di Montecristo Da anni il nostro paese è costretto a tagliare le risorse finanziarie dello Stato e degli enti locali, ma mai come negli ultimi 12 mesi l'Italia ha sofferto le conseguenze dei tagli alla spesa pubblica. L'opinione generale si è spesso divisa denotando chiavi di lettura ideologica, ma ormai gli effetti della crisi globale sono tali per cui chiunque ne risente, qualunque sia la sua posizione sociale, o il punto di vista politico. Questa riduzione di risorse potrà avviare almeno un processo di razionalizzazione delle strutture e dei servizi collettivi, un'occasione per migliore il paese e farlo crescere verso standard europei, oppure la nostra nazione non è in grado di vincere la sfida di una crisi epocale? Anche i messaggi che i lettori indirizzano alla redazione di Nove da Firenze possono aiutarci ad interpretare lo stallo italiano, con qualche episodio, che a noi pare emblematico, che si consuma pure in Toscana.
Il primo racconto che vi riportiamo -se ci consentite con nomi di fantasia- ce lo riferisce Antonio, operaio specializzato che vive in Valdarno. Antonio è dipendente di una grande impresa edile, operante prevalentemente nel settore degli appalti pubblici, che sotto il peso di 8 milioni di euro di crediti non incassati per ritardi di pagamento della pubblica amministrazione ha alzato bandiera bianca. Ora 150 operai, tra cui Antonio, sono in cassa integrazione: “E io mi trovo a casa a fruire del sussidio senza fare nulla -racconta alla nostra redazione- L'ultimo lavoro l'ho realizzato restaurando un museo civico proprio vicino a casa mia.
Se mi chiedessero di continuare a lavorare lì lo fare gratis, pur di non stare con le braccia conserte. Ma perderei l'indennità”. Ecco un paradosso: lo Stato paga in ritardo i suoi debiti, manda in crisi le aziende e poi eroga la cassa integrazione ai dipendenti. Non avrebbe fatto meglio a saldare i propri conti nei tempi dovuti? Secondo episodio. Lo racconta Maria, giovane psicologa, immingrata in Toscana dal Sud. Lavora per una cooperativa sociale che partecipa ad appalti pubblici nel settore dei servizi sociali.
Di fatto lavora in un ufficio pubblico a fianco di dipendenti pubblici nel Chianti. A parità di mansioni svolte il suo lavoro costa agli enti locali il 60% di quello dei dipendenti pubblici, spesso non qualificati come lei. Adesso che i finanziamenti stanno scarseggiando, gli enti committenti ipotizzano l'interruzione dell'appalto e Maria teme di perdere il lavoro, nella migliore delle ipotesi di finire in Cassa integrazione. Ma la nostra lettrice ci domanda: “Se davvero gli enti locali vogliono risparmiare e garantire lo stesso servizio, perché in Cassa integrazione non ci mettono i loro dipendenti, anziché me?” Terzo episodio.
A scriverci sono i parenti della protagonista, Elide, 90enne affetta da parkinsonismo e sostenuta da qualche anno da una pensione di invalidità civile. Recentemente la condizione di Elide si è aggravata. È alletta in conseguenza di una serie di Ictus. Ma l'ultima commissione INPS per la revisione del sussudio di accompagnamento ha ritenuto che l'anziana fiorentina non abbia più necessità dell'assegno mensile, giudicando la sua invalidità ridotta dal 100% precedente al 99% attuale.
“Com'è possibile -ci domandano i parenti- che in cinque anni sia migliorata?”. Ultimo caso, forse il più inquietante. In una scuola elementare cittadina la direzione didattica ha dovuto fare i conti con la riduzione delle risorse per gli stipendi del personale non docente. Così non può più garantire la presenza dei custodi oltre l'orario delle lezioni. Di conseguenza il personale inizia le pulizie finali dei locali ben prima della chiusura della scuola. Ma come si fa a mantere puliti i gabinetti se i custodi se ne occupano prima del suono dell'ultima campanella? La soluzione del Direttore è stata quella di consigliare i docenti di evitare che i bambini vadano al gabinetto nel corso dell'ultima ora di lezioni.
Ma come? -domanderete voi- un servizio pubblico privato di “servizi pubblici”? Infatti la prima volta che un bambino ha rischiato di farsela addosso in classe le insegnanti hanno iniziato a trascurare la direttiva del preside, con soddisfazione di alunni e genitori, che hanno tirato un sospiro di sollievo. Vi abbiamo raccontato quattro casi, che a noi sembrano emblematici del modo in cui l'Italia sta affrontando la crisi dei bilanci pubblici. Il taglio selvaggio delle risorse statali potrebbe almeno offrire l'occasione di affrontare e risolvere le storiche inefficienze dei sistemi pubblici, sia a livello nazionale che locale.
Ma per mettere in moto un processo di rinnovamento virtuoso servirebbero buon senso, responsabilità, coraggio, intelligenza, voglia di innovare, amore per il paese. E i dirigenti degli enti pubblici, sia dello Stato che degli enti locali, paiono spesso difettarne. Non sembra anche a voi?