Prato, 4 aprile 2007 – Miele (acacia, castagno e millefiori), fichi di Carmignano, biscotti di Prato, Pan di Ramerino e Tortello di Patate i prodotti tipici più conosciuti dai pratesi. Vermouth di vino bianco il più anonimo. Carne di razza Calvana, farina di castagne, e ancora miele, fichi di Carmignano, fico dottato, biscotti e bozza (pane di Prato) i più graditi alle papille degustative. Sono alcuni dei dati forniti dalla ricerca stilata da Coldiretti Prato mirata a censire i gusti, il grado di conoscenza e di gradimento delle produzioni agroalimentari del territorio da parte del consumatore tipo.
La ricerca (il titolo: “Tradizioni storiche ed enogastronomiche legate alle produzioni agricole e al territorio della Provincia di Prato, quali elementi di sviluppo economico del territorio rurale provinciale in grado di favorire forme di aggregazione dei produttori agricoli”) ha permesso di intervistare, attraverso un semplice questionario e domande, 247 persone tra consumatori e produttori che abitano a Prato e fuori provincia. 21 i prodotti inseriti nella lista Coldiretti (estratti dall’elenco della Regione Toscana): Vermouth di vino bianco, mortadella di Prato, carne di razza calvana, fegatello nella rete, farina di castagne, fichi di Carmignano, fico dottato, miele millefiori, acacia e castagno, amaretti di Carmignano, biscotti di Prato, berlingozzo, biscotti col riccio, bozza pratese (pane di prato), bruti buoni, mangia e bei, pesche di Prato, tortello di patate e zuccherino di vernio.
I risultati
Alla domanda clou del questionario: quale prodotto conosci di più? La totalità degli intervistati, pari quindi al 100%, ha messo una “x” su tutte e tre le qualità di miele (acacia, castagno e millefiori), sui biscotti, e sul Pan Ramerino. Mentre è conosciuto solo da 13 persone (5%) su 247 il Vermouth di vino bianco, preceduto dai fegatelli nelle rete (48%), dal biscotti col riccio (53%) e mangia e bei (54%). E il prodotto agroalimentare più gradito? Non ha eguali, per i pratesi (hanno dovuto rispondere con un voto da 1 a 4 dove 4 significa alto gradimento), la carne di razza calvana che negli ultimi anni ha imparato a farsi apprezzare da sempre più buongustai, la farina di castagne, i fichi di Carmignano e fico dottato, al pari, ancora, di miele biscotti, e bozza.
Non piace il vermouth, che con i fegatelli nella rete, gli amaretti di Carmignano, i mangia e bei e le pesche sono in fondo a questa speciale classifica di gradimento. E quello più acquistato? E’ la mortadella (di Prato naturalmente) con l’89% che è anche il prodotto che i pratesi associano meglio la territorio (83%), seguita dai biscotti (84%) che sono, secondo gli intervistati – il prodotto simbolo della Provincia (tutti, pari quindi al 100%, associano i biscotti al territorio), farina di castagne (78%), e bozza pratese (42%).
Al contrario, solo l’1% compra il fico dottato nonostante sia tra i più apprezzati, e i fegatelli in rete. Esaminato il grado di conoscenza delle produzioni locali, e capito il gradimento delle singole unicità enogastronomiche la ricerca si è poi rivolta alle tasche degli intervistati. Quanto saresti disposto a pagare in più rispetto al prezzo dei prodotti commerciali? (Le opzioni andavano da un secco no ad un 20%). Mediamente si è disposti a pagare un prodotto agroalimentare tipico da un 10 ad un 15% in più ma non, e mai, il 20%.
Scendendo ancora nel dettaglio 135 intervistati (55%) sono disposti a percorrere fino a 5 chilometri per trovare le produzioni locali, il 31% percorrerebbero 10 chilometri, solamente il 4% oltre 15. Sul luogo di preferenza di acquisto dei prodotti il 47% preferisce affidarsi al negozio, magari all’alimentari vicino casa, un buon 25%, ovvero 1 su 4, va direttamente in azienda, e un 15% sfrutta l’occasione dei mercatini rionali e degli appuntamenti enogastronomici come i “Mercatini di Primavera”.
Un 3% partecipa ai gruppo di acquisto e un 10% fa shopping agroalimentare via telematica. “Questo progetto – spiega Maurizio Fantini, vicedirettore Coldiretti Prato – è nato in principio per capire il rapporto tra consumatore e produttore, e come scopo ultimo, quello di trovare, dopo aver analizzato i dati, lo strumento o gli strumenti, che più potrebbero aiutarci ad accorciare la filiera e a mettere in contatto chi produce e chi consuma. E’ evidente la difficoltà dei prodotti di finire sulle tavole del consumatore come è molto difficile trovarli nei menu di agriturismo e ristoranti.
E’ proprio da questo punto che partiremo: inserire le produzioni agroalimentari all’interno dei menu facendo promozione prima sul territorio ed indirettamente sul turista, ed eventualmente, se ci sarà la disponibilità e la quantità, fuori dalla provincia. Per ora è importante valorizzare e far conoscere le tipicità al territorio dove vengono prodotte perché è paradossale che molti di questi – analizza – non siano conosciuti dagli stessi pratesi. E’ idiomatico il fatto che il compromesso qualità-prezzo sia attestato, secondo la nostra ricerca, al 15%.
Significa che un consumatore tipo non è disposto a sborsare oltre il 15% per un determinato prodotto agroalimentare. C’è da lavorare – conclude Fantini – per convincere i ristoratori a usare le produzioni locali e il consumatore a cercare quel determinato prodotto”.
La guida
Nell’ambito del progetto è stata stilata una piccola guida tascabile che ha l’obiettivo di aiutare i cittadini a riscoprire le produzioni caratteristiche legate al territorio e alle sue tradizioni.
La guida è rivolta sia al consumatore sia al produttore. Al suo interno infatti, troviamo oltre alle schede dei prodotti provinciali censiti da Coldiretti, un ricettario, l’elenco delle aziende divise per Comune dove trovare i prodotti presenti all’interno della guida e un vademecum per l’acquisto consapevole, anche indicazioni rivolte al produttore sugli adempimenti occorrenti per ottenere i permessi necessari per poter vendere i prodotti presso mercati rionali oppure in altre forme. “L’ultima sezione – spiega Fantini – è finalizzata a far prendere coscienza il consumatore dell’importanza dell’etichetta.
Saper leggere l’etichetta ed interpretarla a volte, visto che ci sono ancora molti punti oscuri sui cui lavorare a livello nazionale e di Comunità Europea, ci può salvaguardare dall’acquisto di generi alimentari non garantiti. Basti pensare, tanto per citare l’esempio più attuale, che una bottiglia di olio di oliva su due è straniera. L’olio è spesso un miscuglio di olive spagnole, greche e tunisine. E ancora il concentrato di pomodoro in salsa cinese o prosciutti ottenuti da maiali allevati in Olanda e Danimarca.
Qualità, composizione, conservazione, origine di provenienza, e modo di fabbricazione o di ottenimento di quel particolare prodotto devono essere trasparenti e certi. Ecco la ragione d’essere di questo vademecum per la trasparenza”.