Tornare a conservare (e affinare) il Chianti Classico nelle botti di legno del territorio, come avveniva fino ai primi decenni del Novecento. E’ il progetto di valorizzazione della produzione legnosa dei boschi del ChiantI Classico (‘Provaci’) svolto dalla Fondazione per il Clima e la Sostenibilità con il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze i cui risultati saranno illustrati lunedì 25 gennaio alle ore 14.30 nella sede dell’Accademia dei Georgofili (Logge Uffizi Corti).
L’occasione è offerta dalla presentazione del volume ‘Il Vino nel legno’ a cura di Raffaello Giannini (Firenze University Press, 156 pagine, 16,90 euro) organizzata in collaborazione con ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana). Apriranno i lavori i saluti di Giampiero Maracchi, Presidente dell’Accademia dei Georgofili; Luigi Bartolozzi, Comandante Provinciale Corpo Forestale dello Stato; Gabriele Gori, Direttore Generale Ente Cassa di Risparmio di Firenze; Elvio Bellini, Presidente Centro di Studio e Documentazione sul Castagno.
Seguiranno relazioni tecniche e l’illustrazione dello studio.
Ormai il legno dei vasi vinari, spiegano i curatori del progetto, proviene prevalentemente dall’estero, ma ci sono oggi le condizioni per poter sperimentare una nuova produzione che impiega legname autoctono e identificabile. I boschi di castagno e roverella dell’area del Chianti Classico (la superficie boscata è di circa 48 mila ettari) possono produrre circa due milione di tonnellate di legname derivante e, solo nel caso del castagno, da ogni ettaro possono essere ricavati 120 metricubi di legname, una quantità significativa che aumenterebbe di valore e allo stesso tempo consentirebbe lo sviluppo occupazionale legato alla produzione di doghe.
ll progetto, che ha richiesto due anni di ricerche e di studi, ha coinvolto oltre 10 aziende vitivinicole, tre aziende boschive ed una falegnameria e si è concluso con la realizzazione di alcuni carati da 250 litri, costruiti in legno di castagno certificabile per provenienza aziendale locale, attualmente in prova per l’affinamento e l’invecchiamento del vino. L’obiettivo era infatti individuare, nell’ambito del territorio del Chianti Classico, le strategie tese ad associare una gestione sostenibile degli ecosistemi forestali con la valorizzazione dei prodotti della filiera foresta-legno.
Se da una parte è, infatti, interesse promuovere il settore naturalistico ed ambientale ovvero quello turistico, altrettanto incisiva deve essere l’azione di valorizzazione della produzione legnosa sia nei confronti del ruolo che questa può svolgere ancor oggi quale fonte energetica, sia in relazione a differenti filiere foresta-legno finalizzate. La scelta del territorio del Chianti Classico è stata determinata dal fatto che in tale area, più che altrove, la presenza del bosco si associa e si compenetra alla coltura della vite.
Era inoltre importante disporre di informazioni sull’uso, oggi come ieri, delle principali fonti di approvvigionamento della materia prima legno per la produzione dei vasi vinari stessi. In passato infatti la diffusione a livello aziendale dei boschi di castagno aveva favorito l’impiego del legno di questa specie nella costruzione di tini, botti, carati, barili, diventando tradizione diffusa legata alla vinificazione.
Il recupero degli usi del passato potrebbe idealizzarsi nell’aforisma “produrre il vino della casa con i carati dei boschi di casa”. La produzione di vasi vinari, abbinata all’impiego di mezzi e procedure innovativi nella tipicizzazione del vino, cosi come altri prodotti di pregio come aceto, vin santo, grappa, può dare un impulso anche alle attività locali proprie dell’utilizzazione boschiva e della trasformazione del legno esaltando il carattere artigianale nonché favorendo l’autoconsumo dei prodotti all’interno delle comunità e la promozione dell’impiego a “chilometro-zero” per uno sviluppo di politiche ambientali virtuose.
Il progetto potrebbe ora svilupparsi attraverso prove di affinamento dei vini sui carati di castagno appena prodotti. Le informazioni necessarie per completare il quadro conoscitivo, prima di dare impulso alla filiera, riguardano soprattutto le interazioni fra vino e legno e comprendono gli aspetti di scambi di ossigeno (microssigenazione) capaci di influire sulle trasformazioni che avvengono durante l’invecchiamento, una valutazione sensoriale finalizzata a comprendere l’apprezzamento del consumatore, l’individuazione delle molecole rilasciate dal legno e una loro valutazione salutistica. Contemporaneamente potrebbero essere svolte prove tecniche di realizzazione di carati con legno di roverella (la quercia più diffusa nei nostri boschi) di cui attualmente è stata prodotta una partita di doghe che sono in fase di stagionatura (fase di essiccazione del legno che dura per le doghe 3-4 anni).