FIRENZE - Un confine è sempre qualcosa di permeabile, nemmeno la Cortina di Ferro dei giorni più bui della Guerra Fredda è stata immune da attraversamenti non autorizzati. Per questo motivo, il territorio che sta al di qua, o al di là, di un confine, è soggetto continuamente a spartizioni e ridefinizioni - se non politiche almeno culturali -, e il fenomeno ha una frequenza ancora maggiore in tempi di globalizzazione, dove la contaminazione fra usi e costumi diversi sembra essere all’ordine del giorno, grazie allo sviluppo della mobilità, alla tecnologia digitale che rende accessibili in tempo reale notizie e opinioni da ogni parte del globo, e ai processi economici sempre più interconnessi.
Tuttavia la questione del territorio interessa anche dinamiche legate a strategie politiche e militari, tanti sono i confini innaturali imposti dalle logiche del potere. Ed è proprio questa precarietà oggettiva e concettuale, l’oggetto di Territori instabili. Confini e identità nell’arte contemporanea, la mostra curata da Walter Guadagnini e Franziska Nori, ospitata nelle sale del CCC Strozzina; Kader Attia, Zanny Begg&Oliver Ressler, Adam Broomberg&Oliver Chanarin, Paolo Cirio, Tadashi Kawamata, Sigalit Landau, Richard Mosse, Paulo Nazareth, Jo Ratcliffe e il duo The Cool Couple, espongono la loro visione del territorio contemporaneo, attraverso filmati, istallazioni, fotografie, seguendo vari punti di vista: la guerra, la finanza, la memoria storica, la psicologia umana.
Ognuno di essi punta la sua ideale lente d’ingrandimento su stili di vita e attitudini che a loro volta stanno alla base di un determinato modo di abitare il territorio, un rapporto che sembra farsi sempre più labile, in un’era in cui l’abbattimento dei confini sembra ogni giorno un traguardo più vicino. Eppure, l’umanità vive ancora lo spazio che abita in modo tormentato, conflittuale, legato a logiche speculative economiche e politiche. Lo dimostrano le istallazioni dedicate alle tante guerre più o meno dimenticate che ancora insanguinano il pianeta, o alle logiche dell’evasione fiscale all’estero. Fra le varie opere in mostra, particolarmente interessante, per le sue implicazioni politiche e militari, l’istallazione Chicago del duo Broomberg&Chanarin, i quali hanno analizzato il concetto di territorio sotto le dinamiche della violenza e dell’insicurezza.
Chicago è la riproduzione di una cittadina, costruita nel deserto del Negev, e utilizzata dall’esercito israeliano per le sue esercitazioni di repressione della guerriglia urbana. L’istallazione è incentrata su fotografie della cittadina, video e riproduzioni di mura di abitazioni, che l’esercito israeliano durante le operazioni supera abbastanza agevolmente evitando di cadere in imboscate nelle vie strette della città. Una tecnica militare particolarmente raffinata, che consente di abbattere completamente quei confini, costituiti dagli edifici, che solitamente erano al di fuori della zona operativa.
Implicita l’idea dell’aggressione profonda al territorio, che vede violate anche le abitazioni, tradizionale spazio intimo dove d’istinto si cerca rifugio. Sulla stessa linea di pensiero, l’irlandese Richard Mosse ha realizzato The Enclave, reportage sulla guerra dimenticata che affligge il Congo da quasi venti anni. Interamente girato in zona di guerra, con una pellicola a raggi infrarossi che crea stupendi effetti sulla vegetazione, il reportage convoglia l’attenzione del pubblico sul contrasto fra l’assurdità della guerra civile, e la bellezza di un territorio che avrebbe molto da offrire al popolo che lo abita, se solo vi fosse la pace. Ci soffermiamo infine sulla precarietà suggerita dall’istallazione dell’artista giapponese Tadashi Kawamata, Apnea, interamente realizzata con porte e finestre recuperate nei magazzini di Palazzo Strozzi, delle quali ha invertita la bidimensionalità, posizionandole in orizzontale anziché in verticale.
Appese al soffitto della sala, rovesciano la percezione di chi osserva, un caos che richiama alla memoria le masse di detriti trasportate dallo tsunami del dicembre 2004. Un esempio di come anche la forza della natura può alterare profondamente un territorio, e rendere precaria la condizione di chi lo abita. In conclusione, una mostra interessante, che affronta il delicato e controverso argomento del territorio e della sua identità, argomento per molti versi ancora non completamente compreso in tutte le sue dinamiche e implicazioni, e che la manipolazione dell’artista può sospendere fra illusione e realtà.
Una mostra, infine, estremamente attuale anche per i recentissimi e tragici fatti di cronaca, che ci hanno mostrato un Mediterraneo che ancora divide un Nord e un Sud, Territori instabili è visitabile dall’11 ottobre al 19 gennaio 2014. Tutte le informazioni su orari e biglietti, al sito www.strozzina.org. Niccolò Lucarelli