Succede che esci di casa in una serata fredda per andare allo stadio, e al freddo s’accoppia quella strana sensazione quasi di rassegnazione, “tanto stasera è persa”: che vuoi, i vecchi andati via sono andati via, i nuovi non possono giocare, alla lettura delle formazioni scopri che di là è una corazzata, di qua hai Cataldi ancora in panca come pure Colpani, e non ci sono né Adli (sospettabile) né Gudmundsson che s’è beccato l’influenza, così la panca ha tre portieri e sei cambi di cui tre Primavera. Quindi, che vuoi sperare.
E invece. Invece torni a casa pazzo di felicità, con una data da segnare in rosso grosso sul calendario della vita da tifoso. Perché aveva ragione Gianni Brera, esiste la Dea Eupalla, e qualche volta, magari non sempre ma qualche volta premia perfino chi lo merita. Perché i viola visti in campo – e messi in campo da Palladino – contro l’Inter il Grammy di Eupalla l’hanno davvero meritato tutti. E così spazio anche a tanto bello sciroppo, Edo Bove – a chi si dedica però la vittoria se non a lui? – applaudito a piene mani da un mini-Franchi al limite della capienza, pochi solo i forestieri, e accarezzato dall’arbitro Doveri, già, c’era anche lui quella maledetta sera del 1 dicembre. Spazio a due begli striscioni in FerroFiesole per salutare Biraghi, “Capitan Biraghi il tuo più grande trionfo è il rispetto di questa gente”, e sotto ancor più denso “Eterno e indissolubile è il tuo legame con Firenze”.
E Naturalmente, immancabile il coro “il pallone è quello giallo, il pallone è quello giallo”.
Approfondimenti
Sì, lo so, mi perdo, e c’è da parlare di calcio. Ma anche tutto questo fa l’atmosfera che alla fine si è mutata in gioia folle, tre ceffoni all’Inter scesa a Firenze con tanta sicumera e prosopopea. La stessa che ha messo in campo anche nei 30’ (3 di recupero) del primo tempo. Sembravano padroni, la Viola pareva in affanno, meccanismi precisi e giropalla rapido, contrasti secchi e spesso in anticipo, con anche – di lì alla fine – una miriade di aiutini da parte del buon Doveri, che vuoi, il potente di turno si rispetta. Mica roba clamorosa, ma quel visto-e-non-visto che dà tanto sui nervi.
E insomma, succede che De Gea becca e mette in angolo (8 a 1, alla fine) una bella legnata di Lautaro, e in angolo subito dopo finisce anche una frustata di Bastoni lasciato inspiegabilmente libero di muoversi fino al limite area. Poi, sempre dopo angolo, l’Inter va addirittura in gol: sono tre in fuorigiuoco, Carlos Alberto che segna è un buon mezzo metro avanti ai viola, l’hanno visto tutti tranne il buon Costanzo primo assistente. Ci vuole il Var, pensa te, addirittura un paio di minuti; poi Eupalla sentenzia, annullato.
Da quel momento l’Inter continua a tessere trame, ma a correre rischi, e seri, è Sommer, che si trova per caso su un piede la zuccata di Kean, e poi viene graziato da Dodo meravigliosamente solo davanti a lui. Ma là dietro, la difesa a 4 che diventa a 6 di Palladino regge alla grande.
Ripresa, e si capisce che la musica cambia. Schema d’angolo, l’unico tirato dai viola con Mandragora indietro, irrompe Ranieri, piattone e 1-0. L’arma è il contropiede, ed è micidiale perché Kean raddoppia su una deliziosa pennellata di Dodo dopo palla sgraffignata a mezzocampo da Compitino Richardson, e ancora altri tre contropiede fino alla frittata di Di Marco che libera Kean per il clamoroso cappottino. Con tanto di cleansheet, perché l’Inter macina palloni su palloni di qua e di là (78 a 22 il conto del possesso palla alla fine) ma non riesce a sfondare. Perché il 6-3-1 di Palladino funziona anche quando Inzaghino con gli ultimi cambi va ad attaccare a 5 ma la partita ormai è indirizzata.
Ho fatto cronaca, non ho parlato dei singoli. Non c’è mica tanto da dire, presi uno per uno hanno dato la prova che si voleva, Comuzzo non ceduto si rivela quello che è anche sposato a destra, Dodo e Parisi sugli esterni alti possono funzionare (io ci vedrei anche Gosens a spingere a sinistra, ma là dietro è stato impeccabile). Ci saranno problemi a inserire i nuovi? Beh, io non credo, anzi ilo problema sarà l’imbarazzo della scelta di moduli che di volta in volta possano far bene per tutti, di fatto mentre Inzaghi non si è vergognato di fare tutti e 5 i cambi a disposizione, di contro Palladino ha tolto il diffidato (e spremuto e picchiato) Gosens solo all’88’ per Colpani, e poi ha messo dentro Caprini e Cataldi per qualche spicciolo di recupero.
Si chiama coraggio. Si chiama giusta valutazione della prova dei suoi, ottima, convincentissimo anche Pongracic, forse un tantino meno i due in mediana ma si sa che non sarebbero le prime scelte. Ma una parola in più va spesa per Mister Ferocia & Combattività Moise Kean, già 15 gol in campionato, solo uno in meno del leader Retegui. E’ andato su tutti i palloni capitati a distanza ravvicinata, qualche volta confuso ma spesso efficace, e la doppietta corona la serata magica.
Punto. Ora, ironia della sorte, “Ci vediamo a San Siro” come titola con senso sportivissimo il sito dell’Inter sui sonori schiaffoni presi a Firenze, Inter che dall’alto del secondo posto si considera ancora massima candidata al titolo. Mah, mah e poi mah. E comunque sì, appuntamento a lunedì, “ci vediamo a San Siro”. Forse farete bocconi dilaniati di noi, che però arriviamo con organico un tantino più ampio e magari anche di valore. E in ogni caso, a casa, su. Zittini, su.
Fiorentina (4-4-1-1): De Gea; Comuzzo, Pongracic, Ranieri, Gosens (88' Colpani); Dodo, Mandragora, Richardson, Parisi; Beltran (91’ Cataldi); Kean (91’ Caprini). A disp.: Terracciano, Martinelli, Moreno, Cataldi, Caprini, Harder, Rubino. All.: Palladino
Inter (3-5-2): Sommer; Bisseck, De Vrij, Bastoni (69’ Dimarco); Dumfries, Frattesi (82’ Asllani), Calhanoglu (69’ Barella), Mkhitaryan (69’ Arnautovic), C. Augusto (82’ Taremi); Thuram, Lautaro. A disp.: Martinez, Calligaris, Zielinski, Acerbi, Pavard, Darmian. All.: S. Inzaghi
Arbitro: Doveri di Roma 1 (Costanzo-Rossi, quarto Fourneau, Var Mazzoleni-Paganessi)
Marcatori: 60' Ranieri, 68' e 89’ Kean
Note: ammoniti: Kean (F); angoli 8-1 Inter, spettatori 22.351