Da cinquanta anni è un mistero nel cuore del centro storico fiorentino. Il complesso di Sant'Orsola, stando alle promesse dell'Amministrazione comunale, tornerà a nuova vita nel futuro prossimo. Intanto sono iniziati i lavori di smantellamento delle impalcature che coprivano da decenni le facciate dell'intero isolato.
Nelle settimane scorse la struttura è assurta a notorietà internazionale, dopo che uno studioso ha indicato l'antico convento di Sant'Orsola come il probabile luogo di tumulazione delle spoglie di Monna Lisa, la Gioconda immortalata da Leonardo da Vinci, nel dipinto forse più celebre della storia.
Ieri, accompagnati proprio da Giuseppe Pallanti, l'autore del volume La vera identità della Gioconda, siamo entrati eccezionalmente a Sant'Orsola, insieme a Federico Biagione, conduttore di Stradafacendo, il programma di Radiodue che domenica prossima (in onda dalle 17.00 alle 19.30) dedicherà uno speciale alla vicenda.
L'apparenza spettrale dell'esterno, nasconde un interno scheletrico di pilastri di acciaio che sostengono la struttura portante.
Negli ultimi decenni la Guardia di Finanza aveva acquisito l'edificio per proprie necessità, avviandolo ad una radicale ristrutturazione. Al centro del grande cortile quadrato, che tradisce le origini monastiche e richiama alla memoria gli ampi cortili interne delle Murate, un profondo parcheggio sotterraneo lacera la magnificenza dello spazio. In fondo si intravede, il secondo piano sotterraneo allagato dell'acqua, che ha sommerso il fallimento del progetto architettonico.
Dalle tante finestre affacciate, sembrano risuonare le voci delle famiglie istriane che ai piani superiori furono ospitate per qualche tempo, cinquanta anni fa, all'epoca dell'esodo postbellico.
Sul cortile si staglia un orologio a facciata, che fa pensare al lungo periodo in cui Sant'Orsola fu sede della Manifattura Tabacchi e luogo natale del Sigaro Toscano. Oltre gli sventramenti e le impalcature, in direzione di via Santa Reparata, si intravede un altro cortile. Avvicinandosi, l'emozione di scoprire quello che pare proprio un antico chiostro, la traccia più evidente dell'originale destinazione di monastero. Ecco che nelle parole del professor Pallanti si animano le immagini delle suore, per secoli abitatrici di questi ambienti, e dei malati e derelitti, che chiedevano ospizio alla pia dimora.
Al centro del chiostro una selva di frasche si divincolano tra i tubi Innocenti verso il cielo azzurro.
Difficile stabilire, dopo secoli di interventi e ristrutturazioni se siamo vicini al cimitero monastico, dove potrebbe essere stata sepolta la donna con il sorriso più famoso del mondo. Ci allontaniamo con il piacere di aver violato un'area off limits per intere generazioni di fiorentini e con la speranza di vedere un giorno restituita la struttura ad un'accessibilità culturale e turistica, che il mondo ci chiederebbe, ricambiando oltre i suoi meriti una città distratta.
Nicola Novelli