Questo documento, redatto dall'Assessorato alla Partecipazione democratica e Rapporti con i Quartieri, accompagna i documenti di quartiere e richiama i principali temi generali affrontati nella fase cittadina, a conclusione del Forum sul Piano Strutturale, che è stata un’esperienza svolta per la prima volta in modo così impegnativo ed esteso.
Gli esiti degli incontri sono stati riorganizzati secondo i principali filoni di discussione, sintetizzando le questioni emerse, ma anche raccogliendo le visioni diverse che si sono espresse, per rappresentare prima di tutto il dibattito, oltre ogni valutazione di merito.
Insieme ai cinque documenti di quartiere questo testo sarà trasmesso all’Amministrazione comunale e in particolare alla Commissione Urbanistica del Consiglio Comunale, affinché ne vengano affrontati i contenuti trattati, in vista dell’approvazione del Piano Strutturale.
Giovedì scorso, nell'ultima riunione del Forum per il Piano strutturale del Comune di Firenze sono state accolte le richieste che alcuni comitati avevano formulato: sia quella di far sì che ci sia più tempo per esprimere le proposte di emendamento, sia quella di assicurare che ai consiglieri comunali, alla commissione Urbanistica e ai quartieri siano trasmessi al termine del percorso - oltre ai documenti stilati dall'Amministrazione - anche tutti i testi scritti consegnati al Forum dai partecipanti.
I cittadini hanno tempo fino a domani per inviare le integrazioni che ancora mancano.
Partecipazione e governo del territorio
Il Piano prevede nella stesura adottata di valorizzare, anche a seguito dell’esperienza del forum, forme di interazione tra cittadini e amministrazione nella gestione del Piano stesso, sollecitando proposte verso gli strumenti per la costruzione del Regolamento urbanistico e l’organismo di controllo/monitoraggio tipo la Conferenza permanente per il Piano strutturale.
Per avviare una chiara discussione sul Piano serve preliminarmente far emergere l’idea di città che l’Amministrazione persegue, quale sia il modello di sviluppo che la muove, quale prospettiva la può contenere, come base di partenza per un dibattito aperto ad un coinvolgimento della cittadinanza attiva che sviluppi visioni più ampie e sofisticate, sul piano culturale su cosa deve essere la città.
Il contributo della partecipazione sta infatti nella discussione sulle linee di indirizzo generali, sugli assi portanti da un lato e nella valorizzazione delle risorse e sensibilità presenti nel territorio dall’altro, lasciando che le soluzioni specifiche siano sviluppate dagli amministratori.
Vanno fatti capire e “vedere” percorsi e obiettivi, come si arriva a fare le scelte, dove si va a finire, qual è il disegno finale, non necessariamente cosa si fa ma soprattutto perché. Servono infatti nuovi processi, nel rapporto cittadino/istituzioni, e non necessariamente nuovi prodotti, quali nuovi organismi rappresentativi di questo rapporto.
Una importante considerazione è sul ruolo rappresentativo della partecipazione nel promuovere processi decisionali condivisi. Le pratiche partecipative efficaci esprimono l’arricchimento di un percorso decisionale non riconducibile solo agli eletti, anche se questi sono autonomi sul piano della responsabilità politica delle scelte.
Il nuovo scenario è piuttosto quello di governare con “consenso costante”, data l’insufficienza della delega elettiva per l’intero mandato e questo presuppone un livello alto e continuo di rapporto tra elettori ed eletti/decisori, corretto e trasparente, per recuperare quella “corresponsabilità” tra politica e cittadinanza, oggi in crisi con la perdita di radicamento dei partiti dal territorio, tradizionalmente primo livello di partecipazione democratica alla vita cittadina.
Nuove forme di rappresentanza sono anche le voci dei cittadini sui giornali locali, di quartiere, sul web per poter interagire politicamente con i decisori.
Un obbiettivo, nell’affiancamento ai percorsi decisionali ordinari di quelli partecipativi, è l’attivazione di un processo cosiddetto “protagonico” che definisce regole chiare e che affida alla partecipazione quote specifiche di “potere reale”, da esprimere in atti formali e concreti, dove diventa centrale il rapporto tra valore delle scelte e rappresentanza partecipativa, sia sul piano delle azioni che su quello dei bilanci.
Soprattutto infine la cittadinanza attiva esprime rappresentatività sul piano delle idee, a cui va espresso un riconoscimento specifico delle progettualità.
L’attuazione del decentramento è la prima forma partecipativa istituzionale, dove il Quartiere intanto ha il ruolo di informare e rapportarsi efficacemente con i cittadini.
Vanno inoltre riqualificati gli strumenti già formalizzati di interazione tra cittadini e istituzione come le commissioni edilizia, urbanistica e integrata, e con il ruolo delle consulte comunali.
Ancor più significativo deve essere l’apertura verso le città che le commissioni consiliari comunali e di quartiere devono avere per interagire più compiutamente con le realtà presenti sul territorio, rendendo per esempio possibile la presenza ai propri lavori dei cittadini e delle associazioni.
Va inoltre promossa l’accessibilità e la trasparenza degli atti e la pubblicizzazione delle risorse che ne permettono la consultazione.
Il ruolo della partecipazione al Piano strutturale è interpretato prevalentemente come il monitoraggio, con il ruolo di controllo dal basso, dell’attuazione del Piano nel corso del tempo sulle varie pianificazioni che da esso si svilupperanno sui vari livelli, da quello urbanistico a quello ambientale, da quello culturale a quello sociale, sino ai servizi.
Accentrare le decisioni e decentrare il controllo quindi può avere come esito politico lo schema di uno strumento partecipativo di sostegno al Piano strutturale.
Va comunque preliminarmente approfondito il quadro dei poteri della Conferenza permanente (e degli altri strumenti) per sostanziare la discussione.
Strumenti diversi vanno orientati alle scale adeguate: la Conferenza permanente cittadina potrà occuparsi delle grandi questioni, mentre i laboratori di quartiere, nel quadro del decentramento, potranno essere i punti di riferimento per le scelte locali.
Partecipare richiede informazione e consapevolezza, per superare la difficoltà del cittadino nell’inserirsi con pari dignità in un processo decisionale con altri soggetti.
La questione del linguaggio è quindi preliminare per la partecipazione.
Un processo partecipativo richiede un linguaggio adeguato ai partecipanti, forme efficaci di interazione, rappresentazione delle divergenze, per poter contribuire in maniera garantita con regole concordate preliminarmente.
I contesti in cui promuovere spazi partecipativi sono importanti per il tipo e la qualità della discussione, e richiedono adeguate “tecnologie di rapporto” come la comunicazione, l’informazione, le forme di facilitazione, il trasferimento trasparente del dibattito.
Tra queste è importantissimo il ruolo della stampa nel trasferire ai cittadini informazione e dibattito per arrivare alle decisioni, mentre un ruolo nuovo della rete civica dovrebbe integrare alla comunicazione istituzionale le risorse informative e di discussione degli altri soggetti che fanno informazione sui temi della città, come agorà telematica, in ogni caso con l’attenzione a non costruire solo canali tecnologici avanzati non accessibili da tutti i cittadini.
Serve soprattutto la partecipazione sul piano attuativo degli interventi, come lo sviluppo di provvedimenti condivisi sulla mobilità oppure le scelte per la fruizione pubblica della cultura; la partecipazione dei cittadini infatti si attiva prevalentemente sulle questioni specifiche, dove si costituiscono emergenze o ricadute dirette sulla vita quotidiana.
L’esperienza del forum territoriale per aree, più vicino ai cittadini, suggerisce l’ipotesi di rendere permanenti gli spazi di discussione, facendo delle utoe gli ambiti periferici da rappresentare insieme nella Conferenza permanente cittadina, per ottenere uno spettro ampio e significativo delle articolazioni del territorio e delle sensibilità della cittadinanza.
Una proposta specifica, avanzata nel corso del forum, prevede di rappresentare ogni utoe da associazioni, cittadini e rappresentanze politiche del territorio, da attivare verso l’alto in un tavolo permanente cittadino (la Conferenza permanente) e verso il basso in assemblee periodiche di utoe.
Sempre in quest’ottica di valorizzazione del decentramento (e del ruolo dei quartieri) le forme di discussione vanno integrate primariamente dall’informazione puntuale e diffusa, attraverso luoghi attrezzati in maniera permanente con assistenti di aiuto alla comprensione dei materiali tecnici per la discussione, anche coinvolgendo il tessuto associativo più attrezzato sul piano conoscitivo.
I maggiori rischi di perdita di coerenza delle decisioni sono spesso nel livello tecnico di attuazione e in questo senso va mantenuta continuità nell’informazione e nel trasferimento delle discussioni coinvolgendo i
tecnici anche nelle valutazioni di indirizzo, in ogni caso con un adeguamento (sia tecnico che culturale) della macchina comunale verso una maggior flessibilità e linearità di azione rispetto alle decisioni prese.
La disaffezione o poca credibilità ai percorsi partecipativi invece si innesca spesso per la debolezza dell’informazione, che lascia spazio ai dubbi sui reali obbiettivi degli interventi, per le risposte inevase alle domande, per la poca trasparenza nell’espressione attuativa delle decisioni, ma soprattutto per la poca chiarezza degli esiti dei processi partecipativi stessi.
Destano preoccupazione le stesse trasformazioni urbane in continuo sviluppo, nonostante le mobilitazioni spesso senza esito che a loro volta innescano rassegnazione sulla possibilità di incidere nei processi.
Strumenti permanenti, formalmente normati, permettono di costruire un meccanismo di fiducia reciproca.
C’è una richiesta specifica per formalizzare percorsi e strumenti di partecipazione, per trasformare esperienze sperimentali quali il forum in strumenti permanenti, da inserire in norme e statuti calibrandole sulle tematiche e sulle scale di intervento.
Esperienze europee di tipo partecipativo come LUDA a Peretola, gettano le basi per esperienze sperimentali ma moderne, sul piano procedurale e formale nell’affrontare insieme questioni specifiche.
In questo senso istituzionalizzare la partecipazione deve essere parte di un processo di garanzia, dove oggi il limite di un percorso partecipativo “informale” offre l’occasione per un dibattito diffuso e la disponibilità all’ascolto ampio dell’Amministrazione, ma non può garantire gli esiti.
La valutazione dell’efficacia del processo partecipativo rimane infine un passaggio ineludibile del processo stesso, da programmare e strutturare per promuovere correttivi adeguati o nuove strategie.
A tutti i livelli, infine, i modelli informativi, consultivi, partecipativi e di denuncia, sono da tenere insieme integrandoli con spazi e modalità adeguati di interazione per arricchire i percorsi decisionali pubblici allargando al massimo i contenuti sul piano del dibattito.
In generale vanno inoltre delimitati i termini della discussione, al pari della definizione delle regole di confronto, e va fatta chiarezza dove inizia il mandato degli amministratori, nel recepire le discussioni, e dove finisce la partecipazione dei cittadini, con l’assunzione di responsabilità nelle scelte da parte degli eletti.
Il sistema della mobilità
La mobilità dei cittadini e delle merci è uno degli aspetti più rilevanti, ma anche più complessi della realtà urbana.
Essa impone la realizzazione di un modello in grado di coniugare il diritto a muoversi, con la tutela dell’ambiente e della salute.
Va perseguita una precisa gerarchia che sviluppa il trasporto pubblico locale, limita quello privato e promuove la mobilità elementare, attraverso politiche adeguate.
Il Piano Strutturale deve definire una visione unitaria del territorio, in grado di legare il sistema della mobilità con la distribuzione delle funzioni, assicurando collegamenti pubblici soddisfacenti per tutte le attività e le infrastrutture maggiormente attrattive.
Il servizio pubblico, costituito dal trasposto su ferro e da quello su gomma, deve essere reso efficiente, capillare, frequente, puntuale, esteso nel tempo.
Esso deve cioè diventare competitivo e conveniente rispetto al trasporto privato. Solo in questo modo sarà possibile innalzarne l’utenza.
La dimensione su cui elaborare una pianificazione efficace è quanto meno metropolitana, visto l’elevato numero di spostamenti che si dispiegano nella fascia centrale della Toscana e che in gran parte interessano il capoluogo regionale. E’ necessario proporre un’offerta di mobilità pubblica soddisfacente e conveniente rivolta ai pendolari che attraversano o raggiungono la città dall’esterno, potendo così ridurre il ricorso ai mezzi di spostamento privati.
Un argomento così complesso deve essere affrontato con una regia unitaria di tutta l’area, per la quale potrebbe essere utile l’istituzione di un’Agenzia metropolitana per la mobilità, con funzioni di indirizzo e di coordinamento.
Il sistema di trasporto pubblico locale metropolitano deve perseguire un’alta integrazione tra le diverse modalità, su ferro e su gomma, deve essere affiancato da infrastrutture di servizio funzionali, come i parcheggi scambiatori o l’affitto di biciclette, deve prevedere collegamenti con il sistema della mobilità elementare.
Anche nella gestione è utile applicare il principio dell’intermodalità, attraverso una bigliettazione unica, che riunisca il treno, la tramvia, l’autobus, per estendersi fino alla locazione di mezzi ecologici e all’utilizzo dei parcheggi nelle zone di origine dei flussi di traffico.
L’asse principale su cui riorganizzare la mobilità è quello ferroviario metropolitano, oggi inadeguato e insoddisfacente. In alcune zone vanno realizzate o riaperte le stazioni, garantendo un servizio ramificato sull’intero territorio.
In altre zone vanno attivate nuove linee utilizzando la rete esistente, come nel caso del Chianti. Talvolta invece si tratta di potenziare il servizio già in atto, ma scarsamente rispondente ai bisogni effetti dei cittadini, come nel caso della Faentina.
Le strutture ferroviarie devono essere dotate dei supporti necessari, dalle biglietterie, ai parcheggi, alle piste ciclabili. I vettori utilizzati devono garantire sicurezza e comodità, a differenza di quello che accade oggi. Pur svolgendo un ruolo positivo il sistema ferroviario separa i diversi territori della città: questo limite deve essere neutralizzato attraverso sottopassi e passaggi a livello.
La realizzazione dell’Alta Velocità ha ricadute critiche elevate sul territorio, sia per quanto riguarda il servizio a regime, sia per quanto riguarda i lavori per la sua realizzazione.
Vi sono pericoli per l’impatto idrogeologico, per la staticità del territorio interessato e per l’inquinamento prodotto dai cantieri e dai materiali da scavo. Inoltre vi è un problema relativo al rispetto dei tempi previsti e al trasporto dei materiali che in parte avverrà su gomma e non su rotaia.
Alla rete ferroviaria si affianca la rete di trasporto urbano su rotaia attraverso la realizzazione della Tranvia, delle cui tre linee progettate due sono in via di esecuzione. L’orientamento prevalente esprime una valutazione positiva, pur evidenziando alcuni problemi che devono essere affrontati e risolti.
Il primo riguarda i tracciati, per i quali va verificata la compatibilità con la realtà esistente. Si ritiene inoltre che vi siano alcune zone che devono essere raggiunte per garantire un servizio effettivamente efficace: tra queste ci sono gli ospedali di Ponte a Niccheri e di Torregalli, la zona di Campo di Marte, del Guarlone e del Gignoro. La Tranvia, intesa come mezzo di trasporto ecologico, dovrebbe garantire anche il raggiungimento delle principali aree verdi come gli ANPIL.
Nel fase di realizzazione, in cui i cantieri generano problemi significativi sia per i residenti che per le attività economiche, i cittadini devono essere informati e coinvolti attraverso interventi che assicurino la trasparenza e la partecipazione.
Inoltre vanno adottate tutte le misure necessarie per ridurre l’impatto negativo dei lavori.
Quando la tranvia sarà a regime vanno ripristinati gli alberi tagliati, vanno recuperati spazi per il parcheggio dei residenti e va impedito che la Tranvia diventi un ulteriore barriera che separa il territorio.
La terza modalità che caratterizza il trasporto pubblico è quella su gomma, attraverso le linee servite da autobus, sia per gli spostamenti interni alla cintura urbana, sia per quelli di carattere regionale.
Il trasporto urbano su gomma oggi non risponde in modo adeguato alle esigenze dei cittadini perché non da garanzie sui tempi di attesa, spesso troppo lunghi, perché è troppo lento e perché spesso impone percorsi tortuosi, soprattutto nei collegamenti tra aree periferiche. Il servizio urbano ha inoltre una struttura centripeta che penalizza gli spostamenti in città non diretti verso il centro storico.
Il trasporto pubblico su gomma deve essere significativamente potenziato e riorganizzato, per diventare economico, veloce, frequente, puntuale e capillare.
La flotta viaggiante deve progressivamente essere composta solo da mezzi ecologici. Inoltre dovrebbe essere rafforzato il servizio notturno, che oggi non è in alcun modo un’alternativa valida al mezzo privato. Come già avviene in altre città, le corse tradizionali di alcune linee potrebbero essere affiancate da altre più rapide che effettuano solo alcune fermate.
Un’attenzione particolare va rivolta alle zone che non saranno servite dalla Tranvia, come il Quartiere 3.
Uno degli interventi più importanti da attuare per migliorare il servizio offerto è la progettazione di una rete ramificata di corsie protette su tutto il territorio, lungo le principali direttrici di spostamento.
Una forma di trasporto oggi ignorata e che invece potrebbe diventare un’interessante opportunità per il futuro è rappresentata dall’uso dei corsi fluviali a partire dall’Arno, in cui sperimentare forme di trasporto via acqua, da inserire nel sistema della mobilità.
Insieme alla mobilità pubblica va sostenuta la mobilità elementare ciclo-pedonale, attraverso infrastrutture e misure appropriate.
La situazione attuale è insoddisfacente sia per la carenze di percorsi dedicati sia per il cattivo stato di quelli esistenti, in particolare per quanto riguarda la manutenzione, la sicurezza e la segnaletica. Il potenziamento della mobilità elementare può essere permesso anche attraverso la destinazione dei proventi delle contravvenzioni, come prevede la legge.
Anche sulla base delle proposte elaborate dall’associazionismo, è urgente definire un sistema metropolitano integrato di piste ciclabili e pedonali, per permettere spostamenti in sicurezza sia all’interno dei vari quartieri, sia lungo le principali direttrici.
A questa rete dovrà affiancarsi un piano per la sosta delle biciclette a cui riservare il 10 per cento della superficie destinata ai parcheggi. E’ inoltre utile correggere i regolamenti comunali per permettere la sosta delle biciclette anche dove oggi non è prevista. Vanno promosse le greenway ciclopedonali su scala metropolitana. Il Piano Strutturale può inoltre contemplare i percorsi previsti dell’area fiorentina per la realizzazione di una rete ciclabile europea.
Per migliorare la qualità della vita e la socialità, oltre ad un reale controllo della ZTL e alla diffusione delle ZCS, è utile promuovere la pedonalizzazione di piazze e strade in tutta la città, con collegamenti ecologici.
Inoltre è importante assicurare un pieno uso dei marciapiedi, almeno nelle strade principali, ampliandoli dove necessario, soprattutto nel centro storico, anche riducendo alcuni posti per il parcheggio dei veicoli. In alcuni casi possono essere previsti sottoattraversamenti per il traffico, liberando così gli spazi in superficie. Utile è inoltre la riduzione della velocità su alcune strade di scorrimento particolarmente abitate.
Il trasporto privato attuale va drasticamente ridotto perché è congestionato e congestionante.
Una delle cause è il traffico pendolare, che si riversa in particolare nelle aree di confine e che dovrebbe essere bloccato all’origine, a fronte di un efficiente trasporto pubblico.
La limitazione degli spostamenti all’origine dei flussi è importante anche per evitare il pericolo di spostare il traffico dal centro, interdetto all’accesso, verso periferia della città consolidata, con un evidente peggioramento della qualità della vita nelle zone coinvolte. I flussi di attraversamento inoltre dovrebbero essere separati dai flussi locali. La stessa Terza corsia autostradale non appare in alcun modo risolutiva, mentre ha ricadute negative sul territorio, come per esempio nella zona di via del Montrone.
Il traffico poi è una delle principali cause di inquinamento, sia atmosferico che acustico.
Accanto alla riduzione del mobilità privata la riqualificazione della città richiede la liberazione degli spazi urbani dai veicoli, per restituirli alla socialità.
Peraltro l’aumento delle infrastrutture per la mobilità privata invece di fluidificare il traffico rischia di aumentarlo ulteriormente.
Tutte le zone della città sono investire dalla congestione del traffico che appare come uno dei principali problemi della vita urbana. Ci sono tuttavia alcuni casi particolarmente gravi, come emerge nei documenti di quartiere.
Una ipotesi contenuta nel Piano Strutturale che è stata affrontata è quella della Circonvallazione Nord. La maggioranza dei partecipanti al Forum che sono intervenuti hanno espresso un orientamento contrario per l’impatto negativo che avrebbe sull’area collinare, patrimonio di grande pregio ambientale e culturale, perché non risolverebbe i problemi del traffico di attraversamento, perché indurrebbe un ulteriore incremento dell’uso del mezzo privato e perché risulterebbe in contraddizione con il potenziamento del trasporto pubblico.
Le posizioni a favore ritengono che permetterebbe un sistema viario compiuto e che alleggerirebbe i viali di circonvallazione. In ogni caso, se verrà comunque mantenuta questa previsione, essa dovrebbe essere separata dal traffico locale, dovrebbe escludere uscite intermedie, dovrebbe essere collegata allo svincolo di Varlungo e dovrebbe dipendere dall’esito di studi rigorosi sulle conseguenze ambientali, idrogeologiche e sanitarie. La posizione prevalente ritiene che l’invariante programmatica contenuta nel Piano Strutturale dovrebbe essere la riduzione del traffico sui viali ottocenteschi e non la nuova Circonvallazione Nord.
Più in generale il Piano Strutturale, pur affermando il primato del trasporto pubblico in particolare su ferro, non ne fa sempre discendere scelte coerenti e investe troppo su quello privato. Inoltre le invarianti strutturali di programma legate alla mobilità richiedono ulteriori approfondimenti. Nel corso del Forum sono emerse alcune posizioni che le considerano incoerenti con una visione sostenibile della città, chiedendone quindi lo stralcio, in particolare per quanto riguarda l’assetto plurimodale del nodo ferroviario, l’assetto plurifunzionale del nodo autostradale, oltre alla Circonvallazione Nord.
Un aspetto particolarmente critico legato alla mobilità riguarda la sosta.
I parcheggi sono insufficienti su tutto il territorio comunale e già oggi il numero dei veicoli presenti è superiore a quello allocabile. In alcune aree la situazione è particolarmente grave, così come emerge nei documenti di quartiere. Le ristrutturazioni e i nuovi insediamenti devono tenere conto di questo aspetto, vincolando ogni ulteriore incremento abitativo, commerciale o produttivo ad una sufficiente previsione di parcheggi. Vanno introdotte specifiche misure per tutelare i residenti come i parcheggi pertinenziali, le ZCS, che però sono inutili se non vengono controllate, una tariffazione agevolata nei parcheggi pubblici, l’utilizzo equilibrato di spazi al di sotto delle strade e uno studio sugli effetti della possibile realizzazione di strutture di superficie come i sylos.
Per ridurre il fenomeno del pendolarismo, evitando che esso investa la città consolidata, è necessario approntare un sistema di parcheggi scambiatori, che devo essere all’esterno della città, meglio ancora se nei luoghi di origine dei flussi, devono essere serviti dal trasporto pubblico e devono avere un regime tariffario conveniente.
Il sistema viario va reso complessivamente più funzionale e più sicuro, per tutti e in particolare per i ciclisti e i pedoni.
E’ necessario aumentare la manutenzione e la cura dei rivestimenti. Un richiamo particolare meritano le strade storiche e la viabilità minore, che va tutelata e che potrebbe essere considerata un’invariante strutturale, come a Settignano, al Galluzzo, a Villamagna e a Castello.
Complessivamente il Piano Strutturale non registra in modo adeguato il livello di criticità attuale sia per il traffico che per la sosta.
Lo sviluppo della città consolidata
La questione abitativa segna in maniera rilevante la qualità della vita dei cittadini, sia nell’espressione di un bisogno primario, sia nella salvaguardia della qualità urbana con la realizzazione di nuovi insediamenti.
I bisogni abitativi si possono esprimere nella necessità di circa 10.000 abitazioni rivolte a cittadini che, per condizioni soggettive e sociali, non trovano una condizione d’accesso al mercato e in ogni caso negli indicatori delle proposte di piano trovano una quantificazione in prospettiva solo una metà delle esigenze, a cui vanno aggiunte 3.500 nuove residenze nelle previsioni di realizzazione con l’attuale piano regolatore e acquisizioni pubbliche di quote di terreni per i futuri interventi privati, permettendo di costruire ulteriori riserve.
La debolezza strutturale di intervento diretto ha promosso la norma delle quote del 20% sui nuovi interventi da riservare ad affitto calmierato, un’esperienza tra le più avanzate in Italia. Risponde in parte alle possibilità economiche della cosiddetta fascia grigia, con un’offerta comunque quantitativamente marginale rispetto alla domanda e comunque non risolvendo il problema dell’accesso sociale alla casa, che richiede anche altri percorsi.
L’Amministrazione deve contrattare con più energia con i privati promovendo politiche che incidano sul mercato, costruendo risposte diversificate ma di dignità per ogni cittadino (soprattutto per i giovani), mentre la collettività in senso più largo deve trovare risorse e cooperazione.
In questa direzione servono nuovi e più moderni strumenti, come un organismo pubblico per il settore privato, sul modello dell’agenzia per la casa, dove procedere al reperimento delle risorse dal privato, dalle fondazioni bancarie, dai fondi pensione, dai buoni comunali azionari, soprattutto gestendo pezzi di mercato immobiliare e lavorando sulla modernizzazione del mercato per la residenza sociale.
Le imprese sono fortemente impegnate nel realizzare nuove residenze, ma sono destinate ad un mercato non accessibile a chi ha bisogno primario di case, in un’ottica di impresa orientata al profitto degli investimenti, in ogni caso assorbite da un mercato (speculativo o meno) che le richiede.
Alcune valutazioni possono essere poste anche sui costi eccessivi di costruzione, cercando di attivare detassazioni o opportunità particolari per interventi orientati a bisogni sociali.
Questa città inoltre si confronta con un mercato che per le proprie caratteristiche attrae investimenti e persone da tutto il mondo, con richieste abitative molto sofisticate e con forme atipiche di residenzialità, dalla semplice rappresentanza al sovraffollamento forzato di soggetti attratti da opportunità lavorative marginali.
Gli studenti fuori sede (circa 20.000) hanno una fortissima capacità di stare sul mercato con contratti spesso inadeguati, stravolgendo le regole della domanda e innalzando le richieste dell’offerta.
Su questo piano bisogna intervenire proprio sull’edilizia residenziale universitaria per demotivare il mercato speculativo.
Sia in termini di interventi che di politiche pubbliche, va inteso quali “costi sociali” di intende affrontare per dare risposte ai bisogni abitativi e alla salvaguardia della qualità della vita: coniugare sviluppo senza espansione e densificazione urbana in termini di sostenibilità sociale, economica, ambientale, di salute.
La questione inoltre va inquadrata in una visione metropolitana per coordinare politiche ed interventi, altrimenti non equilibrabili solo all’interno di un perimetro comunale.
In ogni caso deve essere ripristinato un Fondo Nazionale Pubblico sulla Casa, mentre a livello locale bisogna indirizzarsi verso un nuovo Piano Casa comunale o di area metropolitana.
Le uniche risorse attualmente disponibili sono le aree dismesse, su cui costruire percorsi di intervento equilibrati, in particolare nel rapporto con i privati, e condivisi con i contesti su cui vanno ad incidere.
La ricchezza della città è anche nel conservare le proprie risorse vive, contro i rischi di espulsione in particolare dei soggetti più deboli come le giovani coppie, escluse da un mercato che funziona solo sulla rendita, con fenomeni inaccettabili e diffusi come le case sfitte ed i contratti in nero.
Si deve radicare di più la residenza come risorsa civile della città, in maniera persistente e sul lungo periodo, rispetto alla promozione di presenze residenziali ad alta rotazione, che non incidono positivamente sulla qualità della vita cittadina, se non sul piano della ricchezza delle relazioni ma non devono diventare un costo sociale indotto.
La trasformazione di fondi in residenze, in particolare di piccola dimensione, e il moltiplicarsi dei frazionamenti senza prevedere parcheggi incide pesantemente sulla qualità della vita dell’intorno e in questo senso alcune nuove norme sono state già deliberate su funzioni e dimensioni minime di trasformazione.
Serve un monitoraggio diretto e costante sugli interventi privati, a salvaguardia dagli errori (o dalle speculazioni) che si trasformano in disagi o addirittura danni per i residenti, difficilmente potendo ripristinare diritti e condizioni di qualità urbana precedente.
La riorganizzazione e la delocalizzazione delle grandi funzioni pubbliche apre l’opportunità di costruire nuovi elementi di identità e di qualificazione nelle città della città.
Il nuovo inserimento di funzioni pubbliche rilevanti in parti della città prima non interessate richiede una discussione con i cittadini del territorio che si troverà ad assorbire queste nuove presenze.
Partire dal confronto con gli abitanti dei luoghi deve diventare una prassi di procedura ogni volta che si modificano equilibri o si inseriscono criticità nuove in un dato contesto, sia si tratti della realizzazione di un nuovo parcheggio sotterraneo, come potrebbe essere nel caso di piazza del Carmine o della localizzazione di nuove antenne per la telefonia, come si sta iniziando a fare con forme di concertazione generali e locali.
Funzioni nuove richiedono servizi di supporto adeguati anche di secondo livello: nel caso dell’insediamento dell’Università a Novoli non bastano solo le residenze e gli spazi studio per gli studenti, ma servono anche spazi ricreativi, sportivi, di aggregazione per integrare nel contesto sociale le nuove presenze.
In un’ottica di decentramento va quindi pensato e costruito l’indotto delle nuove funzioni, nel loro allocarsi.
Bisogna inoltre porre molta attenzione ad armonizzare i tempi di realizzazione degli interventi privati con quelli pubblici, per non creare discrepanze temporali incomprensibili ed in alcuni casi forti disagi locali per la mancanza delle infrastrutture necessarie.
Il Piano delle Funzioni ha seguito di oltre dieci anni il piano regolatore vigente, di fatto fotografando una situazione già consolidata, rispetto all’opportunità di sviluppare scelte strategiche, punto che deve essere invece di partenza per il nuovo Piano strutturale, incidendo circa sul 10% rispetto alle attuali collocazioni.
Nella riqualificazione di parti della città è mancata progettualità di funzioni pregiate – come nel caso di viale Nenni - , ora da recuperare con le opportunità offerte dal tracciato della nuova tranvia, che vincola (ma al tempo stesso sviluppa) alla sua prossimità la collocazione di funzioni di rilevanza urbana, oltre ad intercettare ed abbattere mobilità indotta.
La necessità di delocalizzare funzioni importanti risponde spesso a necessità ineludibili di crescita, ma vanno trovate risposte anche per funzioni non in crescita dimensionale (come i musei) ma che necessitano una più moderna qualità di servizi, su cui vanno innescati percorsi di riappropriazione identitaria dei cittadini per il proprio patrimonio promovendo forme di fruizione privilegiate per gli abitanti locali.
Progetti di recupero urbano come la Leopolda devono esprimere intelligenza progettuale e prevalenza dell’interesse pubblico, nel cogliere l’occasione per la costruzione di una visione urbana complessa, dalla Manifattura alla Scuola di Agraria, espandendo le Cascine e riequilibrando aree critiche in prossimità come San Jacopino, con la costruzione di un Parco urbano significativo, collegato e permeante la città, conciliando verde, ferrovia, strade, residenze e nuove funzioni culturali senza incongruenze.
Intervenire sulle aree di trasformazione è una grande opportunità per il riequilibrio della città.
Nel rapporto con i privati l’Amministrazione deve dotarsi di norme o percorsi per non affrontare singolarmente le questioni sulla singola area di trasformazione, ma in maniera complessiva e perequativa con una visione strategica urbana preliminare, proprio nell’ambito del Piano strutturale, per non rimanere vincolata nella contrattazione su singoli contesti.
Il rischio più significativo è la progressiva privatizzazione del suolo pubblico, dove ogni nuovo intervento di fatto limita la precedente capacità di fruizione dei luoghi; per quanto gli interventi possano essere mirati ad ottenere forme di beneficio pubblico i percorsi (o l’informazione) non sono sempre trasparenti, oppure la massimalizzazione dei benefici privati lascia intravedere forme pubbliche di compensazione rispetto al sistema degli interventi cittadini, che come conseguenza non possono che far auspicare l’assenza di interventi piuttosto che interventi dannosi.
Ai privati – tanto più quando sono radicati nel territorio – va richiesta una “responsabilità sociale” nell’intervenire su parti significative della città come le aree di trasformazione, o in ogni caso ovunque la rilevanza e la scala degli investimenti offra l’opportunità di costruire anche risposte ai bisogni pubblici.
Le aree di trasformazione se da una parte sono un’opportunità dall’altra sono uno dei fattori di rischio maggiori, in un momento come questo di pianificazione, dove previsioni errate, sottostime o sovrastime nella costruzione di scenari possono compromettere pesantemente – e definitivamente - lo sviluppo o la qualità di un territorio, come, nel caso di Santa Croce, nuovo polo della conoscenza, dove le analisi e previsioni di pianificazione strategica non sono state comprensive della complessità globale dei fenomeni, delle dinamiche e degli effetti sugli abitanti.
La credibilità e la trasparenza del dibattito pubblico sulle aree di trasformazione deve essere salvaguardata dando piena informazione sulle azioni in corso dell’Amministrazione: il caso S.
Orsola – Agraria – Valfonda, di indubbia complessità e significative ricadute sulla città, ha posto allarme proprio per lo sviluppo di passaggi formali tra enti (anche solo per approfondire il quadro di fattibilità), lasciando spazio nell’incertezza delle informazioni alla percezione di percorsi paralleli rispetto al dibattito pubblico, a prescindere dalle valutazioni sull’operazione.
La preoccupazione si manifesta inoltre per le pratiche che hanno accompagnato le precedenti pianificazioni territoriali, dove la gestione delle varianti ha di fatto svuotato un disegno organico di piano regolatore, incidendo fortemente sulla ricontrattazione di quantità e volumetrie che hanno innescato consistenti processi di densificazione, fuori da un controllo strategico complessivo per il riequilibrio generale del territorio e per un’integrazione tra i piani, dalla mobilità all’ambiente allo sviluppo dei servizi locali.
Nel quadro più generale delle trasformazioni urbane, nel caso delle invarianti programmatiche va sviluppata una disciplina per rapportare localmente questi interventi – prevalentemente di natura infrastrutturale – ai singoli luoghi che attraversano, per riacquistare sensibilità al territorio e alle sue specificità e poter valutare puntualmente la sostenibilità effettiva degli interventi stessi con la capacità del territorio di assorbirli.
Se il ruolo di riequilibrio delle aree di trasformazione viene spesso espresso con la richiesta di totale inedificazione, la consapevolezza che le proprietà sono in molti casi private o per quelle pubbliche sono necessari per qualsiasi intervento (anche di abbattimento e bonifica) investimenti privati, sposta la discussione sul piano della progettualità prima, della contrattazione successivamente ed infine del controllo.
In questo quadro potrebbe essere molto significativo il ruolo dei laboratori locali con gli attori che vivono il contesto, sia nel sollecitare l’espressione del potenziale pubblico delle aree – risorsa, sia nel procedere esprimendo più fortemente pressione diffusa pubblica nella contrattazione con il privato investitore.
E’ stato il caso della Longinotti, con 4 riformulazioni del progetto ed è quello in corso per l’ex-panificio militare con punti di equilibrio da raggiungere, a fronte dell’abbandono allo stato attuale delle aree.
Le definizioni e le indicazioni per le aree di trasformazione nel Piano strutturale assumono quindi un interesse rilevante (nel definire funzioni ammissibili o escluse) per le prospettive dei luoghi su cui insistono.
Bisogna superare le genericità oltre le priorità indifferenziate come residenze e servizi commerciali, valorizzando le analisi già in parte espresse dal Piano nel quadro conoscitivo, ma procedendo sostanzialmente per piani di fattibilità specifici, sia per i grandi interventi che per i piccoli.
Spesso questi ultimi sono pervasivi e cronicizzanti situazioni già critiche sul piano della sovrasaturazione “antropica”, ovvero sulla sostenibilità urbanistica, ambientale e sociale di parti del territorio, prima e dopo gli interventi.
Proprio sul piano regolamentare sarà necessario garantire come limite massimo almeno il mantenimento dei livelli attuali di densità edilizia, escludendo opportunità contabili (superfici utili lorde, volumi tecnici, conteggi parziali), che permettano qualsiasi genere di aumenti di volume, anche sanzionabili ma che aumentano costruito e profitti.
Contro la densificazione vanno inoltre attivate procedure per incentivare il recupero degli immobili sottoutilizzati o sfitti, pubblici e privati, rimettendoli nel circuito vitale della città, salvaguardando spazio non costruito nella contabilità generale della città.
Le risorse ambientali
Le risorse ambientali sono un aspetto determinante per assicurare un’adeguata qualità del territorio e della vita dei cittadini: il Piano Strutturale deve considerale un asse prioritario su cui progettare il territorio, intendendole come una funzioni primarie e non come elementi marginali e di corredo.
Esse peraltro garantiscono l’equilibrio tra spazi vuoti e spazi costruiti, evitando i fenomeni di saturazione edilizia. Esse assicurano spazi di socializzazione, di svago e di incontro, consentono di mantenere un collegamento con la natura, permettono di coltivare il benessere fisico. Il verde inoltre dà la possibilità di praticare stili di vita più appaganti, poiché in esso la distensione e la calma prevalgono sulla frenesia e sull’ansia, tipiche delle moderne aree urbane. Infine la presenza di questi spazi aiuta a ridurre l’inquinamento atmosferico.
Il sistema del verde e quello dei corsi d’acqua hanno anche una funzione culturale, essendo elementi costitutivi delle identità locali e del senso di appartenenza delle persone alla comunità.
Il Piano Strutturale dovrà considerare aree verdi solo quelle sufficientemente ampie ed effettivamente fruibili, con prati e alberi, come i giardini e i parchi, senza computare quelle decorative e di servizio come le aiuole o gli spartitraffico e quelle destinate a specifiche funzioni come le strutture sportive.
Il calcolo inserito nei provvedimenti normativi dovrà distinguere nettamente queste diverse tipologie, a differenza di ciò che emerge nel Piano Strutturale adottato, che si ritiene debba quindi essere modificato.
L’area collinare che circonda Firenze è un patrimonio di straordinario valore sotto il profilo ambientale, culturale e turistico, vista la presenza di importanti testimonianze storiche, come le Ville Medicee, peraltro minacciate dal tracciato della TAV. Per garantire la più ampia tutela il confine dell’area collinare deve essere mantenuto inalterato, rinunciando quindi al suo innalzamento e alla creazione di una fascia intermedia verso il territorio urbano consolidato, caratterizzata da una disciplina troppo permissiva.
Le aree agricole vanno salvaguardate, oltre che attraverso una disciplina rigorosa, anche attraverso il sostegno alla cura dei terreni da parte dei piccoli proprietari, l’abbattimento delle recinzioni improprie, il perseguimento di ogni abusivismo e l’impedimento della sopravvivenza di funzioni incompatibili. La ruralità contemporanea e il suo rapporto con la realtà urbana è un tema che merita di essere approfondito. Un tema che va sviluppato è quello della viabilità minore, spesso ricca di risorse artistiche, insieme alle strade vicinali, a cui va assicurato l’accesso per tutti.
Per poter valorizzare l’area collinare, aumentandone la fruibilità, oggi scarsa, per l’intera popolazione dovranno essere previsti percorsi ciclo-pedonali in grado assicurare i collegamenti con l’intera città. Sarebbe utile istituire il Parco delle Colline, indicandolo come invariante nel Piano Strutturale.
La funzione strategica delle colline è collegata con quella di alcuni parchi di particolare pregio presenti in città. Tra questi vi sono le Cascine e l’Argingrosso, per i quali prevedere uno specifico progetto di tutela e valorizzazione, gestito da un soggetto di carattere pubblico e liberato dalla presenza di funzioni incongrue.
La zona di piazza Puccini, di Porta a Prato e della Manifattura Tabacchi dovrebbe essere collegata alle Cascine, dando vita ad unico grande progetto.
Altri parchi suscitano invece maggior preoccupazione, come nel caso di San Salvi, per gli interventi previsti e nel caso del nuovo parco di San Donato, poiché rischia di essere soffocato dalle funzioni urbane che lo circondano. Nel quartiere cinque potrebbe essere realizzata un’estesa fascia verde, attraversata da percorsi ciclo-pedonali, collegando Villa Fabbricotti, il parco Stibbert, l’area del Poggetto, le ville medicee Reale, Petraia e Careggi.
Al sistema del verde si aggiunge il sistema fluviale, che vede al centro l’Arno e dei suoi elementi di pregio, tra cui le pescaie.
Si tratta di una risorsa naturale di straordinario valore, con molte potenzialità, oggi inespresse, a partire dall’impiego dell’energia prodotta, utilizzando piccole turbine. E’ quindi positiva la realizzazione del Parco fluviale dell’Arno su scala metropolitana. Al suo interno dovranno trovare ospitalità solo funzioni compatibili a basso impatto, per lo sport, l’aggregazione e il benessere delle persone. Uno specifico intervento va indirizzato alla riqualificazione dello spazio circostante, all’abbattimento dell’inquinamento delle acque e alla salvaguardia della flora e della fauna presenti.
All’Arno si affiancano i corsi d’acqua minori, non meno importanti. Tra questi vi è l’Ema, il Terzolle, il Mensola e il Fosso Macinante, che è ad alto rischio inquinamento per la presenza di liquami e che potrebbe ospitare un’idrovia attrezzata. Gli ANPIL del Terzolle e del Mensola, da estendere anche al Mugnone e da classificare come invarianti, devono essere realizzati. Va però fatta attenzione anche alla tutela delle zone contermini, per evitare che le aree protette subiscano le ricadute negative di un elevato sfruttamento del territorio da cui sono circondate.
Il sistema fluviale dovrebbe essere accompagnato da una rete per la mobilità elementare, anche attraverso la costruzione di passerelle. Per una tutela più efficace dei corsi d’acqua viene avanzata la proposta di istituire un Osservatorio per l’Arno e i suoi affluenti.
Una grande rilevanza per la vita dei cittadini è rivestita dal verde urbano inserito nella città edificata. In tutti quartieri vi è una forte carenza di spazi verdi, spesso al di sotto degli stessi standard previsti dalla stessa disciplina vigente, sono pochi e ciò incide negativamente sulla vita delle persone.
La carenza di giardini e parchi è indicata in tutti i quartieri. Tale carenza deve essere superata prima di tutto salvaguardano gli spazi verdi esistenti, garantendone l’integrità, la fruibilità pubblica e la stessa sopravvivenza, senza che vengano soppiantati o erosi da interventi edificatori, come in via Forlanini o in via Grosseto e senza che pavimentazioni lastricate o asfaltate rimpiazzino superfici erbose, come nel caso del progetto per piazza Santa Maria Novella. Ciò è ancora più importante a fronte di nuove costruzioni in corso di realizzazione e di altre in via di programmazione.
L’altro obiettivo deve essere l’aumento del verde pubblico, orientando a questo utilizzo anche la trasformazione delle aree dismesse, come nel caso dell’ex Panificio Militare (all’interno del quale vi sono già spazi liberi che potrebbero essere aperti ai cittadini) o della parte delle ex Carceri che ospita transitoriamente l’aula-bunker. Del resto questo aspetto è un elemento centrale della riqualificazione urbana.
Tutte le aree verdi, zone agricole, boschi, parchi e giardini presenti nel territorio urbano, dovranno essere inserite all’interno di un unico sistema unitario e integrato, per valorizzare e ottimizzare la loro fruizione e la loro gestione, collegando tutti gli spazi esistenti.
Per assicurare a tutti il benessere individuale e collettivo attraverso l’adozione di comportamenti virtuosi e per garantire una fruizione ottimale tutte le aree verdi dovranno essere attraversate e collegate tra loro da una rete capillare e sicura di percorsi ciclo-pedonali.
Spesso le aree verdi urbane sono soffocate dal traffico circostante e quindi difficilmente raggiungibili.
La previsione di un incremento del verde pubblico del dieci per cento, contenuta nel Piano Strutturale è quindi un aspetto positivo, da perseguire concretamente e dovrà riguardare solo spazi naturali, intesi in senso proprio, non calcolando quindi le superfici prive di effettiva consistenza ambientale. Peraltro l’Amministrazione Comunale dovrà accompagnare questa previsione con lo stanziamento di risorse adeguate.
La progettazione delle aree verdi dovrà perseguire criteri di armonia, di bellezza, di biodiversità, sia per quanto riguarda la sistemazione degli spazi, sia per quanto riguarda la scelta delle diverse specie vegetali, privilegiando quelle autoctone e quelle più adatte al contesto in cui vengono inserite, dia per quanto riguarda le strutture per la socializzazione e il benessere, come i bar e gli spazi-gioco per i bambini, sia per quanto riguarda le strutture di supporto, dalla panchine, ai lampioni, ai tracciati pedonali interni.
Per questi interventi dovranno essere utilizzati solo materiali naturali elementari. Si tratta di affermare una concezione innovativa, che riconosca pienamente il valore architettonico e urbanistico delle risorse ambientali di un territorio e che introduca sistemi integrati, combinando i vari elementi, anche attraverso l’uso dell’acqua.
La progettazione delle aree verdi dovrà prevedere la possibilità di coinvolgere i cittadini, attraverso percorsi di partecipazione, come i laboratori di quartiere e di rione.
Un’altra forma di coinvolgimento dei cittadini la previsione all’interno degli spazi verdi di attività socio-culturali autogestite da giovani e da anziani.
La cura e la manutenzione delle risorse ambiantali è un compito da assolvere con risorse adeguate, con attenzione scrupolosa, con frequenza e assiduità, con un’efficiente organizzazione delle competenze, in grado di intervenire con tempestività ed efficacia. L’obiettivo è sia il mantenimento degli arbusti e delle strutture esistenti, sia l’accessibilità e la sicurezza dei frequentatori.
Esempi di aree trascurate e quindi a rischio di degrado sono il giardino in prossimità della scuola Leonardo da Vinci e di via Mariti, le Piagge, Villa Fabbricotti. Inoltre l’apertura di molti cantieri, legati ad opere pubbliche, richiede una particolare attenzione poiché può produrre un peggioramento della situazione e un pericolo per la tutela del sistema ambientale, come è già avvenuto in alcuni casi.
La sostenibilità ambientale degli insediamenti umani e delle attività che vengono svolte è un principio ispiratore, che deve segnare l’intero Piano Strutturale e successivamente il Regolamento urbanistico e quello edilizio.
La disciplina urbanistica ha il compito di prevedere norme efficaci per la diffusione della bioarchitettura, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, di utilizzare materiali ecologici e di perseguire il massimo risparmio dell’energia e dell’acqua. Per questo scopo tutti gli interventi edilizi ed urbanistici, i nuovi insediamenti, le nuove infrastrutture dovrebbero essere affiancati da una valutazione di impatto ambientale e sanitario, che tenga conto delle condizioni della zona interessata.
I cittadini dovrebbero essere orientati verso la bio-architettura con agelolazioni e incentivi, come l’esclusione dello spessore dei muri isolanti dal computo delle volumetrie o il sostegno alla realizzazione di tetti fotovoltaici o il riutilizzo delle acque piovane e di quelle grigie fitodepurate. La scelta di realizzare un’architettura ambientalmente sostenibile è particolarmente importante oggi, alla vigilia di molte trasformazioni urbanistiche programmate. Vi è tuttavia preoccupazione, anche perché gli interventi realizzati fino ad ora non sono stati orientati in questa direzione, come nel caso del Palazzo di Giustizia e del nuovo Polo universitario a Novoli.
Le nuove edificazioni oltre alla sostenibilità ambientale devono assicurare anche la qualità estetica e la armonia con la realtà circostante, per esempio limitando le altezze degli fabbricati.
Un tema trasversale ai vari ambiti e che ha un forte collegamento con le previsioni urbanistiche è quello dell’inquinamento, a partire da quello atmosferico, che grava sull’intera città, ma che in alcune zone è particolarmente pesante, come sui viali di circonvallazione o sulla zona intorno a via Pistoiese.
La causa principale è il traffico veicolare, ma vanno affrontati anche gli effetti dannosi delle emissioni sia degli insediamenti produttivi, sia degli impianti di refrigerazione e di riscaldamento. L’inquinamento è anche acustico (aggravato dalla presenza dell’aeroporto) ed elettromagnetico, con effetti ancora poco conosciuti e da cui quindi cautelarsi. L’obiettivo da perseguire è l’abbattimento dell’inquinamento nelle sue diverse forme, anche attraverso precise misure previste nel Piano Strutturale.
C’è bisogno di una valutazione costante e capillare, che misuri le condizioni di vita delle persone e del territorio. Poiché i cantieri rischiano di incrementare l’inquinamento ambientale, soprattutto nei casi della TAV e della Terza corsia autostradale, ad essi vanno rivolti specifici interventi per tutelare la salute e il benessere dei cittadini.
L’attuale livello dello sviluppo e delle abitudini consumistiche non è ulteriormente sostenibile, rendendo così necessaria un’inversione di tendenza.
Ciò riguarda anche il consumo energetico che deve essere ridotto e riorientato verso fonti rinnovabili. Il Comune di Firenze dovrà dotarsi di un Piano per il risparmio energetico, da collegare al Piano Strutturale e al Regolamento urbanistico. Una certificazione energetica dovrebbe essere progressivamente estesa a tutti gli edifici e le ristrutturazioni possono essere un’occasione utile per la riconversione ecologica degli immobili e degli impianti produttivi. I diversi fabbricati potrebbero essere catalogati in distinte categorie sulla base del consumo energetico e dell’uso di materiali ecologici.
La qualità ambientale è tutelata anche attraverso una virtuosa politica per il trattamento dei rifiuti, collegata con la promozione di nuovi stili di vita.
Il principale obiettivo da perseguire è una drastica riduzione della quantità dei rifiuti prodotti, la loro differenziazione, il loro riciclaggio e il loro riutilizzo. Ciò implica anche scelte urbanistiche coerenti che il Piano Strutturale deve prevedere in modo chiaro. Ogni atto di pianificazione territoriale deve essere accompagnato da specifiche previsioni per lo smaltimento dei rifiuti, come gli spazi per i cassonetti, le attrezzature per il riciclaggio, le isole ecologiche e le isole per la raccolta differenziata.
Inoltre per le autorizzazioni di nuove edificazioni e di ristrutturazioni dovrebbe essere introdotto un nulla osta che attesti l’adozione delle misure necessarie per il trattamento dei rifiuti, evitando così di dover intervenire successivamente, a edificazione avvenuta.
L’eventuale ipotesi di impianto di termovalorizzazione dovrà considerare le sue ricadute sul territorio circostante, dovrà garantire l’utilizzo delle più aggiornate conoscenze tecnologiche per tutelare la salute dei cittadini e dovrà prevedere precise valutazioni preliminari di impatto ambientale e sanitario.