltre alle grandi potenzialità del sistema agricolo toscano – i profondi cambiamenti in atto sia nelle produzioni, sia nel tessuto delle imprese agricole: la lettura e la conoscenza di queste trasformazioni rappresenta un elemento fondamentale per supportare e orientare le scelte strategiche del Governo Regionale”.
I dati del Rapporto
Agricoltura uguale economia: per il 2006 il settore primario marcia agli stessi ritmi del Pil regionale (+1,7 anche per quello).
Il bilancio positivo è dovuto in larga misura all’exploit dell’industria alimentare (+4,8), ma significativo è anche il +0,2 dell’agricoltura, specie se raffrontato al –3,5% a livello nazionale. A far salire i conti verso il segno più è in alcuni casi l’aumento della produzione anche a fronte di una diminuzione dei prezzi (è il caso del vino), in altri è l’aumento dei prezzi che va a compensare un calo della produzione (così nella zootecnia). Il traino della crescita è legato in molta parte all’export che mette in evidenza il saldo positivo del vino (+6,4) e delle piante (i vivai si attestano su un +6,2).
Clienti principali sono i Paesi dell’Unione europea (51%) e il Nord America 29%, ma salgono le vendite anche presso gli altri Paesi. Spinge forte sull’acceleratore anche l’agriturismo: nel 2006 si rileva un +15% di presenze rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda il lavoro, il numero degli occupati in agricoltura supera nel 2006 quota 60mila (+2,7 rispetto all’anno precedente). Il rapporto 2006 si concentra anche sugli incidenti nei luoghi di lavoro; la dinamica dei casi è in diminuzione: dal 2001 al 2005 gli infortuni denunciati si sono ridotti dell’ 11% anche se, nel frattempo gli occupati sono aumentati (+14%).
La frequenza degli infortuni riguarda soprattutto i giovani (e la scarsa esperienza può risultare una delle cause) e i lavoratori extracomunitari (12% dei casi). Diminuiscono gli incidenti mortali e risultano, in circa la metà dei casi, di origine stradale.
"Nonostante i dati emersi dal rapporto sull’economia rurale lascino intravedere segnali positivi (+ 0,2% la crescita del Pil della “sola” agricoltura) è necessario rimanere realisti e confrontarci con il fatto che, per gran parte delle nostre aziende, il reddito del 2006 resta di segno negativo".
Piedi per terra dunque sembra essere la parola d’ordine di Giordano Pascucci, presidente della Cia Toscana, intervenuto alla presentazione del IX Rapporto sull’economia agricola e rurale della Toscana, presentato a Firenze da Regione, Arsia e Irpet. "E’ necessario scorporare - sottolinea Pascucci – l’exploit fatto segnare dall’industria alimentare (+ 4,8%), che influenza fortemente l’intero settore, da quella che è la situazione reale dell’agroalimentare domiciliato nella nostra regione.
Favorire quindi i patti di filiera. La situazione ci impone di accelerare sugli impegni assunti durante l’ultima conferenza dell’agricoltura". Inoltre il presidente della Cia ha ricordato la campagna “Dacci un taglio”, che la Confederazione sta portando avanti contro la burocrazia in agricoltura.
Rischiamo di far sparire la metà delle imprese agricole della Provincia di Massa Carrara. A rischio il già precario sistema agricoltura apuo-lunigianese composto in 9 casi su 10 da piccole imprese a conduzione familiare.
L’analisi, impietosa e quasi scientifica, è della Coldiretti - la maggiore organizzazione provinciale che ha tra le sue fila circa 3000 imprese - che alla vigilia della grande mobilitazione di Bologna dell’11 luglio che vedrà sfilare, per le vie della città, da Piazza 8 agosto a Piazza Maggiore, migliaia di agricoltori – oltre 500 quelli apuani - per dire no al Ministro De Castro e con lui ad ogni tentativo di standardizzare e omologare verso il basso la qualità per asservire l’agricoltura nazionale (e industriale) ad un modello di sviluppo produttivistico, nell'interesse di pochi e a danno di agricoltori e consumatori.
Il rischio è concreto e Coldiretti alza il tiro sollevando una delle più grandi mobilitazioni di sempre. Intanto sono già sparite, nell’ultimo anno (dati dell’ultimo Rapporto Economia della Camera di Commercio di Massa Carrara) 44 aziende che non hanno potuto reggere il passo di un mercato che premia i pirati agroalimentari e taglia chi sceglie di fare qualità e trasparenza. Un dato confermato dal tasso di sviluppo negativo: 3,4% in meno.
“C’è un tentativo in atto da parte della politica italiana ed europea – spiega Vincenzo Tongiani, Presidente della Coldiretti che sarà a Bologna assieme a tutti i vertici - di cancellare la legge sull'obbligo di indicare in etichetta l'origine degli alimenti per favorire le importazioni di prodotti taroccati.
Un atto gravissimo a danno del made in Italy che premia le multinazionali e i grandi interessi a discapito delle piccole imprese che non possono competere ne su quantità ne sul prezzo. I nostri prodotti, il nostro patrimonio agroalimentare potrebbe, se la legge sull’etichetta venisse davvero cancellata per favorire chi non fa qualità, scomparire. C’è scritto made in Italy ovunque anche in quei prodotti che arrivano dalla Cina, Germania, Australia ma di italiano non c’è nulla nemmeno l’etichetta.
Si falsifica l’identità territoriale e si confonde il consumatore che tra due prodotti apparentemente egualmente italiani sceglie quello che costa di meno a danno di quello che ha in realtà più qualità”. Il confronto è solo all’inizio e l’andamento generale fa presagire tempi peggiori per il sistema agricoltura provinciale. I pirati prima solcavano il mare oggi gli scaffali di negozi.
Domani potrebbe non esserci più un vino di Candia, o un miele della Lunigiana, potrebbero diventare rarità la marocca di casola, o la cipolla di treschietto quando noi abbiamo fatto tanto per ricostruire un legame tra territorio-agroalimentare e mercato.
Un legame che è seriamente a rischio”. Tra i punti critici che Coldiretti e l’intero sistema non accetta: la proposta di sperimentare gli Ogm su prodotti base dell'agroalimentare nazionale oltre ai ritardi nell'attuazione di gran parte delle misure previste in finanziaria per il settore. Dal decreto per le nuove società agricole a quello per la gestione assicurativa delle calamità atmosferiche e per le crisi di mercato, dalla vendita diretta degli agricoltori alle intese di filiera fino al mancato sviluppo delle energie pulite dalle biomasse, necessarie per contrastare i cambiamenti climatici, diversificare le fonti di approvvigionamento e alleggerire il peso delle bollette su tutti i cittadini.
“La situazione è tra le più critiche dell’ultimo decennio. Siamo preoccupati – prosegue Tongiani – c’è bisogno di una mobilitazione forte e compatta del sistema e per questo invito tutti i coltivatori a non mancare l’appuntamento con Bologna. Diamo tutti insieme una risposta a chi vuole distruggere il nostro progetto di rigenerazione dell'agricoltura italiana.
Infine, una bacchettata alla politica colpevole di annacquare le rappresentanze e rendere impossibili scelte e strategie: “Siamo i primi – conclude Tongiani – a dire quando la politica va e fa bene il suo mestiere, ma siamo anche i primi a dire che così non va.
La qualità della concertazione a livello nazionale prima, poi regionale e provinciale, si è abbassata per lasciare tutto invariato e non fare passi avanti. Non sono più gli agricoltori a dire di cosa hanno bisogno è la politica a farlo. Ma lo sta facendo bene?”.