Di "Nella solitudine dei campi di cotone" di Bernard-Marie Koltés, al Teatro della Pergola sino a domenica,c'è molto e poco da dire allo stesso tempo. Nel senso che questa seconda edizione che il regista Cherifpresenta dopo la sua fortunatissima versione della stagione 1991/1992, arriva in scena appunto forte deiconsensi di critica e di pubblico della prima, dei premi raccolti. Il testo del francese prematuramentescomparso è uno dei più significativi degli ultimi venti anni: un'allegoria del duello, la metafora del compratore edel venditore che si affrontano simbolicamente sul baratro della coscienza umana.
Gli spettacoli del registaegiziano sono ormai riferimento per tutti, si pensi ad esempio allo "Stabat mater" passato in Toscana lo scorsoanno. Nel nuovo allestimento restano le musiche e soprattutto il progetto scenico di Arnaldo Pomodoro,cambiano invece gli attori: e Pino Micol viene sostituito da Ennio Fantastichini e Antonino Iuorio. Con loroCherif tenta una strada interpretativa diversa, protesa ad un maggior naturalismo, e con una caratterizzazioneiniziale dei personaggi se possibile ribaltata.
Ciò di cui si è costretti a dar conto è l'inadeguatezza del pubblicoche la Pergola sfoggia alle prime. Anche stavolta, come accaduto qualche settimana fa per "Orgia" di Pasolini,decine gli spettatori della platea non riescono a mantenere la concentrazione per più di 20 minuti e davanti allalingua straordinaria di Koltés preferiscono rumoreggiare, allontanarsi (almeno una quarantina), o addirittura farsquillare cellulari. Non resta che sperare nel più giovane e colto pubblico delle repliche.