di Niccolò Lucarelli FIRENZE- La figura della donna quale moderna vestale dell’arte e della condizione dell’umanità, espressa da tre artisti caratterizzati da un retroterra culturale ebraico, ma nati in Paesi fra loro profondamente diversi. Tre voci pittoriche nel mondo è la mostra-evento organizzata dalla Florence Biennale e pensata come un dialogo artistico fra generazioni, dalle materiche pennellate di Mario Cavaglieri e Marsha Steinberg, alla poetica evanescenza di Odelia Elhanani.
Una mostra all’apparenza tradizionale, ma che nasconde profondi significati ontologici, e guarda alla natura triadica dell’essere umano, a livello della percezione (oggetto, visione, intenzione) e della memoria sensibile (memoria sensibile, immagine della mente, intenzione). I curatori Melanie Zefferino Lilia Lamas, e Panayotis Kantzas, hanno selezionati tre artisti capaci di rappresentare l’individuo che partecipa a un mutamento di orizzonti, attraverso sensibilità artistiche comunque legate alla figura della donna.
Dalle figure femminili dei raffinati interni di Cavaglieri, alle enigmatiche donne sospese della Steinberg, fino ai paesaggi pieni di assenze di Odelia Elhanani, il pubblico è portato a interrogarsi sul significato dell’essere nel mondo, occupare un proprio spazio, interpretare la realtà circostante fatta di simboli ed enigmi. I profondi cambiamenti di ruoli sociali, usi e costumi, che hanno sconvolto il Novecento, hanno fatto sentire il loro effetto anche nell’arte, che oggi è prettamente femminile, più di quanto non lo fosse trenta anni fa.
La selezioni delle opere in mostra, caratterizzate tutte dalla forte presenza della donna, ci spingono a riflettere sulle nostre radici di esseri umani, ma anche su quale sia oggi il ruolo dell’arte. Secondo la lezione della Tempesta di Giorgione, la donna è interprete del mistero della Natura, in quanto depositaria della forza generatrice della vita, è innegabile che la donna abbia vieppiù assunto un ruolo guida nella società contemporanea, ma già nel primo Novecento c’erano artisti capaci di coglierne le più recondite sfumature dell’anima.
Mario Cavaglieri (1887 – 1969), oggi a torto dimenticato, fu una figura cruciale in Italia fra gli esordi del Futurismo e gli anni Trenta, al pari di Filippo de Pisis, pittore straordinariamente moderno nell’interpretare la donna, che da presenza elegante e discreta, diviene presenza essenziale e necessaria. Intervenuto all’inaugurazione della mostra, il professor Vittorio Sgarbi ha ricordata la capacità di Cavaglieri d’interpretare l’Impressionismo in chiave espressionista, guardando anche alla lezione dei Fauves.
Mai provinciale nei suoi dipinti, fu artista di respiro più europeo che italiano, e, osserva ancora Sgarbi, anticipò l’Astrattismo e l’Informale (Pollock). La mostra propone una raffinata selezione di suoi dipinti, che ne ripercorrono il percorso artistico dagli inizi sotto l’egida del tardo Impressionismo, fino agli sviluppi in chiave espressionista. Suggestivo Il tailleur grigio, tela del 1925 che sembra immortalare una moderna vestale di una società in procinto di smarrire le proprie radici.
E ancora, la Signora con il vestito rosso dialoga sorprendentemente con l’astratto Rothko e donna numero 10, della serie I cattivi maestri, dell’americana Marsha Steinberg. Le figure femminili di quest’artista formatasi fra la West Coast degli Stati Uniti e Firenze, s’interrogano mentre guardano il caos circostante. Pur appartenendo alla corrente degli Abstract Expressionists, nella sua figurazione Steinberg mantiene uno stretto rapporto con la dimensione dell’essere umano, e fa di lei, nell’opinione di Sgarbi, una delle esponenti più interessanti dell’astrattismo. Più eterea nel tratto pittorico, la giovane israeliana Odelia Elhanani, si concentra sulla ricerca, un’urgenza che rispecchia le sue radici ebraiche.
Il concetto di memoria sensibile è particolarmente forte nella tela Little Prince, un evidente richiamo al romanzo di Exupéry, e al concetto per cui l’essenziale è invisibile agli occhi. Questo spiega l’importanza dell’assenza nelle sue tele, ovvero di quei vasti spazi vuoti, nei quali l’occhio dell’osservatore riesce comunque a scorgere qualcosa di essenziale, anche ritrovandolo nel fondo delle proprie reminiscenze. L’evocativo Fly me to the moon richiama Turner e Giorgione, per la figura femminile in piedi sul limitare del mare, intenta a contemplare il vuoto orizzonte naturale, un guardare lontano alla ricerca di una meta, nonché di sé stessi.
Un figurativo, quello di Elhanani, non scevro di suggestioni romantiche. Un mostra Tre voci pittoriche nel mondo, concettualmente importante, e che dimostra come, anche a Firenze, l’arte contemporanea sia essere riuscita a intraprendere un suo percorso riconosciuto dal grande pubblico. Dopo il successo sempre crescente delle ultime edizioni della Biennale, si stringe il legame fra questa e la città, che apre al contemporaneo prestigiose sedi, quale quella dell’Ente Cassa di Risparmio, permettendo a un pubblico sempre più ampio di conoscere e capire il nuovo sentire artistico.
La mostra si colloca nel ciclo di Eventi nell’Evento che hanno coinvolta la città durante la Biennale, e insieme al Festival Under 30 che si svolgerà nelle prossime settimane presso il SUC delle Murate, ne costituisce il momento consuntivo. Realizzata in collaborazione con l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e l’Associazione Italia-Israele, Tre voci pittoriche nel mondo è visitabile, a ingresso libero, nella sede storica della Fondazione l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, in via Bufalini 6.