"Tra il diritto della Regione a stabilire gli orari dei negozi ed il diritto dello Stato a promuovere la concorrenza, prevale il secondo". Lo dichiara, in una nota, Roberto Rizzo, Responsabile Lavoro Idv Toscana, a proposito della sentenza della Corte Costituzionale sulla liberalizzazione degli orari e delle aperture domenicali dei negozi, che potranno continuare ad aprire così come stabilito dal decreto "Salva Italia". "Certo, la sentenza della Corte deve essere rispettata e accettata da tutti", continua Rizzo.
"La domanda da porsi, però, è: chi pagherà il costo di queste false liberalizzazioni? Purtroppo il processo di liberalizzazione si è avvitato su se stesso, anche se tutti sanno, grande distribuzione compresa, che questo è un provvedimento inutile e soprattutto dannoso per gli effetti che produrrà su tutta la filiera, dalla produzione alla vendita. Ma anche sul piano socio-culturale il messaggio che sembra passare è che tutto, diritti dei lavoratori compresi è subordinato al consumo". "Del resto, i dati sul commercio al dettaglio, pubblicati oggi dall’Istat, mostrano un preoccupante calo delle vendite a ottobre del -3,8% rispetto a ottobre 2011 (-2,9% per i prodotti alimentari e -4% per il non food).
Il dato cumulato dall’inizio dell’anno si porta al -1,9% con un segno meno sia per il food & drink (-0,4%) sia per il non alimentare (-2,5%)", spiega Rizzo. "Fatta eccezione per i discount, che rappresentano una voce anticiclica all’interno del settore del commercio, a soffrire sono tutte le forme distributive, a testimonianza di come il fenomeno del calo dei consumi sia generale e diffuso. E’ un segno inequivocabile che la crisi economica ha ormai minato il potere d’acquisto dei consumatori.
L'effetto di incremento economico delle vendite e incremento occupazionale prodotto dalla deregulation degli orari commerciali nei primi mesi dell'anno è, dunque, pari allo zero assoluto". "Anche i dati sugli incassi - prosegue Rizzo - confermano le previsioni sulla totale inutilità di questo tipo di liberalizzazioni. Negozi di oltre 1500 mq hanno realizzato incassi domenicali ridotti che depurati dai costi delle merce venduta, del personale e i costi vivi di gestione del punto vendita, portano le strutture commerciali ad aprire in perdita.
Nella maggior parte dei casi il fatturato realizzato è semplicemente la spalmatura di quanto veniva realizzato, prima della liberalizzazione, durante la settimana. Inoltre, gestire un’apertura sottocosto non certo incrementato l'occupazione e di fatto molte catene della grande distribuzione stanno affrontando la liberalizzazione (ossia l'incremento del 20% di apertura settimanale dei punti vendita ), utilizzando lo stesso personale o incrementando la precarietà con contratti concentrati nel weekend". "Dunque, con quali benefici si prosegue in queste miopi liberalizzazioni? Certo non ne beneficeranno i consumatori, sui quali verranno trasferiti i costi del maggior utilizzo degli impianti per le aperture domenicali e festive e così, oltre all'incremento dell'Iva, pagheranno un dazio per avere il supermercato aperto 365 giorni all'anno.
Certo non ne beneficeranno i lavoratori e le lavoratrici che hanno già visto peggiorare le loro condizioni di vita, con tutte le difficoltà che comporta conciliare la propria vita familiare con le domeniche lavorative, e che dovranno cedere diritti acquisiti come sta reclamando la Grande Distribuzione Organizzata che chiede lavoro nel weekend ma non è più disposta a riconoscere le maggiorazioni salariali per il lavoro domenicale e festivo. Certo non ne beneficerà la collettività, che nel futuro avrà in eredità la gestione economica ed ambientale dei nuovi insediamenti di ulteriori centri commerciali, sia in termini di sottrazione di aree verdi sia quando l'inevitabile sviluppo incontrollato costringerà a decidere per la chiusura di queste cattedrali di cemento armato e dovrà farsi carico della riconversione delle aree a danno dei piccoli esercizi commerciali". "Insomma - conclude Rizzo - nel totale rispetto delle decisioni della Corte Costituzionale, i dati confermano che questo Governo non ha voluto affrontare il nodo della crisi, ma ho solo difeso e portato avanti scelte a difesa di lobby o interessi finanziari, non afrontando i problemi reali dell'economia, che sono l'occupazione e i salari, le uniche leve per risollevare la domanda interna e i consumi".