Ieri sera al Saschall si è tenuta la data fiorentina del musical "Welcome To The Machine", versione riveduta e romanzata della vera storia di Syd Barrett, mitico fondatore e vero deus ex machina dei Pink Floyd dei primordi. Nove attori (che hanno anche cantato e ballato) e cinque musicisti, tutti con un forte bagaglio tecnico di fondo, hanno dato vita in due ore di intensa performance, a uno spettacolo di alto livello, pieno di lirismo e di grandissime interpretazioni. Sia gli attori/cantanti/ballerini, sia i musicisti hanno veramente fatto le loro parti con una forza interpretativa incredibile: gli strumentisti in particolare, in alcuni punti hanno reso le canzoni dei Pink Floyd in modo addirittura migliore dei Floyd stessi.
E non è facile,credetemi. Tra gli attori si è distinto, recitando una spanna sopra gli altri, Francesco Dini (che interpreta Syd, il personaggio principale), con una interpretazione magistrale e bellissima della pazzia imminente del protagonista. L'altro attore che ha raccolto maggiormente i favori del pubblico è stato Matteo Giusti (che interpreta con molta ironia il produttore discografico): un vero mattatore gigionesco, dalle mosse comiche e tronfie, che fa un verso perfetto agli squali del music business. La storia, che descrive l'ascesa e la caduta (con conseguente follia visionaria) del giovane musicista Syd, viene sottolineata da tutte le canzoni dei Pink Floyd che possono essere, se slegate dal contesto dell'album al quale appartenevano in origine, riferite alla storia di Syd.
Per esempio, la bellissima "The final Cut", in origine pensata dall'autore Roger Waters come la summa dell' omonimo concept floydiano contro la guerra, viene usata in "Welcome to The Machine" per descrivere la scena in cui la fidanzata di Syd decide di scaricare il giovane, ormai frustrata dalla follia del musicista. Come ci si poteva immaginare, molti dei brani scelti come colonna sonora appartengono all'album "The Wall" (ben dieci canzoni, sulle ventisei del musical), che descrive in origine la storia personale di Roger Waters e che ha molti riferimenti alla follia e all'oppressione della celebrità.
Ne è un esempio l'omonimo film di Alan Parker, con un grandissimo Bob Geldof nella parte del protagonista, che somiglia moltissimo alla figura del nostro Syd. Lo spettacolo è letteralmente volato, nelle sue due ore di durata (divise in due atti), e il pubblico ha seguito con attenzione tutta la storia, perfettamente comprensibile anche da chi non conosce i testi dei Pink Floyd. Questo senz'altro grazie all'abile regia e al talento degli attori. Dopo la fine dello spettacolo vero e proprio c'è stato anche tempo per l'ovvio bis, richiesto a gran voce dalla platea.
E il bis che sarebbe sembrato il più ovvio è quello che viene concesso (anche perché questa canzone, pur essendo attinente alla storia, non fa parte del set del musical): una bellissima versione di "Another Brick in The Wall (part 2)". Non c'è che dire: lo spettacolo non ha deluso minimamente le aspettative, ha esattamente donato alla platea ciò che questa si aspettava alla vigilia: grande musica (e come avrebbe potuto non essere così, trattandosi dei Pink Floyd?) e grande recitazione. Marco Lastri