PRATO- La Maniera Moderna arricchisce il patrimonio artistico della città di Prato, attraverso le opere La Moltiplicazione dei pani e dei pesci di Santi di Tito (1536-1603), Il Miracolo del grano di San Giovanni Gualberto con la veduta di Vallombrosa e Il Miracolo della fonte di San Filippo Benizzi a Montesenario di Alessandro Allori, donate al Comune nel 2011 dalla nobildonna fiorentina Angela Riblet Bargagli Petrucci. Tre grandi pale, datate 1603, che segnano il culmine di una ricerca artistica iniziata un secolo e mezzo prima.
Fondamentalmente risolte le difficoltà prospettiche che avevano caratterizzata la Maniera Secca, le esperienze fiorentine e veneziane degli ultimi decenni del Quattrocento dettero inizio a una rivendicazione della dignità intellettuale del processo creativo, fondato su principi teorici (la progettazione, il disegno) riscoprendo le idee di Plinio, Cicerone e Quintiliano. Un movimento che segnò la creazione di un nuovo linguaggio comune per l'arte italiana, e che aveva preso a modello il Michelangelo della maturità, che aveva affrontato con spirito innovativo il problema dello spazio figurativo e della composizione.
Ma le conseguenze più profonde, alimentate dai radicali turbamenti degli avvenimenti, furono il definitivo tramonto delle certezze umanistiche, che erano state il principale presupposto dell'arte del primo Rinascimento. La tempesta di Giorgione segnerà uno degli apici della nuova sensibilità artistica e filosofica, le cui radici si svilupparono principalmente a Firenze, e proprio Santi di Tito (1536-1603), fu tra i principali fautori di questo nuovo linguaggio. Allievo di Agnolo Bronzino e di Baccio Bandinelli; la sua cifra pittorica emerse soltanto dopo un lungo soggiorno a Roma dal 1558 al 1564, dove poté accostarsi al classicismo dei seguaci di Raffaello.
Fra questi fu decisivo, per la sua formazione artistica, Federico Zuccari (1561-1565), dal quale trasse ispirazione per elaborare una riforma artistica, che ebbe notevole influenza sulla scena fiorentino. Ne La Moltiplicazione dei pani e dei pesci Santi di Tito ambienta l’episodio miracoloso in un paesaggio sfolgorante di luce, con gli alberi che si aprono come una quinta sul cielo terso e limpido. Alessandro Allori (1535-1607) fu allievo del Bronzino, e conobbe stabile fama a partire dagli anni Settanta del secolo, quando, a seguito della scomparsa del maestro e del Vasari, divenne il più richiesto pittore fiorentino.
Artista di riferimento per il Granduca Francesco I de’ Medici, ne soddisfece le raffinate esigenze e assunse diverse incombenze, fra cui quella di architetto dell’Opera del Duomo. Le due tele esposte in Palazzo Pretorio, sono un bell’esempio del gusto dell'epoca. Esaltano in modo particolare i santi locali, quali appunto San Giovanni Gualberto, fondatore dell’ordine vallombrosano e San Filippo Benizzi, patrono dell'ordine dei Serviti. Pur non trattandosi di opere fondamentali nel percorso artistico dei due pittori, ci troviamo comunque davanti a tre dipinti di grande respiro, che dimostrano come si potesse rompere l’unità dello spazio e al contempo esaltare la potenza espressiva delle figure, e che hanno segnato il punto d’incontro fra il naturalismo rinascimentale e le istanze della Controriforma, che anche in Toscana fece sentire il suo giogo.
Nelle parole dell'assessore alla cultura Anna Beltrame, «L'insieme dei tre dipinti crea una grande suggestione, per la bellezza delle figure e dei paesaggi, la potenza dei colori, la grandezza delle dimensioni. Vale davvero la pena scoprire questo prezioso lascito alla città». Dopo un accurato restauro, le tre opere sono visibili gratuitamente fino al 26 gennaio, al piano terra di Palazzo Pretorio, in orario 16,30-19,30, mentre sabato e domenica anche dalle 10 alle 13. Chiuso martedì. di Niccolò Lucarelli