Ex sanatorio “Banti” e ex ospedale “Luzzi”: sulle colline di Firenze due gioielli dell’architettura sanitaria in progressiva rovina. Una storia infinita dall'eccellenza al degrado.
Ma i due beni storici non potranno essere alienati a cuor leggero: lo scrive Idra a tutte le autorità competenti dopo un’indagine attenta e approfondita sulle fonti d’archivio.
Nessuno risponde: spiazzati dall’evidenza dei documenti? A quale scopo, allora, creare percorsi detti “di partecipazione”, se questi non servono a rendere la programmazione più vicina ai cittadini?
Ci ha lavorato per mesi un’équipe multidisciplinare dell’associazione ecologista Idra.
Ha spulciato carte e documenti, rovistando negli archivi e confrontando dati e descrizioni. Per arrivare ad alcune significative conclusioni, contenute in dodici cartelle di osservazioni trasmesse esattamente un mese fa al direttore generale della ASL 10 di Firenze, ai presidenti della Regione Toscana e della Provincia di Firenze, ai sindaci dei due Comuni (Sesto Fiorentino e Vaglia) su cui insistono - uno di fronte all’altro – l’ex sanatorio “Guido Banti” e l’ex ospedale “Saverio Aloigi Luzzi”, e al Soprintendente per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico.
I vincoli che gravano sui due gioielli dell’architettura sanitaria fiorentina non permetterebbero – scrive Idra - un’alienazione mirata solo a far cassa.
Per fortuna di tutti noi, i donatori Demidoff, ai quali si deve la cessione delle sorgenti di cui si sono avvalsi i due complessi ospedalieri e lo stesso acquedotto di Vaglia, hanno avuto più lungimiranza degli amministratori a noi contemporanei.
Secondo Idra, la decisione di vendere gli edifici e i parchi di proprietà della ASL 10 che si affacciano sulla città dalle colline di Pratolino, andati infruttuosamente all'asta il 19 luglio del 2005 senza alcun apparente séguito a tutt’oggi, rappresenta un altro dei tasselli di cui si compone l’appannato mosaico fiorentino della gestione delle risorse pubbliche.
La vicenda presenta infatti alcune incongruenze.
In primo luogo, le perizie di stima prodotte per l’asta trascurano il carattere unitario che gli immobili presentano, sia per la provenienza da un'unica proprietà originaria, sia per il collegamento funzionale che hanno sempre avuto ai fini della prevenzione, della cura e della riabilitazione, sia ancora per il contesto entro il quale sono inseriti, che è di un valore ambientale enorme, sia infine per la storia del territorio (comunemente identificato come "Pratolino") su cui insistono.
Tutti connotati, questi, che porterebbero ad auspicare una destinazione comune per entrambi. Sorprende il silenzio al riguardo da parte delle Amministrazioni, soprattutto se si considera che la Provincia di Firenze ha da tempo attivato un Laboratorio Didattico Ambientale proprio nel confinante Parco di Pratolino, considerato un luogo di particolare pregio storico-naturalistico.
In secondo luogo è vero, sì, che i due complessi vengono riconosciuti come "beni di pregio" e come tali sottoposti ad una serie di vincoli, ma tra questi non viene citato l'acquedotto mediceo di Pratolino.
Le perizie richiamano infatti la donazione all'INFPS (Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale) da parte della principessa Demidoff nel 1935 limitandosi a citare le sole sorgenti ed omettendo qualsiasi riferimento al pregevole manufatto di collegamento (l’acquedotto, appunto) che tuttora esiste.
La circostanza lascia perplessi soprattutto per il carattere "modale" che la donazione sembra presentare, che vincola funzionalmente le sorgenti - tuttora utilizzate anche dal nuovo acquedotto - e la storica conduttura che le collega alla Villa di Pratolino ed ai complessi ospedalieri.
Infine, rileva Idra, la circostanza che dopo il primo incanto non risulterebbero fissate date per altre aste lascia paventare che dietro l'angolo possa nascondersi il ricorso alla trattativa privata e quindi a operazioni speculative.
In tal senso appare poco rassicurante la lettura del Piano Regolatore Generale per le zone collinari del Comune di Sesto Fiorentino, nel cui territorio ricade il "Luzzi", che ha già previsto la possibilità di una sua variazione d'uso a scopi recettivi. D’altro canto il sindaco del Comune di Vaglia non ha escluso un'ipotesi di "compensazione" tra una variante ad uso "recettivo-alberghiero" e la realizzazione di una struttura destinata a pubblici servizi.
Le Amministrazioni interessate sembrano dunque aver “rimosso” il valore intrinseco dei due beni.
Hanno trascurato inoltre le proposte di utilizzo per fini di pubblica utilità a servizio del comprensorio e dell'intera Provincia, e hanno evitato di attivare, fatta qualche lodevole eccezione, un confronto con i soggetti interessati alle sorti delle strutture, portatori di migliaia di firme di cittadini. Sono rimaste lettera morta le richieste di incontro a un tavolo comune insieme al sindaco di Vaglia, resosi disponibile, e le proposte costruttive e argomentate di Idra e del Comitato per la tutela dell’ex sanatorio “Banti” inviate a settembre 2005 agli assessori regionali alla Salute, all’Urbanistica e all’Ambiente.
Così come nessuna risposta è ancora pervenuta alle osservazioni inviate da Idra in Regione, in Provincia e in Soprintendenza un mese fa. Nel frattempo l'abbandono e il degrado di quei due "beni di pregio" diventa ogni giorno più vergognoso. Proprio mentre l'Organizzazione Mondiale della Sanità, celebrando il 21 marzo scorso la Giornata Mondiale della TBC, denuncia la pericolosa ripresa della malattia che in Italia registra 6.000 nuovi casi ogni anno!
“Il silenzio e l’attesa degli eventi, ormai, non appaiono essere più compatibili con la tanto pubblicizzata politica della “partecipazione” – scrive Idra a conclusione delle sue osservazioni - che richiede impegno, informazione, attenzione ai cittadini chiamati ad affiancare l’azione amministrativa con indirizzi chiari e costanti e a non limitarsi a lamentarsene solo ad esercizio avvenuto.
Ma almeno altrettanto esercizio di responsabilità richiede – è evidente - alle varie Amministrazioni. Sollecitiamo nuovamente, pertanto, l’apertura di un tavolo di confronto che coinvolga tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati alla sorte ed alla gestione di questo patrimonio storico-ambientale irripetibile che potrebbe andare definitivamente disperso!”.