Firenze, 24 gennaio 2013 – Una efficace politica industriale è oggi necessaria per rilanciare lo sviluppo del Paese. Questo l’obiettivo strategico che tutti i soggetti istituzionali ed economici si impegnano a perseguire. E’ quanto emerge dal convegno “Alla ricerca di una nuova politica industriale. Dall’Europa ai territori”, organizzato da Banca CR Firenze e Confindustria Toscana Piccola Industria presso l’auditorium di Banca CR Firenze. La globalizzazione ha scatenato una contesa agguerrita sulla localizzazione delle attività economiche tra le diverse aree produttive del pianeta, con il prevalere alcune a discapito di altre.
A questo si somma l’emergenza della crisi economica, che reclama risposte che solo la politica industriale può tornare a dare. Puntare sul manifatturiero per rilanciare lo sviluppo è quindi vitale nelle politiche di Unione Europea, USA, Cina: le politiche fiscali e monetarie stanno dimostrando di non riuscire più ad essere risolutive, anche per i numerosi vincoli che ne rendono difficile un ulteriore loro utilizzo per rilanciare la crescita. Anche i segnali a livello internazionale vedono un progressivo miglioramento della produttività industriale, con un positivo effetto anche sul nostro Paese: a novembre 2013 il fatturato dell’industria italiana, dopo 22 mesi di cali consecutivi, torna a crescere (+0,9%), insieme agli ordinativi (+2,3%)[1].
L’Italia può credere nella ripresa grazie alla storica forza della sua industria manifatturiera, seconda in Europa solo alla Germania. Alla luce di tali considerazioni, il convegno è stata l’occasione di confronto tra rappresentanti istituzionali europei, regionali ed industriali - insieme a banche, imprese e lavoratori - su come orientare scelte e proposte verso obiettivi chiari di politica industriale, indirizzati a generare nuove idee per lo sviluppo, investire sulle conoscenze distintive per le filiere produttive di eccellenza, salvaguardare dalla crisi finanziaria il tessuto produttivo, rafforzare la fascia di imprese strutturate capaci di crescere in modo sostenuto, dare immediati impulsi alla crescita. L’ampia e autorevole platea degli interventi è stata inaugurata da Giuseppe Morbidelli, Presidente Banca CR Firenze, e da Pierfrancesco Pacini, Presidente Confindustria Toscana, a cui è seguita la relazione di Antonio Tajani, Vicepresidente Commissione Europea e Responsabile industria e imprenditoria. A livello legislativo l’Unione Europea ha varato un’innovativa politica industriale integrata, mentre l’Italia, nell’ultimo biennio, ha preso alcune misure importanti benché non ancora del tutto attuate.
Il quadro complessivo della nostra politica industriale resta ancora debole, tra problemi di sovrapposizione e confusione tra competenze nazionali e regionali e tempi di applicazione decisamente troppo lunghi rispetto alle necessità di risposte rapide ed efficaci. La relazione del Vicepresidente Tajani ha sollecitato il dibattito nell’ambito della tavola rotonda, che ha visto istituzioni locali, imprese e lavoratori a confronto: Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, Giuseppe Ponzi, Presidente Confindustria Toscana Piccola Industria, Gianluigi Viscardi, Presidente Confindustria Lombardia Piccola Industria, e Alessio Gramolati, Segretario Generale CGIL Toscana.
E’ emersa la conferma che mai come oggi esista un consenso larghissimo e uno straordinario impegno nel rimettere l’industria manifatturiera al centro dell’azione di governo europea, nazionale e locale. Le istituzioni - dall’Europa, agli Stati, alle Regioni - condividono le linee fondanti delle azioni da intraprendere, le parti sociali approvano documenti comuni, Regioni di diverso orientamento politico - come Toscana e Lombardia - attribuiscono priorità al rilancio del manifatturiero, approvano nuove leggi per la competitività e delineano programmi non dissimili.
Le Regioni, in particolare, sono oggi in una fase importante perché stanno programmando l’utilizzo dei Fondi Strutturali europei per il periodo 2014/2020 e stanno definendo le nuove Smart Specialization Strategies, attraverso le quali si sta impostando un approccio basato sulle conoscenze strategiche per lo sviluppo di filiere industriali, superando l’approccio delle politiche settoriali. Con gli interventi di Alberto Baban, Presidente Confindustria Piccola Industria, e di Giuseppe Coco, Professore ordinario di Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze per l'Economia e l'Impresa dell’Università di Firenze, si è ribadito il ruolo centrale dell’impresa e della politica industriale anche nelle recenti iniziative avviate a livello nazionale extra governativo.
Basti pensare al documento “Un progetto di Confindustria per l’Italia – crescere si può, si deve” o a quello, sottoscritto di proposte comuni al Governo sottoscritto da Confindustria, CGIL, CISL e UIL lo scorso settembre: l’esigenza di rilanciare la politica industriale è condivisa dalle parti sociali e sostanziata con una serie di priorità e misure concrete. Le imprese, in particolare, chiedono una nuova politica industriale in cui il fisco assuma un ruolo chiave: ridurre il carico fiscale su lavoro e imprese, utilizzando la leva fiscale anche per rilanciare gli investimenti produttivi e il rinnovo tecnologico delle imprese nonché il loro rafforzamento patrimoniale. Le conclusioni sono state affidate a Gian Maria Gros Pietro, Presidente Consiglio di Gestione Intesa Sanpaolo.
La sfida posta dalla nuova complessità degli attori, a livello istituzionale, economico e sociale, richiede forme diverse di programmazione e di gestione della politica industriale. Le banche, come Intesa Sanpaolo e tutte la banche del Gruppo che a livello locale sostengono ogni giorno le imprese sui territori, sono pronte ad essere parte attiva nel processo di condivisione delle strategie e nel supporto alle iniziative avviate, puntando con decisione su una nuova politica industriale che, con un salto di qualità, si affermi come uno strumento essenziale di governo dell’economia nel nostro Paese.
Cruciale resta però la sfida dei tempi, poiché tra la definizione delle politiche e la loro esecuzione intercorre un lasso di tempo che, ancora oggi, fa perdere efficacia agli interventi: le modalità attuative sono il vero nodo, poiché la qualità e l’efficacia delle politiche si giocano ancora troppo sugli aspetti gestionali.