FIRENZE, 9 FEBBRAIO 2006 Sono circa 95.000 le imprese rosa della Toscana, di cui il 62% di natura individuale, e rappresentano il 23% del totale regionale (410.000). Un dato in linea con la media nazionale, inferiore a quello delle regioni meridionali e superiore alle aree settentrionali del Paese.
La distribuzione delle imprese femminili in Toscana, presenta una marcata concentrazione nell'area provinciale fiorentina (24,1%). Tuttavia ad un'elevata concentrazione imprenditoriale non corrisponde un altrettanto elevato peso espresso sul totale provinciale, infatti sono le province della Costa a vantare i valori più elevati (in particolare Grosseto, 28,6%; Livorno con il 26,0% e Massa Carrara con il 25,1%) mentre Firenze (20,9%) e Prato e Pistoia risultano al contrario quelle meno femminilizzate.
L'ingresso delle donne nell'imprenditoria è un fenomeno più recente rispetto a quello maschile (in Toscana circa il 72% delle imprese in rosa è nata dopo il 1990) con una struttura organizzativa meno robusta, ed un elevato tasso di ricambio imprenditoriale.
Il 30% delle imprese femminili è ancora attivo nella distribuzione commerciale e ben il 63% è registrato nel terziario (non femminili, rispettivamente, 25% e 50%).
Lo rileva lo studio della Unioncamere Toscana e della Regione Toscana presentato nel corso del convegno "L'imprenditoria Femminile in Toscana" .
"L'indagine - ha spiegato il Presidente di Unioncamere Toscana Piefrancesco Pacini - si è proposta di tracciare un quadro aggiornato della partecipazione e del contributo offerto dalla componente femminile allo sviluppo ed alla crescita del tessuto imprenditoriale regionale, attraverso l'analisi dei principali dati disponibili presso il Registro Imprese del sistema camerale".
"Il quadro generale che se ne ricava - ha aggiunto Pacini - rappresenta un utile punto di partenza per progettare ricerche di approfondimento sul tema e per consentire ulteriori comparazioni fra settori e territori diversi". " Le imprese femminili toscane, presentano più spesso una natura individuale e, anche quando si aprono a forme giuridico-organizzative più articolate, tendono a restare confinate all'interno di una esclusiva caratterizzazione "di genere".
La decisione di avviare una nuova impresa risulta più che per gli uomni condizionata dal "fallimento" nella ricerca attiva di una occupazione dipendente, piuttosto che da una motivata scelta personale.
Lo testimonierebbe il fatto che ad un più forte addensamento territoriale di imprese di donne, non corrisponde una struttura imprenditoriale articolata.
Le province a maggior presenza di imprese femminili si contraddistinguono anche per una maggiore incidenza di ditte individuali (Grosseto 71%, Livorno 70%, Massa Carrara 65%), rispetto alla media regionale (62%) ed alle province meno "femminilizzate" sotto il profilo imprenditoriale (Prato 51%, Firenze 54%, Pistoia 61%).
Nella graduatoria provinciale dopo Firenze, segue Lucca (10,6% di imprese rosa), Pisa (9,8%), Arezzo, Grosseto (9,2%) e Livorno (9,1%). Contributi più limitati provengono invece da Pistoia, Siena e Prato (ciascuna con un apporto compreso fra il 7 e l'8%), mentre Massa Carrara chiude la graduatoria con il 5,7%.
La presenza femminile è forte soprattutto nei settori della Toscana dove c'è la possibilità di adottare strutture organizzative "snelle" e leggere, caratterizzati da inferiori tassi di accumulazione e da una più contenuta necessità di reperire risorse tecniche e finanziarie.
È il caso, ad esempio, dell'agricoltura e del turismo a Grosseto e del commercio-pubblici esercizi a Massa-Carrara e Livorno, mentre Firenze, Prato, Pistoia ed Arezzo sono le uniche province a mostrare una specializzazione femminile nell'industria.
Si consideri infatti, che le ditte individuali rosa sono il 92% del totale in agricoltura e il 64% nel commercio-turismo, mentre scendono al 56% nell'industria, al 54% negli "altri servizi" ed al 23% nell'edilizia.
Nel 60% dei casi i livelli di specializzazione femminile sono più elevati di quelli non femminili, così come nel 56% dei casi di de-specializzazione quella femminile risulta più pronunciata.
Questi dati sembrano evidenziare come, nella scelta del settore in cui esplicare un'attività autonoma, la decisione della donna imprenditrice possa non soltanto beneficiare dell'eventuale know-how acquisito in un precedente lavoro dipendente, ma risulti altresì condizionata da una maggiore difficoltà nella definizione di percorsi imprenditoriali alternativi a quelli che maggiormente caratterizzano i rispettivi territori di appartenza.
Il terziario resta terreno elettivo dell'imprenditoria rosa, tuttavia le donne mostrano una forte capacità di riposizionarsi verso settori meno aggredibili dalla nuova concorrenza internazionale come meccanica, elettronica, metalli, mezzi di trasporto.
In particolare, la più recente evoluzione delle imprese femminili è comunque ancora una volta trainata dai servizi, ma di rilievo restano gli incrementi registrati nel turismo, nell'industria alimentare, nelle attività immobiliari, nell'istruzione, nella sanità e negli altri servizi sociali.
Le donne sono cresciute, inoltre, nelle attività ausiliarie dei trasporti, nelle agenzie di viaggio, nelle telecomunicazioni, nella meccanica, nelle costruzioni e nel commercio all'ingrosso. In contrazione, invece, agricoltura, commercio al dettaglio, sistema moda (anche se rappresentano il 53% delle imprese di produzione contro il 32% del non femminile), lavorazione dei minerali non metalliferi, industria della carta-stampa-editoria, del legno e della chimica-gomma-plastica, e piuttosto preoccupanti appaiono le battute d'arresto rilevate in alcuni segmenti qualificati dei servizi alle imprese (informatica ed altri servizi professionali ed imprenditoriali).
"In una "società della conoscenza" come l'attuale".- ha concluso il presidente Pierfrancesco Pacini - dove per vincere la competizione, diventano determinanti fattori come know-how ed asset immateriali, rispetto a fattori economico-produttivi basati su processi capital-intensive, la forte focalizzazione sui servizi, fin qui spesso considerata come freno allo sviluppo dell'imprenditoria femminile, potrebbe essere tramutata in un fattore di vantaggio per le donne imprenditrici".
"In questo senso, il riposizionamento dell'intera economia toscana verso nuovi segmenti di offerta e la necessità di accrescerne il potenziale innovativo sembrano poter trovare nella valorizzazione della componente imprenditoriale femminile un importante punto di forza, nella misura in cui il tradizionale presidio delle attività terziarie ed alcune caratteristiche distintive della popolazione femminile toscana (ad esempio, i relativamente elevati livelli di istruzione) riescano ad essere indirizzate verso quei servizi "di frontiera" a più elevata qualificazione".