Firenze, 9 gennaio 2007- E’ allarme anche in Toscana per l’arrivo del ‘cinipide galligeno’ del castagno (Dryocosmus Kuriphilus Yatsumatsu), insetto fitofago originario della Cina capace di provocare danni estremamente gravi alla castanicoltura.
“Siamo in una situazione di alto rischio – spiega Simone Tofani, responsabile del Settore tecnico della Cooperativa Agricola di Legnaia –, considerata la facilità con cui si può diffondere l’insetto, dando vita a vere e proprie infestazioni, e ai gravi danni che può recare alla castanicoltura, una risorsa economica importante per molte aree della nostra regione”.
Dopo una prima segnalazione dell’insetto nel 2002, nella zona pedemontana di Cuneo, infatti, il ‘cinipide galligeno’ è stato individuato verso la fine del 2005 anche in alcuni boschi della provincia di Viterbo, alzando di molto il livello di guardia contro la possibilità di infestazioni. Questo ha portato, nel 2006, all’emanazione di un Decreto di lotta obbligatoria contro l’insetto da parte del Ministero delle Politiche agricole e forestali, e successivamente è stata l’Arpat a riprendere e specificare le misure indicate con un proprio decreto, a firma del Direttore generale, in cui si detta anche un programma di monitoraggio e prevenzione contro il Dryocosmus Kuriphilus.
“Il cinipide – ricorda Tofani – è dannoso sia per le piante di castagno europeo, selvatico o innestato, che per gli ibridi euro-giapponesi. I suoi attacchi possono creare gravi danni, non solo per la riduzione degli accrescimenti legnosi della pianta, ma anche per la rilevante perdita dei frutti: nelle regioni colpite si stima una riduzione del 60-80%”.
Individuare l’insetto è abbastanza facile facile.
“Il ‘cinipide galligeno – spiegano Carlo Campani e Marco Filindassi, dell’U.O.
Agroecosistemi e Alimenti della Arpat di Firenze – si presenta come una piccola vespa, di circa due centimetri e mezzo, con corpo nero e zampe gialle. L’infestazione si identifica per la presenza su germogli, foglie e infiorescenze di caratteristiche ‘galle’: escrescenze tondeggianti, da 1 a 4 centimetri, con superficie liscia e lucida, di colore inizialmente verde chiaro e poi rossastro. L’insetto sverna nelle gemme della pianta sotto forma di larva, per poi entrare in azione a primavera sviluppando le caratteristiche galle.
Le femmine, dopo lo farfallamento, depongono le uova fra maggio e agosto. Il ‘cinipide’ si può propagare attraverso il volo degli adulti o il trasporto accidentali con autoveicoli, anche se il rischio maggiore è legato all’impiego di materiale di propagazione proveniente dalle zone infestate”. Combattere il litofago non è facile, come spiegano di due esperti dell’Arpat: “I metodi di difesa sono limitati. Gli interventi chimici, improponibili in ambiente boschivo, non sono molto efficaci e la lotta biologica richiederebbe tempi troppo lunghi, per il necessario acclimatamento dei loro antagonisti naturali.
Resta la prevenzione: evitando l’introduzione di marze, piantine e astoni dalle aree infestate o a rischio. L’invito è comunque quello di segnalare la sospetta presenza o il rinvenimento di sintomi di infestazione alla Provincia, alle Comunità montane o alle Arpat territorialmente competenti”.