"Ieri pomeriggio, in occasione del convegno "Vivere per strada morire per strada: volti e storie dei senza fissa dimora a Firenze, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, sono stati resi noti che sono 434 i senza fissa dimora presenti sul nostro territorio, sono numeri preoccupanti - ha sottolineato l'assessore all'accoglienza e integrazione Lucia De Siervo - però da un lato dimostrano come è impossibile per una città pensare di affrontare il problema da sola". L'assessore De Siervo ricorda infatti che Firenze nella prima accoglienza offre risposte paragonabili in cifre assolute a quelle delle città italiane più grandi: dall'11 novembre quando ha preso il via il progetto d'accoglienza invernale è stata offerta ospitalità a 249 persone (149 uomini e 90 donne).
Nel 2006 nelle strutture d'accoglienza del Comune sono state accolte 1.112 persone. "Si tratta spesso di un bisogno che non nasce all'interno della città, ma che spesso è la conseguenza di vicende che hanno una rilevanza molto più ampia. Basti pensare che a Firenze - ha ricordato l'assessore De Siervo - negli ultimi 2 anni sono stati avviati progetti per cittadini etiopi, eritrei e somali con lo status di richiedenti asilo, per circa 200 persone fuggite dalle proprie terre. Progetti che hanno avuto un impatto sull'amministrazione, ma poco significativi sul bisogno complessivo, se come accade, da quelle terre partono molti cittadini con in tasca un biglietto destinazione un indirizzo di "Firenze".
E' evidente infatti che le ingiustizie mondiali, non possono essere risolte da Firenze, come da nessun altra città ovviamente. In Italia ancora oggi oltretutto non abbiamo una legge organica sul diritto d'asilo, cosicché i cittadini con questo status possono trattenersi sul territorio, ma non hanno nessuna forma di aiuto a livello centrale". "Occorre quindi un cambio di impostazione - ha concluso l'assessore - non è più pensabile delegare le politiche dell'accoglienza alle città che decidono di attivarsi in questo campo.
Per questo è fondamentale che i comuni acquisiscano la consapevolezza che l'accoglienza è un servizio che non può essere attivato su base volontaria, quindi serve una riflessione complessiva per una politica complessiva di area vasta, dove ognuno contribuisce per la propria parte". (mr)