“Con una sentenza destinata a fare storia e certamente a far discutere, la Cassazione ha stabilito l’illegittimità dell’uso esclusivo delle diciture “padre” e “madre” nei documenti di riconoscimento dei minori. Secondo la Consulta, questa impostazione viola i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione, in particolare quelli relativi all’uguaglianza (art. 3) e alla tutela della dignità della persona (art. 2)". Queste le dichiarazioni del consigliere del Partito Democratico Andrea Ciulli, che prosegue:
" Famiglie che cambiano, norme che restano indietroLa pronuncia si inserisce in un contesto sociale e culturale profondamente cambiato, in cui accanto al modello tradizionale di famiglia si affermano realtà nuove e diverse: famiglie omogenitoriali, con genitori dello stesso sesso, famiglie ricostituite, monoparentali, o con genitori transgender. Secondo la Corte, lo Stato ha il dovere di garantire pari dignità e riconoscimento a tutte queste configurazioni, senza imporre un linguaggio che escluda o discrimini.“L’uso esclusivo delle parole ‘padre’ e ‘madre’ – si legge nella motivazione – presuppone un modello familiare unico e nega visibilità e tutela a chi vive realtà differenti, in contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale e con il superiore interesse del minore”.Questa scelta, non elimina la possibilità per le famiglie eterosessuali di identificarsi come “padre” e “madre”, ma impedisce che quella denominazione diventi esclusiva, ponendo le altre realtà in una posizione di invisibilità o inferiorità.La Cassazione , ancora una volta, invita il legislatore a intervenire, sottolineando che il diritto non può restare indifferente di fronte alla realtà sociale e al cambiamento culturale.
In gioco non c’è solo il linguaggio burocratico, ma il riconoscimento concreto della pluralità delle famiglie e della centralità del benessere dei minori”.