La crisi economica non accenna a diminuire, anzi sembra crescere di intensità in una spirale senza fine di cui non si vede la via d’uscita. E questo pesa come un macigno sul morale degli imprenditori. Gli ultimi episodi risalgono alla settimana scorsa: un giovane di 26 anni e un manager di 42 si sono tolti la vita. "La sequenza di “suicidi della crisi”, iniziata nel 2008 - spiega il presidente di CNA Valter Tamburini - sembra purtroppo destinata a continuare. Sono tante le segnalazioni che arrivano alla CNA che, con più di 200 uffici diffusi sul territorio regionale, ha contatto quotidiano con centinaia di artigiani: tanti e sempre più numerosi sono gli imprenditori che si rivolgono alla nostra associazione confessando il loro forte disagio psicologico, la loro fatica sempre maggiore a resistere, perché, anche se noi imprenditori siamo portati per natura e per abitudine ad affrontare le sfide e a confrontarci quotidianamente con problemi e difficoltà, è la perdita di una speranza nel futuro che fa vedere tutto grigio e scoraggia anche i più forti.
Sta diventando una vera emergenza". "E quando parlo di imprenditori, parlo di persone, famiglie, del tormento morale di trascinare con sé i propri cari, di essere costretti a licenziare i dipendenti e di conseguenza gettare nella disperazione altre persone e famiglie. È una crisi economica, ma anche sociale. Il rischio è che venga distrutto quell’equilibrio sociale, oltre che economico, su cui la Toscana si è retta finora. Un rischio reale, perché la nostra regione, anche se le istituzioni in particolare sembrano non capirlo, è stata ed è terra di artigiani e piccoli imprenditori, di piccola e micro impresa diffusa.
Se questa muore, muore l’economia della Toscana. La Toscana non è in fase di stallo, è in piena recessione. A indicarlo non è tanto il segno negativo del turn over fra imprese nate e morte (-1.187 imprese artigiane in Toscana nel 2011, dati Movimprese), ma il fatto che chiudono imprese strutturate e aprono sì nuove attività, ma micro imprese estremamente fragili costituite nella speranza di riuscire a sopravvivere mettendosi in proprio. Da un lato la vecchia classe industriale toscana da tempo ha preferito la rendita all’investimento nella produzione, dall’altro la crisi scoraggia anche i potenziali imprenditori.
843 sono le imprese fallite in Toscana nell’anno 2011, 23 ogni diecimila imprese attive in regione, il 22.9%. Il motivo? Mancanza di lavoro sì, ma non solo; nella maggior parte dei casi la causa è da ricercare nei ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione (le imprese toscane vantano crediti per oltre 4 miliardi di euro nei confronti del committente pubblico), la mancanza di credito, le tasse sempre più alte. Le banche italiane hanno avuto dalla BCE un fiume di denaro al tasso dell’1%, ma neanche una piccola parte di questo è andato alle imprese, a finanziare gli investimenti per il rilancio della nostra economia.
Anzi, il tasso di un finanziamento convenzionato, quando si riesce ad ottenerlo, può arrivare anche all’8% (e sottolineo quando e convenzionato). Le banche tengono ben stretti i cordoni della borsa: il credito ha tempi esageratamente lunghi e tassi alti. Artigiancredito Toscano (il consorzio fidi regionale unitario dell’artigianato toscano) ha registrato nel 2011 un calo del 20% dell’operatività e -24% nei primi due mesi del 2012. Cosa significa? Che le imprese hanno diminuito gli investimenti e chiedono finanziamenti solo per tenersi a galla.
Nessuno ha la bacchetta magica - conclude Tamburini - in grado di porre rimedio a questa situazione, ma sicuramente 2 sono le misure urgenti, ma subito: interventi rapidi delle banche sulla liquidità delle imprese e lo sblocco dei pagamenti della PA. E un terzo provvedimento: la Regione Toscana deve destinare le risorse per lo sviluppo economico al rilancio del vero cuore dell’economia toscana, l’artigianato e la piccola impresa".